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« Le pepaine di MontesarchioVota per le primarie! »

9-10-67 / 9-10-07 : Hasta siempre Comandante

Post n°245 pubblicato il 08 Ottobre 2007 da vi_di

Quarant'anni fa venne assassinato in Bolivia Ernesto Guevara, il Che.
La sua figura è controversa, come sempre accade ai grandi. 
Per me
 il Che è un simbolo per chi lotta contro le ingiustizie di questa società avvelenata dal denaro e dall'egoismo e quindi  oggi è vivo come allora, perché ancora oggi esistono luoghi dove i popoli lottano per la libertà, la dignità, la giustizia e contro l'oppressione, il neocolonialismo e l'imperialismo, lo sfruttamento di classe.
Però il Che era anche un uomo e un padre; l'anno scorso ho avuto modo di ascoltare qui da me suo figlio Camilo e l' amico storico del Che,  Alberto Granado, e siccome mi  ha colpito molto l'immagine 'normale' che ne davano, voglio ricordarlo in maniera semplice e 'umana', attraverso le belle parole di Aleida Guevara March, la prima dei 4 figli del Che ( gli altri, oltre al già citato Camilo, sono Celia ed Ernesto).

Confesso che a 20 anni ho messo in dubbio il mio amore per papà. Come ogni giovane donna mi domandavo perché amassi mio padre dato che non avevo beneficiato della sua presenza e la maggior parte delle cose che ho conosciuto di lui le ho conosciute tramite i suoi amici e compagni. Così sono arrivata alla conclusione che il meno che potessi fare era amare l'uomo per la sua statura umana. Ho cercato allora di richiamare i piccoli ricordi che mi rimanevano per farli di giorno in giorno più grandi, più vicini alla mia persona, per giungere a stabilire un vincolo stretto e personale con mio padre.

[...] C'è un'immagine di lui che voglio ricordare. Papà e mamma stanno in una stanza, la mamma tiene in braccio il mio fratellino Ernesto appena nato, papà gli accarezza la testolina: quale deve essere stata la tenerezza che mostrava perché una bambina di 4 anni e mezzo come me se la ricordi! Ed è questo che mi colpisce.

Molti pensano che egli fosse un avventuriero e che lasciare Cuba per altre terre fosse ciò che voleva e di cui aveva bisogno. Certo che ne aveva bisogno, non però per spirito di avventura, ma perché fin da giovane aveva conosciuto il continente americano e per lui era urgente, era un impegno primario, migliorare la vita degli esseri umani.

[...] Voglio raccontare dell'ultima volta che ci vide. Io non lo avevo riconosciuto, perché stava preparandosi a rendersi irriconoscibile per andare in Bolivia. La mamma ci condusse a cenare con un vecchio amico di lui, un sedicente spagnolo chiamato Ramon. Almeno per me, che sono la figlia che lo ricorda di più, fu una notte speciale, perché ciò che accadde in quella notte ha segnato la mia vita. [...] Dopo cena, noi quattro bambini ci mettemmo a giocare. A un certo punto io persi l'equilibrio e mi feci un brutto bernoccolo sbattendo su un tavolo di marmo; mio padre mi prese fra le sue braccia, e fu talmente tenero che io - pur non avendolo riconosciuto - seppi che era una persona speciale. Gli adulti continuarono a conversare, ma io volevo confidare alla mamma un segreto. Quando finalmente mi fu concesso di interromperli potei dirle: «Mamma, io credo che quest'uomo sia innamorato di me». Fu una cosa tremenda. Ora si può riderne, ma pensate al momento difficile che feci passare a mio padre. Perché è certo che egli desiderava prendermi e stringermi fra le braccia e dirmi che era innamorato di me, perché ero sua figlia. Ma non poteva farlo in nessun modo, stava per partire, si era già preparato, non poteva fare ciò che voleva, perché prima di tutto veniva il dovere, il suo impegno con gli altri, e dopo, molto dopo, venivano i suoi bisogni personali. Questa è una delle cose più belle che aveva quest'uomo e che ha trasmesso a tutti noi.

 
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vi_di
vi_di il 09/10/07 alle 14:58 via WEB
A te buon pomeriggio, ormai, data l'ora! ^__*
 
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