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Col taglio delle province è cominciata la guerra dei campanili. Anche qui da me ci sono manifestazioni che raccolgono il plauso di un pubblico trasversale, dai giovani ai meno giovani, tutti a stringersi intorno a questa provincia di cui si sentono defraudati.
Ebbene, come ho già detto su Facebook, a costo di farmi odiare da tutti i miei concittadini debbo dire che trovo la guerra per la difesa dei capoluoghi di provincia una battaglia inutile, dannosa e sciocca.
In tempi di villaggio globale, di mondo senza frontiere, noi ergiamo muri.
Posso capire le preoccupazioni legittime dei dipendenti dell'ente Provincia, ma al di là del chiarire che solo i quadri dirigenti vanno tagliati e non i dipendenti, non capisco chi fa della difesa del capoluogo un fatto di dignità, di onore, di rispetto, di vita o di morte.
Si dice di continuo che si deve risparmiare, che in Italia ci sono troppi sprechi, ma quando poi il taglio tocca noi direttamente diventiamo campanilisti e corporativisti. E' senso di appartenenza sociale e culturale, mi dicono.
Strano, dico io, perché quando nostri concittadini si sono visti chiudere le fabbriche, o sono stati costretti ad andare via perché qui non c'era offerta di lavoro, o quando ci hanno tagliato posti letto negli ospedali e ci hanno chiuso scuole nessuno si è mobilitato; in quell'occasione non ci siamo sentiti appartenenti alla stessa identità culturale e sociale.
No, scusatemi, ma io non le capisco né le condivido queste battaglie.
Scendiamo in piazza per difendere cose veramente importanti: il lavoro degli operai della IRISBUS, i 19 operai FIOM della FIAT, i contratti nazionali di lavoro, il sacrosanto diritto alla pensione dopo 40 anni di lavoro a prescindere da aspettative di vita ed età anagrafica, il potere di acquisto dei salari, la necessità di una politica sana al servizio del cittadino, i livelli di servizi essenziali quali sanità e scuola pubblica, la bellezza del territorio che è il nostro futuro sostenibile. Insomma scendiamo in piazza per cose veramente basilari. Essere capoluogo di provincia non ci renderà migliori se nel frattempo avremo perso lavoro, diritti e dignità. Siamo e saremo sempre orgogliosamente avellinesi, a prescindere dal capoluogo.
Saremo invece emigranti senza radici, quand'anche ancora capoluogo, se non lotteremo per la difesa dei fondamentali.
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