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Incipit by Writer

Post n°687 pubblicato il 09 Febbraio 2009 da vi_di

Questo racconto partecipa al gioco narrativo 'Incipit' di Writer

I lettori raccontano

Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima…
Un incipit che avrebbe potuto scrivere lei, quello letto nella rubrica 'I lettori raccontano' di un settimanale. Aveva trovato il giornale abbandonato su una sedia del bar dove faceva colazione ogni mattina, aperto a quella pagina. L'aveva colpita profondamente quell'incipit ma era tardi, doveva andare al lavoro e non poteva continuare a leggere lì. Guardandosi furtivamente intorno Silvana infilò il giornale in borsa,  pagò e rapidamente uscì dal bar rinviando la lettura a dopo.
Imboccò la tangenziale ma quelle poche parole lette le giravano dentro e al solito svincolo non svoltò. Guidando pescò il cellulare in borsa, inventò una scusa per l'assenza in ufficio e ignorando la freddezza dell'interlocutore all'altro capo proseguì.
Mancavano pochi chilometri ormai e già le montagne si stagliavano nitide.
La sua macchinetta da città era poco adatta ai monti eppure si inerpicò sicura lungo i tornanti che scalavano il fianco della montagna. Un tornante, due, tre ed eccolo lì, l'altopiano.
Una vallata con al centro un laghetto in cui le vette specchiandosi sembravano chiudersi in cerchio e quasi sfiorarsi cima con cima.
Faggi lungo i declivi, ai loro piedi  le poche case di quel borgo di montagna e lì, a sinistra, proprio all'inizio del paese, la sua casa, quella in cui aveva vissuto fino alla sua giovinezza e da dove mancava da dieci anni.
Parcheggiò poco lontano, scese e si avviò a piedi calpestando ricordi ad ogni passo; arrivata davanti si fermò per un attimo, ma poi con decisione spinse il cancelletto dello steccato ed entrò nel minuscolo giardinetto. Il vecchio tronco che faceva da panchina era ancora lì e vi si sedette sopra, guardandosi intorno. Sembrava tutto come un tempo, ma tutto era terribilmente vuoto. Un tempo quel posto era pieno perché c'erano ancora nonna Adele e mamma e papà... e perché c'era Paolo.
Paolo, compagno di giochi da bambini nei sonnolenti pomeriggi estivi mentre i grandi dormivano.
Paolo, lunghe corse sotto i faggi giocando ad acchiapparsi.
Paolo, compagno di esplorazioni e di cadute rovinose.
Paolo,  'Siamo fidanzati e da grandi ci sposiamo!'
Paolo il primo bacio, il primo amore, la prima volta per tutti e due.
E la decisione di sposarsi davvero: in quel piccolo paesino di montagna una convivenza avrebbe creato scandalo anche se si era alla fine degli anni '90 e loro volevano vivere insieme, sereni, senza ombre.
Una storia ideale, quasi d'altri tempi.
Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi tutto eppure era successo. Colpa di lei, colpa di lui, colpa delle famiglie... inutili intrecci di chiacchiere intessuti quasi a voler spiegare che l'ideale non esiste. L'unica verità era che si erano persi.
Ancora ne soffriva, dopo tanto tempo. Non soffriva però perché non si erano sposati, ma perché si erano perduti senza una spiegazione.
La sera prima delle nozze, quella primavera di dieci anni prima, era venuto lì, dietro casa di nascosto a salutarla.
'Lo sposo non deve vedere la sposa il giorno prima delle nozze, porta male!' ripeteva nonna Adele; ma che male poteva mai portare il tempo di un abbraccio e un bacio appassionati prima che Paolo uscisse con gli amici per l'addio al celibato?
Quella era stata l'ultima volta che l'aveva visto. Sparito, senza dire una parola sul perché. Né lei lo aveva cercato. Troppo presa a leccarsi la ferita dell'umiliazione prima, troppo impegnata a fingere di averlo dimenticato poi, era fuggita da lì cercando rifugio nella città senza ricordi, ma alla fine non era riuscita che a immagazzinare dentro dolore e sempre la stessa domanda senza risposta: perché?
'Lo sposo non deve vedere la sposa il giorno prima delle nozze, porta male!' ... forse aveva ragione nonna Adele, e
ra per quello che tutto era finito. O comunque a lei di fatto vedere Paolo quella sera aveva portato malissimo, si disse mentre infilava la mano per pescare una sigaretta nella borsa; insieme al pacchetto e all'accendino tirò fuori il giornale preso al bar.
Accese, fece un tiro, aprì il giornale e ricominciò a leggere il racconto del mattino:
'Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima...
Addio al celibato lo chiamano da quelle parti. Ma per lui era stato l'addio all'amore di una vita, quello con cui sei cresciuto insieme e con cui hai condiviso tutto.
Perso per la mancanza di coraggio di guardarla in viso e confessarle la sciocchezza fatta la sera prima di sposarsi...'
Il racconto continuava ma prima di leggerlo gli occhi di Silvana scivolarono alla firma: Paolo.

 
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