Violentata

Post N° 20


Erano passati 10 giorni dalla mia prima sera in strada.Ma non riuscivo ad abituarmi. Non era come diceva Sara, non poteva essere così.Un giorno, erano le tre del pomeriggio, mi sveglio e sento qualcuno piangere.Era Sara.Con il mento poggiato sulle ginocchia raccolte si asciugava le lacrime cercando di fare meno rumore possibile.Mi alzai e mi avvicinai a lei. Non gli chiesi nulla, ma gli diedi un fazzolettino. A dire il vero, non ero sicura di voler sapere perché piangesse…di motivi per farlo ne aveva a sufficienza, sia lei che io. Verso le quattro del pomeriggio si alzarono anche le altre ragazze. Quel giorno per me era un giorno importante: sarebbe stato la prima volta che uscivo da quella casa.Infatti, quel giorno, io Sabrina, Sara e Angelica (il vero nome era Marsela) saremmo andate a fare spesa. Ovviamente, Sabrina sarebbe stata la nostra “sorvegliante”.Ci siamo vestite, cercando di renderci meno appariscenti possibile- ma difficile, con il guardaroba che tenevamo a disposizione- e siamo scese giù, a chiedere un passaggio.Mi sembrava così strano uscire di giorno…vestita con quella minigonna molto casta e senza un filo di trucco.. Il mondo era diverso di giorno. Non c’erano tutte quelle luci, tutte quelle macchine disposte a darci dei passaggi… eppure, uno si è fermato.Era un cliente di Sara…un ragazzo di circa 28 anni-a dire il vero ne aveva solo 25, ma l’avrei saputo dopo- con una bellissima e fiammante Opel Calibra.Sara si è seduta al primo posto, mentre io e le altre due dietro…stare dietro in quella macchina era molto scomodo…ed io stavo peggio di tutte, perché ero al centro,per giunta, esposta anche allo sguardo del guidatore.Era un ragazzo molto carino, capelli ricci, labbra carnose ed occhi scuri, stupendi. Mi chiedevo come mai un ragazzo come lui aveva bisogno di andare con donne di strada come Sara…e come me.Le tre ragazze si misero a parlare in albanese tra di loro…mentre Edoardo – come dissero si chiamasse- continuava a fissarmi.Arrivammo al supermercato…non ci ero mai stato in uno prima. Era enorme, forse era molto più piccolo di tanti altri, ma per me era grandissimo. Abbiamo fatto spesa- ed io ho imparato che per poter prendere un carrello, si dovevano inserire delle monetine da 500 lire nella fossetta del carrello, che una volta riempito il carrello si andava e si metteva tutto su questo tavolo mobile e una commessa ti diceva quanto costava la spesa, e che dopo, il carrello ti restituiva le 500 lire: cose che non avevo mai visto prima- e all’uscita c’era di nuovo la Calibra ad aspettarci.Ricordo che lungo il tragitto di ritorno guardai con molta attenzione tutto ciò che c’era attorno…ma soprattutto, assaporai tutto. Era la prima volta che uscivo di giorno, da quando ero arrivata in Italia, e cercai di non pensare a ciò che mi aspettava da lì a qualche ora.Ci lascio proprio sotto casa-nessuno lo aveva mai fatto di notte, da quando c’ero io- e saluto tutte, dandoci dei bacetti sulle guance…alle altre, perché a me, sfiorò le labbra.A casa c’erano ad aspettarci Olti, Beni e Arian con la sua ragazza, Sonila, sulle gambe…simulavano un amplesso e ridevano.Olti, appena Sara varcò la porta, la prese per i capelli e la trascinò in bagno.Sicuramente era successo qualcosa di grave…ma non riuscivo a sapere cosa. Non osai a chiedere nulla a nessuno.Poco dopo è uscito con, la cintura dei pantaloni in mano, e andò in cucina. Eravamo tutti lì, una decina di persone, ma nessuno fiatò mentre lui cercava tra i cassetti della cucina qualcosa. Lo trovò quasi subito: era un coltello, come quelli dei macellai, non troppo grande, ma nemmeno troppo piccolo. Era adatto se si voleva uccidere qualcuno. Nessuno parlò, ma tutti lo guardammo dirigersi verso il bagno.Sentimmo subito un urlo, l’urlo di Sara….ero come pietrificata. Stavo assistendo ad un omicidio e non potevo fare nulla per fermarlo.Arian e Beni si alzarono e corsero verso il bagno. Cominciarono a discutere a voce alta…ma Sara non si sentiva…. Andai in camera e mi buttai sul letto, a piangere.Dove ero finita? Cos’era quella gente?Erano pazzi? Malati? Non riuscivo più a giustificarli. Fino ad allora lo avevo fatto qualche volta: la povertà era il loro più grande attenuante.Ma ora non riuscivo più… ammazzare qualcuno a sangue freddo non era giustificabile.Non sentivo più rumori…ad un tratto la porta della camera si apre ed entra Sara.Non credevo ai miei occhi: era ancora viva. Con la mano destra si stringeva un asciugamano sull’avambraccio sinistro. C’era una macchia rossa sull’asciugamano. Aveva i capelli sciolti e dal lato sinistro delle labbra usciva un rivolo di sangue.Aspettai che si sedesse sul letto, e gli chiesi cos’era successo.“Nulla di grave: sono solo incinta!”- disse sorridendo