Creato da tidicochisono il 07/04/2005
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Post N° 23

Post n°23 pubblicato il 22 Dicembre 2005 da tidicochisono

 I giorni non passavano più velocemente come all’inizio…adesso non vedevo l’ora che si facesse buio, per andare a Dalmine, a incontrare Edoardo.
Ma ultimamente lui passava sempre meno, e si fermava pochissimo, ma abbastanza per baciarmi, e dirmi che mi amava. Non poteva fermarsi molto, altrimenti qualcuno dei ragazzi-papponi lo avrebbe potuto notare.
Intanto io continuavo imperterrita il mio lavoro…ma ora era diverso, ora ero sicura che sarebbe finito  presto, molto presto. Già immaginavo il mio futuro, diverso dal mio presente, e soprattutto, migliore del mio passato. Sognavo un lunghissimo viaggio, un viaggio senza fine, sulla Calibra rossa, con affianco Edoardo. La destinazione non era importante, un posto valeva l’altro…importante era che non mi sarei trovata più li, e che non avrei più visto i denti enormi e gialli di Beni, in quella smorfia che doveva essere un sorriso.
Passavo cosi le sere, a sognare…e, strano ma, non mi pesava più come all’inizio stare li, e fare ciò che facevo…era sempre meglio che stare a casa e essere presa da Beni, comunque.

Ma forse mi stavo rilassando troppo, perché Beni aveva intuito qualcosa. Una sera ci fu una specie di blitz sul lavoro…la BMW si affianco alla macchina del mio cliente, mentre questi mi stava sopra.
Io alzai la testa e vidi Olti che guardava verso noi.
Quella mattina, al mio ritorno, Beni mi accolse come non faceva più da un po’ di giorni: con calci e pugni. Non avevo capito cos’avevo fatto, ma importante era che quel momento durasse poco…non ci tenevo ad avere spiegazioni: a cosa mi sarebbero servite? Avrei forse potuto spiegare la mia versione dei fatti e sarei forse stata ascoltata? No! Era meglio stare zitta…piangere se proprio necessario, ma non fare domande!
Poi, a fine “seduta”, apri i pantaloni, e mi prese li…era eccitato, molto. Rimasi esterrefatta: si era eccitato picchiandomi? Speravo proprio di no…altrimenti ci sarebbero state altre “sedute” come quella.

Dopo  non riusci a prendere sonno facilmente. Pensavo a ciò che mi era successo. Beni era pazzo, psicopatico e violento. Dovevo fare qualcosa per proteggermi. Dovevo dire a Edoardo di portarmi via al più presto.

E se non fosse possibile portarmi via ? Cosa avrei dovuto fare?

Mi stupi…per la prima volta stavo cercando di ragionare, di cercare una soluzione, o almeno, un rimedio. Sorrisi al pensiero.

Quella sera tornai in strada con la speranza di vedere Edoardo e di parlargli, dirgli ciò che mi premeva. Intorno all’una- avevo fatto 450.000 lire fino a quel momento- si avvicina una macchina. L’autista abbassò pochissimo il finestrino, e prima che io finissi di dire la mia formula, mi disse “Si, Sali!”

Salì quasi svogliata, e notai che la macchina partì con grande velocità. “Calmati” –dissi, ma nello stesso momento mi sentì tirare i capelli, e una mano mi afferrava il braccio sinistro. Dal sedile posteriore si alzarono altri due ragazzi, che si erano sdraiati per nascondersi da me…ora tremo, ripensando a quegli attimi…credo sia stato uno dei momenti più terribili che io abbia mai passato.

Con la mano destra tentai di aprire la portiera, ma l’autista aveva chiuso la sicura, e poi, uno dei ragazzi di dietro mi saltò addosso per fermarmi.
La macchina andava ad una velocità spaventosa, verso la campagna…stavo focalizzando ciò che mi era appena successo: ero stata appena rapita, probabilmente da una banda di balordi, o di drogati. Sicuramente mi avrebbero preso i soldi, ma questo era il male minore… e poi, probabilmente mi avrebbero violentata…e forse…no…no, non dovevo pensare oltre. Cosa potevo fare.

I soldi li avevo nascosti nelle calze, sotto la pianta del piede. Ma sicuramente mi avrebbero controllata…forse mi conveniva darglieli io, potevo essere premiata…borsetta non avevo quella sera…nella mano destra avevo 5 preservativi…dovevo farli sparire, prima che si fermassero, altrimenti ….

“Vomitare, io vomitare qui!”

“Puttana-disse l’autista e apri il finestrino continuando a guidare- fuori la testa!” Misi la mano destra davanti la bocca, come se stessi cercando di trattenere i conati e nello stesso momento misi in bocca i profilattici. Non avevano notato nulla, ma il ragazzo seduto dietro di me, mi tirò per i capelli, e mi cacciò la testa fuori. Sputai i profilattici e rimasi un attimo cosi, guardando le ruote della macchina procedendo in quella strada dissestata.

Poi mi tirarono dentro… ridevano . Ed ora, cosa mi aspettava?

 
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Post N° 22

Post n°22 pubblicato il 11 Novembre 2005 da tidicochisono

Lo passammo girando su e giù con la macchina quella notte. E ci baciammo, ci baciammo cosi tanto, che ricordo che il giorno dopo sentivo le labbra un po’ dolenti…ma questo mi rendeva felice, perché mi faceva capire che non era stato solo la mia immaginazione.

Tornai sulla strada attorno alle 4 meno un quarto, in temo per andare a casa.

Non avevo nemmeno contato i soldi, e dovevo farlo, subito prima che qualcuna delle ragazze mi chiedesse quanto avessi fatto.

Mi nascosi dietro una siepe e lo feci…ero diventata un’esperta nel riconoscere le 100.000 lire, le 50.000 (che erano le più frequenti),e  le 10.000

Il gruzzoletto si rivelò essere circa un milione di lire….e la cosa mi stupii, molto. Un ragazzo della sua età, che andava in giro con un milione di lire, per di più pronto ad offrirle ad una ragazza di strada , non si incontrava tutti i giorni.

Ma io non ci pensai sopra.

Durante il tragitto per casa mi misi a canticchiare una canzone, nella mia lingua. Angelica mi chiese qualcosa che io tradussi (ad occhio e croce) “Hai bevuto per caso?”

Oh si, avevo bevuto….avevo bevuto sorsi di felicità!

 

Passarono tre giorni, e tre sere, durante le quali vidi pochissimo Edoardo. Una di quelle sere, correndo forte con la macchina, passò davanti noi e ci fece capire che dovevamo scappare, che c’erano ……i carabinieri, con la sirena spiegata, ma che non si sono fermati da noi, ma continuarono dritto, nella direzione dov’era andato prima Edoardo.

Poi, una sera, venne da me., con la sua auto questa volta.

A Sara avevo già raccontato tutto….e credo che lei lo avesse raccontato a Marsela. Pensavo che l’avrebbe presa male Sara, ma per lei era solo un cliente…perché lei era innamorata di Olti. Certe persone ti stupiscono, sempre. Nonostante il male fatto, lei diceva di amarlo…o forse era la sindrome del cane, che ama il padrone qualunque cosa questi gli faccia.

Sali sull’auto, e la prima cosa che lui fece fu quella di baciarmi, li davanti a Sara.

Poi, allontanandoci, non mi lasciò mai la mano, me la tenne stretta nella sua.

Mi disse di nuovo che mi amava…anche se non ci credevo del tutto, mi piaceva molto quando lo diceva.

Poi disse che …mi avrebbe rapito, mi avrebbe tolto dalla strada perché li non era il luogo adatto per una principessa. Io una principessa? Si, la sua principessa.

Disse che già quella sera avrebbe voluto portarmi via ma che non gli era possibile, perché doveva organizzare ancora dei particolari della nostra fuga. Perché, una volta scappati, non avremo potuto stare più a Bergamo, ma saremo dovuto andare da qualche altra parte. “Forse Torino, Piacenza…o Roma” –disse.

 Ero come sopita…tra sogno e realtà. La fuga che avevo tanto desiderato e sognata, era vicina. E il mio salvatore era un bellissimo ragazzo, che diceva di amarmi.

Avrei dovuto essere esperta oramai, ma ancora non avevo imparato bene che….non tutto quello che luccica è oro.

 

Piccola nota.Vorrei ringraziarvi tutti, uno ad uno. Siete cosi gentili, affettuosi con me. Ma on mi è possibili, purtroppo. Grazie di passare qui, a tutti!

 
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Post N° 21

Post n°21 pubblicato il 18 Settembre 2005 da tidicochisono

Non sapevo cosa dire. Lei stringeva il braccio e con il labbro che sanguinava sembrava così tranquilla.

Io no!

Improvvisamente mi tornò in mente l’ospedale. Strinsi la pancia come se sentissi ancora dolore li, in fondo. Mi tornò in mente il volto di mia madre, rigato di lacrime, mi tornarono in mente le parole di mia sorella.

Io non avrei mai avuto il problema di Sara. Non avrei mai pianto perché incinta. Io no!

Era la mia magra consolazione, era il modo di vedere il rovescio della medaglia.

Ma mai prima mi ero sentito cosi diversa come mi senti in quel momento.

“Non so cosa dire- dissi- non so cosa farei al tuo posto.”

“Sei fortunata-disse Sara- tu almeno non puoi dare un figlio a uomini come questi!”

Fu come se qualcuno mi avesse dato un pugno allo stomaco. Come faceva a saperlo lei?Glielo chiesi.

“Qui lo sanno tutti- disse- Beni disse che proprio per questo motivo aveva pagato 500 dollari in più”

Ora capivo perché ero stata pagata 2500 dollari. Ora capivo perché Beni non usava alcun tipo di precauzione quando mi prendeva.

Cominciai a piangere. Anche Sara.

 

Stranamente quel giorno non vedevo l’ora che facesse buio. Volevo uscire da li, e non m’importava che ciò voleva dire andare e prostituirsi. E’ incredibile, ma al male non c’è mai fine.

Appena arrivai c’era qualcuno che mi aspettava. Non ci feci caso, dissi la mia formula magica a salì in auto. La sorpresa fu enorme: era Edoardo, il cliente di Sara, il ragazzo che il pomeriggio ci aveva accompagnato a fare spesa.

Ma la macchina on era la stessa.

Avevo cominciato a capire un po’  di italiano e da quello che estrapolai, capi che aveva preferito cambiare auto per non farsi riconoscere da Sara…ma tempo dopo avrei capito che non era l’unico motivo.

Mi disse che ero bella, e altre cose che non capivo. Mi disse che si era innamorato di me, quel giorno, a prima vista. Mi disse anche che sapeva che non ero albanese…..e mi disse che mi amava, nella mia lingua. Se l’era fatto imparare da un ragazzo dello stesso paese mio- disse.

Ed io comincia a ridere.

Era un bel ragazzo, lo avevo già notato quel giorno. Ma quella sera, quelle circostanze, me lo resero irresistibile. Nessuno mi aveva detto “Ti amo” nella mia lingua in Italia. A dire il vero, nessuno mi aveva più detto ti amo da molto tempo,in nessuna lingua.

Edoardo non aveva preso la solita strada, quella dove portavo i clienti, che lui ovviamente sapeva. Anzi, cambio direzione, e si diresse verso Bergamo e svolto a destra della cavalcavia che segnava l’inizio di Dalmine.

 Guidava e mi parlava. Molte delle cose che mi diceva non le capivo assolutamente, ma me ne fregavo. Stavo cosi bene con lui. Era il primo uomo dopo tanto tempo che non mi si buttava addosso appena salivo in macchina. Era il primo uomo che parlava con me senza infilarmi le mani dappertutto. Era anche uno dei più bei ragazzi che avessi mai conosciuto.

Mi avvicinai e mentre guidava, gli misi la mano sotto il mento e lo girai verso di me. Gli diedi un bacio, sulle labbra. Avevo appena infranto una delle più importanti regole della mia professione: mai baciare i clienti in bocca.

Non è perché lo disse Giulia Roberts in “Pretty woman” , no .

Il motivo era più che altro igienico. In un lavoro come quello (se lavoro si poteva chiamare) non si poteva mai baciare un cliente,perché si rischiava di prendere ogni tipo di malattia.

Ed io me n’ero appena infischiata.

Stavo baciando un bellissimo ragazzo, e la cosa mi piaceva. Ad un tratto però, lui si fermò.

“No- disse - io non voglio fare sesso con te. Io ti voglio corteggiare. Per me tu sei solo Stella, e non ciò che fai!”

“No, io Julia, no Stella!”

“Si- disse – tu sei Julia, la mia Julia!”

Pronunciò il mio nome in modo perfetto. Non credevo fosse cosi fcile per un italiano pronunciarlo cosi bene, ma non me lo posi molto il problema.

Il tempo era volato.Era circa l’una di notte ed io non avevo in tasca nemmeno una lira. Pensai a ciò che mi avrebbe aspettato se fossi tornata a casa a mani vuote e cominciai a tremare. Dissi a Edoardo che sarei dovuta tornare al lavoro.

Lui sembrava non aver capito ciò che gli dicevo. Glielo dissi di nuovo.

Si volto e prese un giubbotto sul sedile posteriore Frugo nelle tasche e tirò fuori un mazzo di soldi. Me li porse.

“Dirai che stanotte sei stata con un cliente, a casa sua!”-disse.

Non potevo accettare i suoi soldi. E poi, non era nemmeno venuto a letto con me. Ma lui insisteva… e mi baciava.

 
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Post N° 20

Post n°20 pubblicato il 14 Settembre 2005 da tidicochisono

Erano passati 10 giorni dalla mia prima sera in strada.Ma non riuscivo ad abituarmi. Non era come diceva Sara, non poteva essere così.

Un giorno, erano le tre del pomeriggio, mi sveglio e sento qualcuno piangere.

Era Sara.

Con il mento poggiato sulle ginocchia raccolte si asciugava le lacrime cercando di fare meno rumore possibile.

Mi alzai e mi avvicinai a lei. Non gli chiesi nulla, ma gli diedi un fazzolettino.

A dire il vero, non ero sicura di voler sapere perché piangesse…di motivi per farlo ne aveva a sufficienza, sia lei che io.

Verso le quattro del pomeriggio si alzarono anche le altre ragazze. Quel giorno per me era un giorno importante: sarebbe stato la prima volta che uscivo da quella casa.

Infatti, quel giorno, io Sabrina, Sara e Angelica (il vero nome era Marsela) saremmo andate a fare spesa. Ovviamente, Sabrina sarebbe stata la nostra “sorvegliante”.

Ci siamo vestite, cercando di renderci meno appariscenti possibile- ma difficile, con il guardaroba che tenevamo a disposizione- e siamo scese giù, a chiedere un passaggio.

Mi sembrava così strano uscire di giorno…vestita con quella minigonna molto casta e senza un filo di trucco.. Il mondo era diverso di giorno. Non c’erano tutte quelle luci, tutte quelle macchine disposte a darci dei passaggi… eppure, uno si è fermato.

Era un cliente di Sara…un ragazzo di circa 28 anni-a dire il vero ne aveva solo 25, ma l’avrei saputo dopo- con una bellissima e fiammante Opel Calibra.

Sara si è seduta al primo posto, mentre io e le altre due dietro…stare dietro in quella macchina era molto scomodo…ed io stavo peggio di tutte, perché ero al centro,per giunta, esposta anche allo sguardo del guidatore.

Era un ragazzo molto carino, capelli ricci, labbra carnose ed occhi scuri, stupendi. Mi chiedevo come mai un ragazzo come lui aveva bisogno di andare con donne di strada come Sara…e come me.

Le tre ragazze si misero a parlare in albanese tra di loro…mentre Edoardo – come dissero si chiamasse- continuava a fissarmi.

Arrivammo al supermercato…non ci ero mai stato in uno prima. Era enorme, forse era molto più piccolo di tanti altri, ma per me era grandissimo.

Abbiamo fatto spesa- ed io ho imparato che per poter prendere un carrello, si dovevano inserire delle monetine da 500 lire nella fossetta del carrello, che una volta riempito il carrello si andava e si metteva tutto su questo tavolo mobile e una commessa ti diceva quanto costava la spesa, e che dopo, il carrello ti restituiva le 500 lire: cose che non avevo mai visto prima- e all’uscita c’era di nuovo la Calibra ad aspettarci.

Ricordo che lungo il tragitto di ritorno guardai con molta attenzione tutto ciò che c’era attorno…ma soprattutto, assaporai tutto. Era la prima volta che uscivo di giorno, da quando ero arrivata in Italia, e cercai di non pensare a ciò che mi aspettava da lì a qualche ora.

Ci lascio proprio sotto casa-nessuno lo aveva mai fatto di notte, da quando c’ero io- e saluto tutte, dandoci dei bacetti sulle guance…alle altre, perché a me, sfiorò le labbra.

A casa c’erano ad aspettarci Olti, Beni e Arian con la sua ragazza, Sonila, sulle gambe…simulavano un amplesso e ridevano.

Olti, appena Sara varcò la porta, la prese per i capelli e la trascinò in bagno.

Sicuramente era successo qualcosa di grave…ma non riuscivo a sapere cosa. Non osai a chiedere nulla a nessuno.

Poco dopo è uscito con, la cintura dei pantaloni in mano, e andò in cucina. Eravamo tutti lì, una decina di persone, ma nessuno fiatò mentre lui cercava tra i cassetti della cucina qualcosa.

Lo trovò quasi subito: era un coltello, come quelli dei macellai, non troppo grande, ma nemmeno troppo piccolo. Era adatto se si voleva uccidere qualcuno. Nessuno parlò, ma tutti lo guardammo dirigersi verso il bagno.

Sentimmo subito un urlo, l’urlo di Sara….ero come pietrificata. Stavo assistendo ad un omicidio e non potevo fare nulla per fermarlo.

Arian e Beni si alzarono e corsero verso il bagno. Cominciarono a discutere a voce alta…ma Sara non si sentiva….

Andai in camera e mi buttai sul letto, a piangere.

Dove ero finita? Cos’era quella gente?Erano pazzi? Malati?

Non riuscivo più a giustificarli. Fino ad allora lo avevo fatto qualche volta: la povertà era il loro più grande attenuante.

Ma ora non riuscivo più… ammazzare qualcuno a sangue freddo non era giustificabile.

Non sentivo più rumori…ad un tratto la porta della camera si apre ed entra Sara.

Non credevo ai miei occhi: era ancora viva. Con la mano destra si stringeva un asciugamano sull’avambraccio sinistro. C’era una macchia rossa sull’asciugamano. Aveva i capelli sciolti e dal lato sinistro delle labbra usciva un rivolo di sangue.

Aspettai che si sedesse sul letto, e gli chiesi cos’era successo.

“Nulla di grave: sono solo incinta!”- disse sorridendo
 
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Post N° 19

Post n°19 pubblicato il 04 Agosto 2005 da tidicochisono

Ringrazio tutti, davvero!
Non posso più entrare spesso, anzi, ora entro raramente, e per brevissimo tempo, e mi dispiace di non potervi salutare meglio, e ognuno.

"...Mi prese lì, appoggiata alle pareti del bagno, con la porta aperta……..era felice e questo era il suo modo di dimostrarlo.

 

La seconda sera fu ancora più terribile della prima.

La prima sera c’era stato lo sciocche ad attutire il colpo…ed inoltre, la vaga, debolissima speranza, fino all’ultimo, che qualcuno sarebbe venuto a salvarmi.

Ma la seconda sera no!

Il mio destino era segnato, non vedevo altro nel mio futuro che profilattici e facce da 50000 lire.

Era venerdì, e come tale, le ragazze mi dissero che il lavoro aumentava: lunedì, martedì e mercoledì erano giornate un pò  fiacche, mentre già il giovedì le cose cambiavano. Venerdì e sabato era una specie di boom: evidentemente, gli uomini (non tutti, per fortuna) dopo una settimana di duro lavoro, venivano a sfogare le loro frustrazioni, le loro voglie e le loro perversioni lì, con una delle mie “colleghe”……..anche con me!

 

Verso le due di quella notte, una delle ragazze, un’albanese di nome Evisa, viene verso di me e altre due ragazze (che in quel momento, stranamente, eravamo libere) con il sangue che gli usciva dal naso, il trucco sbavato, e una mano ferita.

Non riuscì a capire nulla di ciò che diceva alle altre due, ma dopo seppi ciò che gli era accaduto: era salito sulla macchina di un cliente, credendo che fosse solo. Invece dal sedile posteriore era sbucato un altro uomo, che aveva tentato di tenerla per i capelli. Lei però, era stata molto più svelta, e aprendo la portiera si era buttato dalla macchina in corsa. Tutto sommato gli era andata abbastanza bene, perché, mi dissero,un’altra ragazza che aveva fatto la stessa cosa c’aveva rimesso la pelle: la macchina con i balordi dentro aveva fatto retromarcia e gli era passata sopra…

 

Stranamente però, nessuna delle ragazze sembrava voler aiutare Evisa. Aveva bisogno di un medico, di qualcuno che gli medicasse la ferita e che la visitasse bene. Poteva aver subito qualche trauma cranico. Il sangue dal naso non si fermava.

 

Nel frattempo, venne un cliente per me……è inutile ripetervi il rituale: cambiava solo la faccia, ma il resto era identico al primo, a quello dopo, a quello precedente…e sarebbe stato identico a quello successivo.

Dopo aver finito il “lavoro”, torno al mio posto, e dalla macchina vedo Evisa sdraiata dietro un cespuglio. Forse aveva troppo dolore. Decisi che l’avrei accompagnata a casa.

Riuscì a spiegare al cliente che volevo che mi accompagnasse a casa, insieme alla mia amica, e lui accettò.

Scesi dalla macchina, e andai da lei. L’aiutai ad alzarsi e a salire in macchina.

 

Poco dopo eravamo sotto casa. Ringraziai il cliente, che tutto sommato era stato molto gentile, e aiutai Evisa a salire a casa.

 

C’erano solo due ragazzi a casa, che giocavano a carte  e bevevano whiskey. Uno di loro era il ragazzo di Sara, Olti.

 

Ci guardarono un po’ sorpresi di vederci rincasare a quell’ora, di venerdì. Ma poi videro le condizioni di Evisa e ripresero a giocare, senza preoccuparsi minimamente di lei.

 

Erano passati meno di cinque minuti, quando arriva Beni e Arian.

 

Era nero in volto. Non ne capivo il motivo, cos’aveva?

Ad un tratto, si avvicina, prende la borsetta e comincia a frugarci dentro. Trova il mazzetto con i soldi e comincia a contarli: erano 650000.

Senza dire nulla, mi dà uno schiaffo… credo che un fulmine al ciel sereno mi avrebbe stupito meno!

Cos’avevo fatto? Perché mi colpiva?

 

Non ebbi il coraggio di dire nulla, ma continuai a pulire il braccio di Evisa con dell’acqua ossigenata.

 

Circa due ore dopo, rientrano le altre ragazze… stanche, distrutte e affamate.

Che strano! Non si sentivano diverse da una qualsiasi operaia: anche loro erano stanche e affamate, proprio come se avessero passato una giornata a lavorare in fabbrica.

 

Dissi alla mia paesana dello schiaffo… ma lei non si stupii, anzi, era come se lo sapesse già.

Mi disse che Beni, facendo il solito giro con la macchina, aveva chiesto di me. Gli avevano detto dov’ero, e lui era salito in macchina sbattendo la portiera.

“Si,- ho detto - ma perché?Perché mi ha schiaffeggiato?”

“Perché era venerdì!”- disse lei.

“E allora?”

“In una serata dove quasi tutte noi abbiamo fatto circa 1.000.000-1.200.000 tu sei rientrata a casa presto…e probabilmente con pochi soldi!”

“Sì, ma tu hai visto come stava lei…cosa dovevo fare?”

“A loro non importa! Loro, anche se lei morisse, possono sempre procurarsi un’altra ragazza. Loro vogliono solo i nostri soldi!”

 
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