Ira Viola

Post N° 299


Nelle strade seimila tonnellate di rifiuti e colonne di immondizia alte 5 metri. Roghi e rivolteI prigionieri della spazzaturaNapoli assediata dai suoi rifiuti. Mancano le discariche. Ma i Comuni non le vogliono nei loro territoridi A.BolzoninapoliPer tre volte ha provato a infilarsi nella solita strada, quella che porta alla tangenziale. E per tre volte il vigile urbano Nicola Di Bonito è tornato indietro. "C'era una barriera alta quattro o cinque metri e lunga venti, da lì non si poteva passare più, ho preso un'altra strada contromano e così ce l'ho fatta a uscire da casa", racconta mentre ci accompagna alla montagna che butta fumi e veleni. Quelli come Nicola, qui li chiamano "i prigionieri della monnezza". Qui è Napoli, Napoli che affoga nei suoi rifiuti. Quella strada ormai è a senso unico, è una corsia sola, l'altra è una striscia che scende e sale da Pozzuoli a Toiano e poi ancora giù a Monterusciello, quattro o cinque chilometri di sacchi che bruciano, ferraglia, legni, lattine di pomodoro, copertoni, vetri, cassette di frutta, cartoni, bottiglie, una fogna a cielo aperto che si arrampica fino alla casa di Nicola e di altre trecento famiglie. Erano tutti intrappolati là sopra in via Cupa delle Fescine, accerchiati dalla spazzatura, isolati da giorni. Poi qualcuno ha mandato le ruspe e spostato la montagna di qualche metro per aprire un varco e farli passare. Ma la "monnezza" l'hanno lasciata. È ancora lì, più alta e puzzolente di prima, pressata, tutta schiacciata sui cancelli di un cantiere. Forse verranno tra una settimana a spazzarla via, in questa contrada segnata sulla mappe come "il parco dei fiori". O forse verranno fra un mese, a caricarla sui camion e seppellirla da qualche parte. Siamo partiti dai Campi Flegrei e siamo arrivati ai piedi del Vesuvio, quaranta chilometri di roghi e di rivolte, una bidonville che si allunga come un serpente, cinque o seimila tonnellate di immondizia che marciscono nei vicoli e sulle piazze, la paura di epidemie, i vigili del fuoco che corrono a spegnere gli incendi, blocchi stradali, discariche che non ce la fanno più a sopportare gli avanzi della grande Napoli.È un tanfo che soffoca, che copre l'odore del mare da Mergellina a Bagnoli. Auto sprofondate tra buste fradice, garage sbarrati dai cassonetti in fiamme, viali che sono gigantesche pattumiere. Una mattina li svuotano e poi per settimane la "monnezza" resta ad appestare l'aria, non passa nessuno a prenderla. I camion da almeno trenta giorni non vanno più in via Parini a Monterusciello, città nata per accogliere i terremotati di Pozzuoli, quelli del bradisisma dell'83. Ogni palazzo ha il suo albero dove scaricare, ogni quartiere ha il suo inferno di odori, le sue mosche, la sua diossina sprigionata dall'ultimo incendio. Sono gli abitanti che danno fuoco alle montagne. Scendono per strada e lanciano l'assalto. "Lo facciamo di media una volta ogni tre o quattro settimane, così arriva la polizia e dopo qualche ora il Comune manda le pale per raccogliere tutto", dice Alfredo Lettieri, uno dei disperati di via Parini. Se non c'è rivolta, non c'è raccolta di rifiuti nella grande Napoli. Le donne di via Parini mostrano le ricevute di pagamento della tassa dell'immondizia: 196 euro l'anno per un appartamento di 67 metri quadrati. Un salasso. Più cara che al centro di Roma. "Noi paghiamo regolarmente ma loro vengono solo quando diamo fuoco a qualcosa", urla Assunta Iaccarino al ventesimo giorno di attesa di una pala. A Reginelle è anche peggio. Nemmeno con la rivolta ce le mandano là sotto le ruspe e i camion. All'inizio della settimana hanno portato via qualche tonnellata di pattume a Mergellina e pure a Fuorigrotta. A Scampia, c'è voluto il monito del cardinale Crescienzio Sepe per vedere le strade sgombre. Nella parrocchia del Buon Rimedio, il capo della chiesa napoletana ha alzato la voce: "Questa città è un dono di Dio, si dovrebbe sentire profumo di mare e invece giro per le strade e non è possibile vedere quello che c'è... Puliamola all'esterno Napoli, se vogliamo che sia pulita dentro". Il sindaco Rosa Iervolino gli ha dato ragione. Sfidando le ire degli ambientalisti ha promesso un termovalorizzatore, però non sa ancora in quale punto della città potrebbero costruirlo. Non c'è più spazio a Napoli. L'assessore comunale alla Nettezza urbana Gennaro Mola ogni sera controlla tabelle, fa i suoi conti. Ha calcolato che negli ultimi tre giorni la città è stata liberata di quasi 5 mila tonnellate di rifiuti. Il capo della Protezione civile Guido Bertolaso tornerà a Napoli venerdì, vuole scoprire quando e se finirà l'"emergenza". Ha già incontrato i prefetti della Campania e il governatore Bassolino. Mancano le discariche. Ma i Comuni non le vogliono nei loro territori. Si ribellano. E così, in questa caldissima estate, sta ridiventando tutta una discarica la grande Napoli. L'altro giorno ne è tornata parlare la stampa estera. "Si cammina sui sacchetti neri", ha scritto l'Irish Times la mattina dell'inaugurazione del volo diretto Dublino-Napoli dell'Aer Lingus. Per andare nei paesi sotto il Vesuvio bisogna passare dalla marina. Se tira vento i sacchetti di plastica galleggiano tra le onde, quando si arriva tra Barra e Sant'Erasmo tutto rimane inesorabilmente a terra. Altre montagne che bruciano. Cento metri di immondizia, cinquanta metri di fetore e poi altri cento metri di cumuli. Un paesaggio urbano da brividi. Fino a San Giovanni a Teduccio dove c'è l'autoparco C dell'Asia, l'azienda speciale per l'igiene ambientale di Napoli. Ci sono sempre camion fermi e stracolmi, gli autisti stanno per ore lì ad aspettare un ordine, il via libera per rovesciare il loro carico in qualche buca. Ecco Ponticelli. Sopra le sue case corre un'altra tangenziale. È un altro sfacelo. Via Botteghelle, sotto i ponti non si passa più neanche a piedi, i marciapiedi sono un tappeto di rifiuti, anche qui le strade hanno una corsia sola. E dopo Ponticelli c'è Volla, dopo Volla c'è Cercola e poi Terzigno. Sulla statale numero 268 c'è stato il fuoco più grande. Dicono che era lungo 7 chilometri. Dicono che ancora un po' e divorava anche Napoli. (26 luglio 2006) da Repubblica