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Il popolo delle aquile

Post n°71 pubblicato il 16 Gennaio 2007 da keell

Questa leggenda risale ai tempi dei primitivi, quando uomini ed animali comunicavano tra loro. Occorre qui fare una precisazione. Quando si racconta di animali che copulano con uomini, o coi quali parlano, non si deve pensare a semplici animali. Essi erano considerati (e lo sono ancora) degli dei, e quindi immaginati come uomini-animali, ad esempio il licantropo dell’immaginario europeo. Troverete in questa leggenda, come in altre, alcune similitudini con il Cristianesimo. In questo caso particolare con il diluvio universale. Questo per sottolineare come tutte le religioni derivino da un’unica religione, e siamo tutti figli dello stesso Creatore.Questa storia venne raccontata da un’anziana sioux brulè (uno dei sette fuochi sacri – sette tribù – che formano la grande nazione dei Sioux). Tanto tempo fa, quando il mondo era stato appena creato, Unktehi, il mostro dell’acqua (nell’immaginario dei Lakota esso assomiglia ad un enorme drago che vive in tutti i grandi laghi, paragonabile al mostro di Lockness), combatté la gente e causò una grande inondazione. Forse il Grande Spirito era arrabbiato con noi per qualche ragione. Le acque salirono sempre più alte, e alla fine ogni casa fu inondata ad eccezione della collina (vicina al luogo dove oggi si trova la cava della sacra pietra rossa con cui si fanno le pipe). La gente si arrampicò su di essa credendo di potersi salvare, ma fu inutile. Anche la cima della collina infine fu spazzata dall’acqua. Tutti furono uccisi ed il sangue si coagulò formando un immenso stagno. Esso si tramutò poi nella pietra rossa. È il questo il motivo per cui essa è sacra, in quanto è composta dal sangue degli avi. Una sola bellissima fanciulla sopravisse. Quando l’acqua spazzò via la collina, una grossa aquila macchiata si lanciò su di lei e le permise di aggrapparsi alle sue zampe. Con lei appesa, volò sulla cima di un grande albero, il quale si ergeva sul più alto pinnacolo roccioso delle Black Hills. Quella era la dimora dell’aquila, e fu l’unico punto a non essere coperto dalle acque. L’aquila tenne con sé la bella fanciulla e ne fece sua moglie. A quei tempi c’era una più stretta relazione tra uomini ed animali, e per questo poté farlo. La moglie dell’aquila rimase incinta e generò due gemelli: un bimbo ed una bimba. Felice disse: "Ora avremo di nuovo un popolo!". Quando finalmente le acque si ritirarono, l’aquila aiutò i bambini e la sua sposa a scendere dall’albero sul quale avevano vissuto, e li posò sulla terra dicendo loro: "Siate e divenite una grande nazione, il popolo dei Lakota". I due gemelli crebbero e si sposarono generando a loro volta dei bambini, una nazione era nata. i Lakota discendono, quindi, dall’aquila, e ciò è qualcosa di cui essere orgogliosi, perché l’aquila è il più saggio degli uccelli. Infatti, è il messaggero del Grande Spirito ed è un grande guerriero. Questo è il motivo per cui essi hanno sempre indossato, e sempre indosseranno, piume d’aquila.

 
 
 

Post N° 70

Post n°70 pubblicato il 02 Gennaio 2007 da keell
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BUON  2007

 
 
 

Post N° 69

Post n°69 pubblicato il 25 Dicembre 2006 da keell
Foto di keell

Amore e Psiche

Psiche, figlia di un re e di una regina è una fanciulla bellissima, tanto da suscitare la gelosia di Venere, la quale prega il dio Amore di ispirare alla fanciulla una passione disonorevole per l'uomo più vile della terra. Tuttavia, lo stesso Amore si invaghisce della ragazza, e la trasporta nel suo palazzo, dove è servita ed onorata come una regina da ancelle invisibili e dove, ogni notte, il dio le procura indimenticabili visite. Ma Psiche deve stare attenta a non vedere il viso del misterioso amante, a rischio di rompere l'incantesimo. Per consolare la sua solitudine, la fanciulla ottiene di far venire nel castello le sue due sorelle; ma queste, invidiose, le suggeriscono che il suo amante è in realtà un serpente mostruoso: allora, Psiche, proprio come Lucio, non resiste alla curiositas, e, armata di pugnale, si avvicina al suo amante per ucciderlo. Ma a lei il dio Amore, che dorme, si rivela nel suo fulgore, coi capelli profumati di ambrosia e le ali rugiadose di luce e il candido collo e le guance di porpora. Dalla faretra del dio, Psiche trae una saetta, dalla quale resta punta, innamorandosi, così, perdutamente, del'Amore stesso. Dalla lucerna di Psiche una stilla d'olio cade sul corpo di Amore, e lo sveglia. L'amante, allora, fugge da Psiche, che ha violato il patto. L'incantesimo, dunque, è rotto, e Psiche, disperata, si mette alla ricerca dell'amato. Deve affrontare l'ira di Venere, che sfoga la sua gelosia imponendole di superare quattro difficilissime prove, l'ultima delle quali comporta la discesa nel regno dei morti e il farsi dare da Persefone un vasetto. Psiche avrebbe dovuto consegnarlo a Venere senza aprirlo, ma la curiosità la perde ancora una volta. La fanciulla viene allora avvolta in un sonno mortale, ma interviene Amore a salvarla; non solo: il dio otterrà per lei da Giove l'immortalità e la farà sua sposa. Dalla loro unione nascerà una figlia, chiamata Voluttà.

 
 
 

Post N° 68

Post n°68 pubblicato il 23 Dicembre 2006 da keell

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Post N° 67

Post n°67 pubblicato il 23 Dicembre 2006 da keell

La stella di Natale

Quando Gesù fu nato a Betlemme di Giudea ai tempi del Re Erode, ecco apparire dall'Oriente a Gerusalemme alcuni Magi, i quali andavano chiedendo dove fosse nato il Re dei Giudei, perché - dicevano - avevano visto la sua stella al suo sorgere ed erano venuti ad adorarlo

In ogni presepio del mondo, sopra la grotta che ospita la sacra famiglia, o sulla punta dell'albero addobbato per la festa, trova posto da tempo immemorabile una splendente stella cometa. Vuole la tradizione che i re Magi fossero stati guidati nel luogo dove nacque Gesù proprio da una luminosa cometa, divino messaggero del glorioso evento. Ma quanto c'è di verificabile, dal punto di vista astronomico, in questa affascinante rappresentazione? La stella dei Magi è esistita davvero?

I progressi odierni della scienza permettono, grazie a computer con programmi di calcolo sempre più potenti ed all'affinamento dell'indagine storiografica ed archeologica di ricostruire con grande precisione il cielo notturno osservato dai nostri progenitori migliaia di anni e di dare un contributo decisivo alla risoluzione di un "caso" affascinante ed assai complicato.

L'interesse degli astronomi per la stella di Betlemme è sempre stato vivo e non accenna a diminuire: dopo duemila anni si susseguono ancora interpretazioni e studi al riguardo. Superata come è giusto che sia la volontà di far corrispondere fatti ed eventi scientificamente provati alle parole degli Evangelisti, come se l'attendibilità delle Sacre Scritture dovesse risiedere nella verificabilità storica e scientifica dell'interpretazione letterale, pare sia mantenuta solo dagli astronomi la speranza di poter conferire un senso preciso a questo astro misterioso.


Quando nacque Gesù?

Diventa necessario per la nostra indagine andare alla ricerca di tutti i possibili fenomeni astronomicamente rilevanti, e possibilmente riportati nelle cronache dell'epoca, avvenuti in corrispondenza della nascita di Gesù.

Questa viene celebrata, come tutti sappiamo, il 25 dicembre: ma nel passato le cose andavano ben diversamente. Su questa data per lungo tempo la comunità cristiana fu dubbiosa, visto che mancava al riguardo una tradizione apostolica. L'origine della natività del 25 dicembre andrebbe considerata nell'ottica di un'importante festa pagana, la celebrazione del Sol invictus, dio del Sole e signore dei pianeti: in quei giorni, infatti, avviene il solstizio invernale, che segna il momento a partire dal quale il Sole riprende il suo moto in salita sull'eclittica (1) facendo allungare di conseguenza le giornate. Il messia veniva spesso descritto come "Sole di giustizia" e lo stesso vangelo ne parla a volte paragonandolo al Sole. Ecco spiegata la preferenza per questa data, anche se probabilmente non è esatta: la scelta del 25 dicembre sembra quindi essere derivata dalla necessità, per la nuova religione del Cristianesimo che si stava diffondendo, di contrapporre una festa cristiana ad una pagana, ed è stata accettata come storicamente certa da Sant'Agostino verso la metà del IV secolo.

Ricordiamo che in Palestina e a Gerusalemme ancora fino al V secolo era comunque l'Epifania ad essere festeggiata in memoria della nascita di Cristo. Storici famosi come Clemente Alessandrino propendevano per il 6 gennaio, altri per il 10 gennaio o il 25 marzo. Consideriamo allora come intervallo temporale accettabile per la nascita di Cristo il periodo dal 20 dicembre al 20 marzo. E per quanto riguarda l'anno di nascita?

L'anno zero della nostra epoca fu stabilito dal monaco Dionigi il piccolo vissuto nel VI secolo: dopo laboriosi calcoli ed indagini egli si convinse che coincidesse con il 754° anno dalla fondazione di Roma. Oggi sappiamo che Dionigi sbagliò in eccesso di almeno quattro anni. Nella lettura dei Vangeli vi sono riferimenti che ci aiutano a fissare un limite superiore ed uno inferiore alla nascita di Cristo.

Lo storico Giuseppe Flavio racconta che Erode morì in un giorno intermedio tra un'eclisse di Luna visibile a Gerico e la Pasqua ebraica successiva. Conti alla mano si scopre che questa eclisse avvenne nella notte tra il 13 e il 14 Marzo dell'anno 4 avanti Cristo. Allora, essendo Erode morto nella primavera del 4 a.C. ed essendo stato visitato dai Magi quando Gesù era già nato, Gesù stesso deve essere venuto alla luce come minimo quattro anni prima di quanto vuole la tradizione. D'altra parte questa data non può essere anticipata oltre il 7 a.C., perché questo è l'anno del censimento voluto da Augusto in conseguenza del quale - secondo l'evangelista Luca - Giuseppe e Maria, genitori di Gesù, furono costretti a tornare nella natia Betlemme. Fu allora che Erode "mandò ad uccidere tutti i maschi che erano in Betlemme e in tutto il territorio dall'età di due anni in giù, secondo il tempo del quale s'era esattamente informato dai Magi", Matteo (2,16).


Chi erano i magi?

I Magi appartenevano originariamente una delle dei tribù in cui era diviso il popolo dei Medi. Essi costituivano la classe sacerdotale: in Persia infatti, dove vivevano, il loro nome assunse il significato generico di sacerdoti. I Magi esercitavano la professione che oggi definiremo astrologia: alla corte di Babilonia essi interpretavano i segni celesti, osservando i moti delle stelle e dei pianeti, traendone auspici favorevoli o meno. La "stella" che essi videro era uno di quei segni con i quali presso i pagani la divinità rendeva noti i propri disegni. Alcuni testi arabi collegano i Magi alla religione iranica e a Zoroastro "fondatore della dottrina del magismo", al quale veniva attribuita tra le altre cose anche la profezia della nascita di Cristo.

Oggi sorridiamo del fatto che gli astri possano avere un'influenza prevedibile sul nostro agire quotidiano, o che tantomeno permettano di predire eventi futuri: l'astrologia ha perso ogni fondamento di scientificità, anche presunta, con l'avvento del metodo scientifico nel 16° secolo. Non dobbiamo dimenticare tuttavia che astronomia e astrologia hanno proceduto di pari passo per secoli, la prima al servizio della seconda. Fu a causa della creduta influenza dei corpi celesti sul destino dell'uomo che i sapienti dell'epoca affinarono la propria conoscenza sull'astronomia posizionale.


La stella dei Magi nelle letture sacre.

I Vangeli sono una fonte privilegiata per inquadrare con una certa precisione la "stella" che videro i Magi. Dal Vangelo di Matteo ci proviene un'utile informazione: il fenomeno astronomico osservato dai Magi fu si importante ma non certo eclatante, ossia perfettamente evidente a chiunque. In caso contrario anche Erode ne sarebbe stato a conoscenza e non avrebbe dovuto chiederne informazioni dettagliate. Da perfetti conoscitori della volta celeste quali erano, i Magi sicuramente si resero conto che ciò che videro, nel loro lungo viaggio da Babilonia a Betlemme, era qualcosa di importante per la propria esperienza di studiosi del cielo, anche se poi, a livello popolare, poteva passare del tutto inosservato. Ecco dunque perché furono i Magi a vedere "la stella" e non altri: solo loro erano in grado, come esperti osservatori delle stelle, di apprezzarne la particolarità.

Di grande interesse sono anche i Vangeli apocrifi, che la Chiesa esclude dal novero di quelli canonici per motivi dottrinali. Dopo il concilio di Trento i primi persero credito nei confronti dei secondi, ma ebbero una vita sotterranea molto intensa almeno fino al Medioevo, influenzando fortemente l'iconografia cristiana. Gli stessi Vangeli apocrifi, nella loro forma orale, sembrano avere un'origine molto remota, perlomeno come i Vangeli canonici, e contengono elementi dogmatici che la Chiesa ritiene validi. Nel Protovangelo di Giacomo (databile tra il 130 e il 140 d.c.) viene più volte ribadito un concetto: la stella è un simbolo di regalità, rappresenta l'annuncio della nascita di un re. Un altro Vangelo apocrifo, quello definito dello Pseudo-Matteo, delinea molti particolari sulla grotta di Gesù e sulla brillante stella che vi splendeva dal tramonto all'alba. Nei Vangeli apocrifi redatti in Siria intorno al VI secolo si leggono molti altri dettagli: i Magi, avvertiti da un angelo, intrapresero un viaggio durato nove mesi guidati da una stella e giunsero a destinazione nel momento in cui la Vergine dava alla luce Gesù. Sono questi stessi scritti che identificano i Magi con i loro nomi.

[...] la stella si muoveva precedendoli, fin quando si fermò sopra la grotta. Allora la sua forma cambiò e divenne simile ad una colonna di luce che si levava dalla terra al cielo. L'angelo che aveva assunto la forma di una stella ritornò per far loro da guida [...].

Un fatto importante va sottolineato quando prendiamo spunto dalle letture evangeliche riguardanti la "stella" dei Magi: quest'ultima è una prova molto evidente di quanto nella cristianità degli albori fosse penetrata la cultura laica, ed astrologica in particolare. I racconti di Matteo e dei Vangeli Apocrifi dovettero fare i conti per molto tempo con la scarsa considerazione per l'astrologia, frequente nei primi secoli del cristianesimo. Molti la ritenevano addirittura una pratica demoniaca, che avesse avuto comunque una sua liceità fino alla nascita di Cristo. L'adorazione dei Magi attestava proprio la superiorità dei Vangeli sulle convinzioni dei pagani, rappresentava l'inchinarsi della cultura orientale alla dottrina cristiana e la fine della validità dell'astrologia. I padri della chiesa del IV secolo attribuirono alla "stella" dei magi caratteristiche miracolose, per cercare di togliere ad essa ogni carattere di premonizione astrologica. S.Basilio faceva osservare che la stella in se non era né un pianeta, né una cometa o altro: era qualcosa di straordinario, per esempio nel suo movimento diverso da quello degli astri conosciuti, e non poteva certo essere identificata con una stella da cui trarre un oroscopo. Essa era in realtà un angelo, un diretto segno del cielo. Le credenze astrologiche non uscirono tuttavia sconfitte da questa interpretazione, anzi, continuarono a diffondersi più o meno sommessamente.

Tracciamo allora un identikit della "stella" dei Magi. Innanzi tutto essa non apparì eccezionale alla gente comune, mentre la sua osservazione fu particolarmente significativa durante l'opposizione (2) al Sole. Inoltre la stella si mostrò una prima volta, scomparve, poi ricomparve. Quale fenomeno astronomico, dunque, può aver attirato l'attenzione dei Magi tra il 7 e il 4 a.C.?


L'ipotesi cometaria.

Pare che il primo ad interpretare la stella di Matteo come un oggetto astronomico vero e proprio sia stato Origene, teologo alessandrino vissuto nel III secolo. Nel suo Contra Celsus egli sostiene con fermezza la realtà astronomica dell'evento, che interpreta come la comparsa di una brillante cometa (3).

Una prima constatazione molto importante tuttavia emerge subito: Matteo non fa assolutamente cenno ad una cometa, ma parla di una stella in maniera generica.

È probabile che anche nelle prime comunità cristiane la stella dei Magi fosse interpretata come una cometa. Presso i Babilonesi queste erano considerate come oggetti astronomici, fonti di buono o cattivo auspicio a seconda della loro posizione in cielo, luminosità, colore. Aristotele le relegò al mondo sublunare come fenomeni astronomici, mentre Tolomeo ne sottolineava l'importanza per la predizione di importanti eventi. Innumerevoli sono gli esempi che vedono le comete come atteso segno per l'avvento di re o imperatori, oppure causa di profondi cambiamenti politici, o carestie e pestilenze. Fu così che nel 118 a.c. una luminosa cometa sembrò indicare la nascita di Mitridate, re del Ponto. Più tardi, nelle parole di Tacito leggiamo il terrore che incutevano a Roma: Nerone ne fu impaurito a tal punto, era il 64 a.c., da sacrificare alcuni noti personaggi romani per evitare potenziali tragedie.

Si cominciò a parlare insistentemente di un astro chiomato solo a partire dal 1300. Il grande pittore Giotto osservò personalmente una meravigliosa apparizione della cometa di Halley e, comprensibilmente, non resistette all'idea di disegnare il grande evento astronomico sulla scena della natività nella Cappella degli Scrovegni a Padova nel 1301. Molti storici ritengono che la tradizione popolare della stella cometa abbia tratto particolare forza proprio da questa rappresentazione.

A favore dell'ipotesi cometaria si potrebbero portare diverse prove: ai Magi la stella appare due volte, la prima quando li guida verso la Palestina, la seconda da Gerusalemme a Betlemme. Potremmo interpretare questo fatto come la visibilità di una cometa prima alla sera e poi alla mattina, dopo il passaggio al perielio (4).


La cometa di Halley.

L'astro chiomato sul quale maggiore si è posta l'attenzione degli storici è stato la cometa di Halley, non per nulla la più conosciuta. Innumerevoli studi hanno ricostruito i passaggi della cometa fino a circa 2500 anni fa basandosi su precise osservazioni del tempo(5). La cometa di Halley apparve nei cieli del nostro emisfero, come riportato con precisione dalle cronache scritte, nel mese di ottobre dell'anno 12 a.c.. Era un periodo di pace e tranquillità per l'area del Mediterraneo: l'imperatore Augusto abbelliva Roma con templi, opere edilizie come l'Ara Pacis ed il teatro di Marcello. In Palestina Erode il Grande stava costruendo una città in onore di Augusto, Cesarea. A Roma vivevano Orazio ed Ovidio. Proprio nella capitale dell'impero troviamo cronaca di un primo avvistamento della cometa, riportato contemporaneamente alla morte di Marco Vipsiano Agrippa, genero di Augusto e suo valido collaboratore: "Sotto il consolato di Valerio Messala e di Sulpicio Quirino, prima della morte di Agrippa, si vide per parecchi giorni una cometa: era come sospesa sulla città di Roma, ed in seguito apparve risolversi in diverse piccole fiaccole".

Dalla Cina provengono osservazioni più precise: gli astronomi imperiali riportano l'apparizione di una cometa nella costellazione dei Gemelli nel mese di agosto del 12 a.c.. Essa si spostò di seguito nelle costellazioni della Lince, del Leone Minore e del Leone, passando poco distante da Saturno. Raggiunse le costellazioni di Ofiuco e dello Scorpione, dove scomparve alla vista per la vicinanza del Sole, 57 giorni dopo il suo avvistamento. Quindi la cometa apparve molto luminosa e visibile per ben due mesi. Alcuni studiosi hanno cercato di risalire alla magnitudine (6) della cometa comparando questo passaggio a quello del 1835, molto simile geometricamente, ma l'influenza dell'attività solare sulla lunghezza e luminosità delle code cometarie ha reso il compito abbastanza arduo. La stessa apparizione recente della cometa, avvenuta negli anni 1985-86, ha mostrato l'estrema difficoltà nel predire correttamente la luminosità di un simile corpo celeste, anche se osservato per diversi passaggi. Si trattò comunque della cometa più luminosa per un periodo di almeno quindici anni prima e dopo la sua apparizione. Dobbiamo quindi escludere, vista la bontà della verifica storica, che la cometa di Halley possa essere stata la "stella di Natale" come indicato da alcuni autori nel passato. L'incongruenza di fondo tra la sua apparizione e la data di nascita di Cristo non è cronologicamente risolvibile.


Un'altra cometa?

Dobbiamo rinunciare, anche se non completamente, all'ipotesi di un'altra cometa. Le cronache del tempo erano troppo precise, sia in ambito mediterraneo che orientale, per lasciarsi sfuggire l'apparizione di una luminosa cometa. Ricordiamo che gli astronomi-astrologi del tempo, proprio come i Magi, rispondevano a volte con la propria vita per una predizione sbagliata o per inesattezze giudicate negativamente dai loro re o imperatori.

Le cronache cinesi riportano due eventi astronomici molto appariscenti registrati in quel periodo, uno nel marzo del 5 a.c., l'altro nell'aprile del 4 a.c., ma entrambi danno un'interpretazione piuttosto ambigua. Si parla di una "cometa senza coda" così come di una "stella nuova". Alcuni storici ed astronomi ritengono che il primo avvistamento sia effettivamente una cometa apparsa nel Capricorno; la seconda cronaca potrebbe invece indicare l'esplosione di una nova (7) nella costellazione dell'Aquila. Anche ammettendo l'esistenza di una cometa nel 5 a.c., di cui però non abbiamo cronaca in area mediterranea, perché allora i Magi si misero in cammino proprio verso Gerusalemme? Perché non in un'altra direzione?. Le comete si sostano nel cielo a causa del moto di rotazione terrestre, e fra le stesse costellazioni per il loro moto proprio: indicano quindi sempre direzioni diverse. Dobbiamo pensare che il fenomeno celeste a cui assistettero i Magi offriva loro una chiave di lettura ben precisa dal punto di vista astrologico che legava l'apparizione, come vedremo, a Gerusalemme ed agli ebrei.


L'ipotesi supernova.

Un'altra ipotesi sulla stella di Natale venne formulata dal famoso astronomo polacco Keplero quando, nel 1604, egli fu testimone dell'esplosione di una supernova (8).

È un fenomeno estremamente raro da osservarsi ad occhio nudo, poiché in questo caso deve avvenire nella nostra galassia: la frequenza media di apparizione di un tale cataclisma nel nostro sistema galattico è di un evento ogni quattrocento anni. L'ultima visibile senza l'ausilio di strumenti ottici esplose nella galassia di Magellano nel 1987 (9).

La supernova di Keplero divenne per alcune settimane brillante come Venere: l'astronomo pensò che potesse essere quello un avvenimento molto simile alla stella del Vangelo di Matteo. A sfavore dell'ipotesi della supernova c'è comunque una critica di fondo: la durata di molti mesi del fenomeno osservato dai Magi, che mal si adatta con la limitata persistenza di una supernova nelle condizioni di massima luminosità (da pochi giorni a tre settimane).


La congiunzione planetaria.

Anche Keplero, per non conoscendo l'origine fisica della supernova, si era reso conto di questa difficoltà, tanto è vero che cercò soluzioni alternative intuendo, forse per primo, una possibilità nuova e molto accattivante. Il fatto è che egli fu anche testimone, nello stesso periodo, di una spettacolare congiunzione (10) tra Giove e Saturno avvenuta nella costellazione dei Pesci alcuni giorni prima del Natale del 1603. Ebbene, facendo dei conti a ritroso l'astronomo si rese conto che un simile fenomeno era avvenuto anche nel 7 a.C. e poteva benissimo avere avuto un grande significato simbolico per i Magi.

Keplero si accorse che nel 7 a.C. l'evento fu rarissimo perché Giove e Saturno si erano avvicinati fino a circa un grado di separazione angolare (due volte la grandezza apparente della Luna Piena), non una ma ben tre volte di seguito nella costellazione dei Pesci, rispettivamente il 29 Maggio, il 29 Settembre e il 4 Dicembre secondo i calcoli del celebre scienziato. Congiunzioni triple tra Giove e Saturno si ripetono ogni 120 anni ma occorrono circa 800 anni perché il fenomeno si ripeta nella costellazione dei Pesci! Questo avvicinamento dei due pianeti sviluppatosi per un periodo di tempo così lungo da accompagnare i Magi durante tutto il loro viaggio, sembra davvero essere un ottimo candidato per l'evento celeste descritto nel Vangelo di Matteo.

Ricordavamo che l'evento non fu particolarmente appariscente: infatti la distanza minima dei due pianeti fu di circa un grado, quindi si trattò di un fenomeno non molto spettacolare all'osservatore casuale.

La costellazione zodiacale dei Pesci godeva di un significato assolutamente particolare per gli Ebrei, e la presenza contemporanea in quella regione di cielo di due pianeti come Giove (simbolo della regalità) e di Saturno (protettore del popolo ebraico) non poteva certo passare inosservata. Saturno era la stella dei giusti ed i Pesci, segno d'acqua, erano da sempre associati a Mosè, il liberatore salvato proprio dalle acque del Nilo. L'elemento acqua, giova ricordare, compare molto spesso con grande rilievo nella simbologia cristiana.

Evidentemente un evento così raro non poteva che essere interpretato dagli astrologi d'Oriente come un segno che un nuovo re, un grande profeta, forse il Messia liberatore stava per nascere in Israele.

Questa interpretazione originale di Keplero è stata ripresa negli anni '70 dall'astronomo inglese dell'università di Sheffield David Hughes, che ha pubblicato forse il più noto libro sul tema della stella dei Magi (12). Hughes ricostruisce l'evento con grande attendibilità storica aiutato in particolare dal ritrovamento di alcuni antichi documenti babilonesi scritti in caratteri cuneiformi: in essi si sottolinea con evidenza la tripla congiunzione planetaria occorsa proprio nel 7 a.c. tra le stelle dei Pesci. Hughes inoltre tenta anche una precisa ricostruzione della data di nascita di Cristo. I Magi avrebbero previsto in anticipo le tre date del massimo avvicinamento di Giove e Saturno, cioè il 27 maggio, il 6 ottobre e il 1 dicembre del 7 a.c. Essi avrebbero interpretato la visibilità dei pianeti all'opposizione, cioè a partire dalla sera, come la data di nascita del Messia. Questo evento si verificava intorno alla metà di settembre: così essi avrebbero intrapreso il viaggio durante l'estate ed avrebbero raggiunto Gerusalemme nel mese di novembre. Una volta giunti nella città furono interrogati da Erode, incuriosito dal loro viaggio. I Magi avrebbero rilevato oltre alla probabile data di nascita di Gesù anche il fatto che i due pianeti erano prospetticamente vicini in cielo già dalla primavera precedente. Fu per questa notizia che Erode decise, per mettersi al sicuro riguardo alla venuta di un nuovo re che lo avrebbe detronizzato, di mettere a morte tutti i bambini di Betlemme al di sotto dei due anni. I Magi nel frattempo avevano lasciato Gerusalemme già ai primi di novembre, dopo aver osservato nuovamente la congiunzione dei pianeti. L'aver verificato che Giove e Saturno erano ancora vicini in cielo, mantenendo intatto il loro messaggio astrale, provocò in loro grande gioia, come leggiamo nel Vangelo: "Ed essi, veduta nuovamente la stella, si rallegrarono di grandissima gioia", Matteo (2,10).


Conclusioni.

Quali conclusioni siamo in grado di trarre, da un punto di vista strettamente scientifico, sulla reale esistenza e natura della stella dei Magi? Certo non possiamo affermare che esistano prove definitive a favore di una tesi o dell'altra, e tantomeno che ci siano fatti incontrovertibili i quali permettano di dire se la stella dei Magi sia esistita davvero o sia piuttosto un racconto di valore simbolico. È possibile che in futuro emergano nuovi elementi archeologici o storiografici risalenti ai primi anni della cristianità: essi potranno dar peso ad un'interpretazione piuttosto che ad un'altra.

Per il momento, è scientificamente corretto sospendere il nostro giudizio, e sperare che un giorno non lontano venga definitivamente chiarita la storia della più misteriosa stella mai apparsa nei cieli dell'umanità.

[...]. Allora Erode, accolti segretamente i Magi, si informò accuratamente da loro circa l'epoca in cui la stella era apparsa [...]. Udito il re, essi partirono ed ecco, la stella che avevano visto al suo sorgere, apparve di fronte a loro, finché si arrestò sul luogo dove stava il Bambino. Matteo (II, 1-2)

 
 
 
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