visto da dietro

La fatica…


Lo spunto per questo post viene da una amica che dichiara che “è tutto troppo faticoso”.In realtà questo post non ha a che fare credo nulla con quanto volesse dire l’autore, ma voglio raccontare il mio rapporto con la fatica.Per quello che mi piace fare, la fatica è la parte fondamentale: per allenarsi in maniera proficua per una gara di resistenza come può essere una maratona, un ironman, occorre anche fare, oltre a tutto il resto, una serie di allenamenti “da scarichi”, cioè delle uscite di allenamento da digiuni, per insegnare al tuo corpo ad attingere alle riserve di “propellente” che ha a disposizione: sono allenamenti molto duri: pensate a un’uscita di 20 o 25km senza aver mangiato nulla e senza nutrirsi.Sono esempi come altri. Bisogna dire però c’è fatica e fatica.Esiste una fatica che è sostenibile perché sai che comunque ti sta portando verso un obiettivo, non importa se è lontano, un passo dopo l’altro, senza perdere di vista il motivo per cui risorse vengono spese, dimenticandosi ogni giorno di quanto questo ci sprema, avremo i risultati.Esiste invece una fatica logorante: è quella che si subisce passivamente, è quella da cui non vediamo via d’uscita o quella che pare non portare da nessuna parte, quella che ci sembra insostenibile perché nemmeno fine a se stessa, peggio. Quasi insana. Quella che ci sottrae solamente risorse senza darci nulla in cambio, quella fuori controllo.Benchè io sia convito che qualunque sforzo indirizzato al miglioramento della propria qualità di vita valga la pena di essere speso, è fondamentalmente carattere; intendo dire: la sostenibilità di uno sforzo è assolutamente personale. In sostanza: se vuoi essere felice devi farti il culo. Se non lotti fino in fondo per fare in maniera di esserlo, vuol dire che non ti frega, di qui il vecchio e annoso discorso del migliorarsi o del cambiare il proprio stato, che gran vespaio suscita sempre (anche recentemente nel blog di un’amica): se sei grasso e ti lamenti del tuo stato, o ti metti a dieta oppure in realtà la tua situazione tutto sommato non è che ti dispiaccia poi così tanto. Ne deriva il concetto fondamentale: se non stai facendo niente per cambiare, ogni lamentela è egocentrismo e compiacimento nel farsi compatire.Dall’altra parte è sacrosanto trovare il punto invece dove mollare: in parete si taglia la corda per non morire tutti, anche se in realtà moralmente si muore tutti, anche chi rimane ne lascia un bel pezzo. E la vita vera è uguale. Qualunque sia la scelta, occorre avere ben presente l’obiettivo che si vuole raggiungere: si vuole essere felici? Si vuole sopravvivere per avere meno problemi possibile? Ci si vuole trascinare per inedia perché così è molto meno faticoso e ci si può lamentare delle condizioni? Legittimi tutti quanti, sulla condivisibilità ho delle riserve, ma sono opinioni, quindi “opinabili” in per loro natura.Io voglio essere felice e per ottenere questo non me ne frega niente di farmi il culo: se c’è qualcosa da cambiare lo cambio senza passare dal via, ma prima lotto fino in fondo. Sempre.Niente è troppo faticoso se si tratta di me, per tutto il resto c’e mastercard, esaurito il plafond, finita la festa.