Una Vita

DATI SULL'EMERGENZA


La situazione rifiuti campana è riassumibile in alcune cifre: 30 anni di sversamento illecito di rifiuti tossici e pericolosi provenienti dalle industrie d’Italia e d’Europa, le cui conseguenze sanitarie sono state quantificate dall’OMS il 16 aprile 2007 con il riconoscimento dell’aumento in Campania delle malformazioni nei bambini (84% in più) e della mortalità nella popolazione (12% in più nelle donne, 9% in più negli uomini). La Campania, secondo dati APAT, rappresenta oggi il 43% del territorio nazionale inquinato. Dal 1994 in Campania una struttura commissariale gestisce il ciclo dei rifiuti solidi urbani, costata finora 1.825.000.000 euro. La struttura commissariale venne istituita dal governo centrale per sottrarre alle ecomafie la gestione dei rifiuti urbani e speciali, ma dopo 14 anni il traffico illecito di rifiuti continua; secondo i dati di legambiente il fatturato delle ecomafie è in crescita: per il traffico di rifiuti speciali e pericolosi è salito nel 2006 da 4,2 miliardi di euro a 5,8 miliardi di euro, mentre quello relativo ai rifiuti solidi urbani è salito dagli 826 milioni di euro del 2005 agli 833 milioni di euro nel 2006. Inoltre nel 1997 venne previsto dal Commissariato Emergenza Rifiuti che il 35% del quantitativo di rifiuti prodotti fosse differenziato e riciclato, destinando il quantitativo restante all’incenerimento: oggi la raccolta differenziata in Campania è inferiore all’8%. Il contratto con FIBE, la società aggiudicataria del servizio di smaltimento rifiuti urbani nella Regione Campania, è stato rescisso nel 2005, ma la società continua a gestire le discariche e gli impianti si stoccaggio. Nel 1998 il commissariato affidò i lavori per l’inceneritore di Acerra al gruppo FISIA ITALIMPIANTI (consorziata con IMPREGILO e con le tedesche BABCOCK KOMMUNAL, DEUTSCHE BABCOCK e OBERHAUSEN), che vinse la gara d’appalto benché sul piano tecnico il piano dell’impresa avesse avuto come voto 4,2 contro l'8,6 di Elettroambiente, altro gruppo in gara. Infatti tra i criteri di aggiudicazione del servizio vennero assegnati 45 punti per il prezzo, 35 per la velocità di realizzazione dell'opera e 10 per il merito tecnico dell'impresa e il valore delle opere. La Commissione di gara incaricata di valutare i progetti era formata da cinque persone: tra cui il professor Paolo Togni, attuale capo di gabinetto del Ministero dell'Ambiente e vicepresidente della SOGIN. Benché il contratto sia stato ufficialmente firmato da Antonio Bassolino come Commissario Emergenza Rifiuti, durante la gara d’appalto il Commissario delegato per l'emergenza rifiuti era il Presidente della Regione Antonio Rastrelli, con vice commissario Ettore D'Elia, ex consulente anche del generale Carlo Jean, presidente della SOGIN. Attualmente sono quasi terminati i lavori dell’inceneritore di Acerra, nonostante il fatto che il decreto del Consiglio dei Ministri del 23 giugno 2006 abbia dichiarato il comune in stato di emergenza per inquinamento da diossina - sostanza la cui cancerogenità per l’uomo è stata riconosciuta fin dal 1997 dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro - e la comunità europea abbia riconosciuto che gli inceneritori emettono il 24% delle diossine, secondi in Europa solo alle acciaierie. Il 14 gennaio 2004 l’onorevole Giovanni Russo Spena chiese in un’interrogazione parlamentare: “Non è vero che soltanto i termovalorizzatori possono risolvere il problema dei rifiuti. Perché non seguire l'esperienza tedesca, danese, olandese, di tante zone del nord, del centro e del sud Italia che portano avanti la raccolta differenziata dei rifiuti in maniera sistematica?”. Il ciclo dei rifiuti in Campania non si è mai veramente aperto: la raccolta differenziata non è mai stata avviata in maniera capillarev ed efficiente, per cui grandi aziende, come ERREPLAST, presenti in Campania che si occupano di riciclare i materiali plastici sono costrette ad importarli dal nord, le infrastrutture funzionali al trattamento della frazione organica non sono stati realizzate. Le politiche di gestione dei rifiuti hanno puntato in modo forte sull’impiantistica per l’incenerimento, costruendo 7 impianti CDR da cui avrebbero dovuto fuoriuscire le ecoballe destinate all’inceneritore. In questi impianti avrebbe dovuto giungere la frazione residua della raccolta differenziata, che dopo previo trattamento ed ulteriore differenziazione sarebbe in parte stata trasformata in combustibile per gli inceneritori, mentre la parte organica avrebbe dovuto essere stabilizzata (FOS) e separata da materiali inerti non destinati all’incenerimento (sovvalli). Da questi impianti invece sono state prodotte già 6 milioni di tonnellate di “false ecoballe” che secondo la magistratura non potranno essere incenerite perché composte semplicemente da rifiuto tal quale tritato ed imballato. Studi recenti hanno dimostrato l’impatto sulla salute umana prodotto dagli inceneritori in condizioni di normale controllo e gestione, con l’aumento di alcune patologie tumorali e delle malformazioni congenite nei bambini. In Italia l’incenerimento dei rifiuti è premiato attraverso i CIP6: finanziamenti pubblici, prelevati dalla bolletta ENEL (circa il 7%), destinati a sovvenzionare, come da normativa europea, le fonti di energia rinnovabili. Ma al provvedimento venne apportata una modifica: quando il 29 aprile 1992 si accolse questa direttiva europea tra gli impianti a cui destinare i sovvenzionamenti furono inclusi anche gli inceneritori sotto la dicitura “fonti assimilate”, che fino ad oggi hanno captato fondi per circa 40 mila miliardi di lire. Infatti mentre in Europa l’incenerimento dei rifiuti è tassato, in Italia per ogni tonnellata di rifiuti incenerita vengono pagati dai 25 ai 50 euro. Sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno di venerdì 4 maggio 2007 le accuse di Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia: “Vorrei sapere quanto l’emergenza rifiuti in Campania sia un problema di camorra e quanto di scelta discrezionale della politica. […] C’erano scelte discrezionali che qui bisognava fare e non mi spiego come si possa restare, ancora oggi, in questa situazione ”. Post scriptum- Venerdì 11 maggio 2007 il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legge concernente l’emergenza rifiuti in Campania che di fatto ripropone la discarica di Serre senza curarsi della decisione del Tribunale di Salerno che ne bocciava la scelta appellandosi al rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini tra cui quello alla salute (art.32 Costituzione) che non possono essere scavalcati in nessun caso, nemmeno in nome del pubblico interesse. Attualmente le ruspe continuano a lavorare. A Lo Uttaro una legge del 2006 vietava la creazione di altre discariche nell’area che era segnalata di interesse nazionale per essere bonificata da quelle già presenti. Attualmente i camion stanno sversando rifiuti senza alcun tipo di controllo, in una discarica legale non a norma costruita sopra una discarica illegale in cui la camorra ha sversato migliaia di metri cubi di materiali non identificati. La falda freatica è a pochi metri di profondità.   Allegato Dal resoconto stenografico 25 Settembre 2003 Senato della Repubblica – 22 – XIV Legislatura 464ª Seduta (pomerid.) Assemblea – TOMMASO SODANO - Il piano di smaltimento dei rifiuti in Campania ha avuto un momento qualificante con la gara svolta nel 1998 in cui vi fu l’aggiudicazione a ATI, costituita da FISIA Impianti e da altre aziende appartenenti soprattutto al Gruppo Romiti, costituitesi successivamente in FIBE S.p.A. Nella redazione del bando di gara e nel successivo affidamento del contratto si sono verificate anomalie sulle quali sta indagando la magistratura; ho depositato anche un personale esposto alla procura della Repubblica di Napoli per verificare se tutto e` avvenuto in modo corretto e legittimo. Risalgo al 1998 perché quella gara reca il vulnus da cui è scaturita l’attuale situazione, per questo motivo continuiamo a richiedere una nuova valutazione di impatto ambientale. Pur avendo la materia una grande incidenza sull’ambiente e sulla salute pubblica, nel bando si valorizzava esclusivamente il prezzo di conferimento dei rifiuti. Vi erano offerte sicuramente piu` valide, ritenute tali sia dalla commissione aggiudicatrice sia dalla Commissione di valutazione d’impatto ambientale come risulta dalla relazione del 1999, in cui gli attuali impianti da costruire, aggiudicati dalla FIBE, erano ritenuti fondati su una tecnologia non particolarmente avanzata: un modo elegante per dire che era una tecnologia obsoleta. Da qui nasce uno dei primi problemi: abbiamo riscontrato innumerevoli contravvenzioni rispetto al capitolato di gara e a tutta la gestione della FIBE in Campania. La regione Campania è l’unica ad avere un gestore unico; con due gare la FIBE si è aggiudicata la gestione di sette impianti di CDR e di due costruendi inceneritori, oltre alle aree di stoccaggio e le stazioni di trasferenza. L’intero ciclo dei rifiuti nella regione Campania è dunque affidato ad un unico gestore privato: la FIBE. Si è contravvenuto, in quella gara, anche alle prescrizioni del «decreto Ronchi» che prevedeva che si dovesse avviare all’incenerimento solo la parte residuale a valle di un percorso di raccolta differenziata, quindi con una riduzione della quantità complessiva di rifiuti. Ciò non è avvenuto perché nel contratto di affidamento – questa è un’altra delle anomalia denunciate – viene in realtà conferito il rifiuto tal quale; il contratto riguarda la quantità complessiva come se non si raccogliesse neanche un chilogrammo di rifiuti in modo differenziato. Questo è uno dei motivi per cui la regione Campania continua a mantenere una percentuale di raccolta differenziata molto bassa rispetto agli impegni e agli obblighi stabiliti dal «decreto Ronchi» che prevedeva il 20 per cento nel 2001, mentre siamo ancora al 12 per cento alla fine del 2003. Ebbene, fatta questa premessa che si è resa necessaria per spiegare i motivi della nostra insistenza sulla rivisitazione di una valutazione di impatto ambientale, di recente il comune di Acerra, dove dovrebbe sorgere uno degli inceneritori, ha commissionato uno studio, eseguito peraltro da due esperti, dal quale emerge che nella commissione VIA del 1999 il Ministero si impegnava a pronunciarsi di nuovo su una nuova valutazione di impatto ambientale a valle degli adeguamenti che rispetto al progetto iniziale la società FIBE avrebbe dovuto svolgere. In realtà ad oggi, non ci risulta alcuna nuova valutazione di impatto ambientale, che è prevista dal bando del 1998 nonché dal successivo contratto del 2000, entrambi disposti dalla struttura commissariale. Nonostante le nostre continue interpellanze ed interrogazioni e le sollecitazioni provenienti dal mondo della Chiesa come da quello sindacale, non è stata fornita alcuna risposta. La stessa autorizzazione al progetto esecutivo dell’inceneritore di Acerra non dice nulla neanche relativamente alle emissioni in atmosfera. Questo è un altro dei punti dolenti dell’intera vicenda. Le emissioni in atmosfera dovrebbero tener conto anche di una relazione sulla valutazione di rischio; se è vero quanto affermato dal Sottosegretario poc’anzi rispetto alla presenza di elementi non ben definiti, ma comunque inquinanti, in quell’area, in realta` la valutazione di rischio prescritta dalla commissione VIA ministeriale è necessaria giacché non ci troviamo in un caso in cui si possa farne a meno. In altre parole, in questo caso specifico non vale il principio di esenzione a cui ci si può richiamare quando non esistono rischi valutabili: in questa situazione le condizioni di rischio ci sono tutte. Inoltre, desidero richiamare anche un altro aspetto relativo alle funzioni che hanno svolto tecnici e dirigenti, alcuni anche ricoprendo ruoli di spicco come il capo di gabinetto del Ministero dell’ambiente, dottor Togni. Ricordo che questi all’epoca della gara faceva parte della commissione e che attualmente ricopre un ruolo importante nella SOGIN che dovrebbe effettuare i controlli. Ricordo altresì che in quella commissione di gara sono presenti anche altri funzionari, esperti e tecnici che nel corso degli anni hanno svolto il ruolo ora di controllori, ora di controllati. Credo, pertanto, vi siano sufficienti elementi per fornire una risposta alle richieste tese ad ottenere una nuova relazione di valutazione di impatto ambientale, anche alla luce dei troppi fatti avvenuti in questi anni. Abbiamo parlato della diossina, ma ricordo che in quel territorio ci sono ben 53 pozzi che sono stati sequestrati e che le coltivazioni dei fondi agricoli in quelle zone sono state impedite per l’inquinamento delle falde freatiche. In alcune zone a ridosso dell’area dove dovrebbe sorgere l’inceneritore si trovano inquinanti fino a 100 metri di profondità. Ci sono, quindi, tanti elementi: abbiamo citato la diossina, il tema dell’acqua; ci sono problemi legati alla compresenza in quelle aree di altre aziende inquinanti. Confinante con l’area in cui dovrebbe sorgere l’inceneritore vi è la Montefibre, e ci sono stati in questi anni fenomeni estremamente preoccupanti: sono nate pecore con due teste, si sono verificate numerose malformazioni in diversi animali, abbiamo avuto un’incidenza (non lo dico io, lo dice il registro dei tumori della ASL di competenza) più alta di tumori non rispetto alla media nazionale (perché in quella provincia e nella regione Campania vi sono tassi più alti della media nazionale), ma rispetto alla stessa provincia di Napoli. Ecco, io credo che vi siano elementi a sufficienza perché si abbia finalmente il coraggio di rivedere il piano regionale dei rifiuti (è questo un appello che noi abbiamo fatto e continuiamo a fare anche alla struttura commissariale della regione Campania). Ma occorre anche che il Governo intervenga per le sue competenze in base al principio di precauzione previsto dal Trattato di Amsterdam, procedendo ad una nuova relazione di valutazione di impatto ambientale.