Il Libero Pensiero

La Riforma Elettorale


Parlare di riforma elettorale senza correre dietro alle formule magiche.Sembra la traccia di una tavola rotonda ma è invece un riferimento alla confusione  presente nel Paese. A risultati elettorali già acquisiti, quella del sistema elettorale è stato il proposito di riforma che ha avuto il puntuale e continuo richiamo sia nella maggioranza che nella opposizione. Tutti oramai si sono accorti che il vecchio sistema, quello del maggioritario con il 25% di proporzionale corretto dallo scorporo, riformato dall’attuale legge nella scorsa legislatura, è stato modificato in peggio. E l’opinione sul fallimento delle ultime modifiche sembra sia generalmente condivisa. Anche coloro che hanno voluta questa riforma si defilano e cercano di confondersi con i critici. Casini e Follini, ispiratori dell’attuale legge, e che per ottenerla hanno esercitato pressioni al limite della rottura nella passata legislatura, non si azzardano a cavalcarla. L’elettorato la considera una pessima legge e con una consistente connotazione partitocratrica. Ho già detto in altre occasioni, abituato come sono a dare nomi e definizioni per ogni cosa, che i due post democristiani dell’Udc hanno ottenuto ciò che si proponevano: far perdere le elezioni alla Cdl; assicurarsi con il proporzionale un numero di parlamentari utili a mantenere visibilità; smarcarsi da Berlusconi. La loro strategia, però, non è stata vincente su tutto il fronte.   Grazie alla  tenuta di Forza Italia, e della Cdl che ha “rischiato” addirittura la vittoria, non hanno ottenuto il pieno risultato che si proponevano. Non hanno ottenuto la sconfitta di Berlusconi ed i numeri per poter essere l’Udc alternativa alla sinistra più radicale. Se Prodi resta condizionato ai ricatti della sinistra estrema è perché non può porla in alternativa al centro di Casini e Follini. Questi rimangono anche con le mani legate, non potendo passare dalla parte della maggioranza: verrebbe meno il  progetto politico d’apparire come riferimento della centralità, in alternativa alla destra ed alla sinistra. Il duo, perciò, mantiene il ruolo di opposizione ma col distinguo dalla Cdl. Da questa realtà complessiva è partito il balletto delle ipotesi. Il Presidente della Repubblica nel suo discorso di fine d’anno ha lanciato un sensibile monito, sia alla maggioranza che all’opposizione, a dialogare sulle riforme istituzionali, chiedendo iniziative in modo condiviso per la modernizzazione e la modifica del sistema elettorale. In questo scontro di interessate incomprensioni è, inoltre, in corso la richiesta di una referendum  per la modifica della attuale legge elettorale. Ce n’è tanta di materia per riempire le pagine politiche dei giornali e non mancano editoriali ed interviste, oltre che proposte più o meno interessate. In verità di interessante molto poco da una parte e dall’altra. Molta tattica più che visioni strategiche; molte schermaglie all’interno dei poli e nessuna proposta veramente organica e chiara su cui confrontarsi. Metodo tedesco proporzionale con sbarramento, metodo francese a doppio turno, metodo simile al sistema elettorale regionale e tra questi metodi ciascuno con la sua correzione personalizzata e confacente agli interessi della propria parte politica. Opinionisti e politici si spostano con estrema disinvoltura a rimorchio di una o l’altra tesi ed alcuni in contrapposizione con le precedenti tesi e con le affermazioni di principio di sempre, altri in contrapposizioni con la logica e la Costituzione. Gli uni e gli altri, comunque, animati dall’unico principio di portare acqua al proprio mulino. Le proposte che emergono, in sostanza, non hanno nessun fondamento di serietà.Quando Mariotto Segni introdusse, attraverso il referendum, il maggioritario nel Paese, pose la prima pietra su cui costruire la semplificazione del quadro politico e su cui porre la parola fine all’uso di utilizzare i partiti quali fonti di condizionamento e di ricatto. In particolare si intendeva togliere ai piccoli partiti, non voce e testimonianza di istanze minoritarie, ma il potere di interdizione sulle linee politiche ed i programmi delle forze di più ampio consenso popolare. Si intendeva, cioè, predisporre le coalizione ed i loro programmi per privilegiare la governabilità. Pensare con alchimie diverse di modificare nuovamente lo strumento elettorale per riporlo nelle mani e nelle astuzie dei piccoli partiti (Mastela, Casini, Di Pietro, Bertinotti o Diliberto per intenderci) è pura follia. Non penso sia opportuno immaginare aperture che mettano in gioco la spinta a coalizzarsi all’interno di un collocazione politica o che impediscano all’elettorato di scegliere, nel confronto tra i programmi proposti, la coalizione ovvero il leader ed il programma stesso proposto. Pensare soluzioni proporzionali o che privilegino la frantumazione e la transumanza politica, per mettere in difficoltà l’una o l’altra coalizione, sarebbe semplice follia. Il referendum proposto, fino ad ora in modo trasversale, e da cui si stanno defilando alcuni sostenitori (per ordine dall’alto?) offre una buona immagine bipolare. Prevede, infatti, il premio di maggioranza al partito che ottiene la maggioranza relativa ed induce, per questo motivo, a formare coalizioni più ampie sulla scia, ad esempio, del Partito Democratico o Del Partito delle Libertà. Non erano questi i propositi di Prodi e Berlusconi e dei partiti (rispettivamente DS e Margherita da una parte e Forza Italia e AN dall’altra) portanti della loro leadership? O erano solo specchietti per le allodole? O per gli allocchi?  Nessuno si è mai chiesto quanti soldi risparmierebbe il Paese con la semplificazione della politica? Si potrebbero ridurre sia i gruppi parlamentari (e tutte le relative spese) che il numero dei parlamentari. Si potrebbero ridurre il numero dei ministeri e dei sottosegretari ed anche presidenze e commissioni (non occorrerebbe più dar spazio e visibilità a tutti i piccoli partiti). Potrebbero ridursi i giornali di partito, finanziati pubblicamente, ed i costi della politica e poi ancora le clientele e le feste di partito, i cui costi in definitiva paghiamo sempre noi. O non è così?Vito Schepisihttp://vitoschepisi.blogspot.com/