Il Libero Pensiero

Al voto per scegliere


E se invece di soffermarsi sui soliti aspetti negativi della politica, quella fatta di chiacchiere e di polemiche si pensasse a ricondurre l’interesse generale sulle scelte per il Paese? Non è bene che si chiuda la stagione della politica frivola? Basta con la fiera delle parole vuote e dei pettegolezzi in cui ciascuno guarda in casa dell’altro e rileva motivi di superficialità, disinteresse e insufficiente coerenza. Si dovrebbe operare perché si riconduca finalmente il confronto politico alla semplicità del suo funzionamento, alle economie delle risorse, soprattutto alla  loro razionalizzazione con i dovuti tagli nei settori non funzionali. E’ urgente provvedere ai tagli allo spreco e soprattutto ai tagli all’uso di risorse economiche utilizzate  per soddisfare gli appetiti di casta. Basta anche con il grande fratello che passa tra i fili del telefono e nelle storie private dei singoli. Basta al ricatto come strumento di lotta politica. Le scelte, finalmente le scelte, tra un’Italia che semplifichi i rapporti con i cittadini, snellendo burocrazia ed oneri, riducendo le tasse ed i privilegi, ed un’altra che arranca tra le contraddizioni e le tasse, sommersa da spese, da oneri, da costi, dalla politica invasiva e vorace. Non si possono tollerare i salari falcidiati dall’aumento costante del costo della vita, ben oltre quello registrato dagli indici di inflazione, ed una casta politica pletorica e diffusa, ben servita, ben pagata, spesso impunita.Che si voti per le scelte allora! Il confronto politico non consiste nella contabilità dei provvedimenti giudiziari e nella ricerca fisionomica dell’ombrosità dei personaggi, ma nella capacità di presentare progetti di governo e di proporre idee di realizzazione. Con Prodi è questo soprattutto che è mancatoSi parla tanto di trasparenza, ed i media ricordano puntualmente quanto sia difficile per il cittadino comprendere il valore costruttivo di un battibecco, per indulgere ancora a mantenere comportamenti di scontro e di volgari recriminazioni sull’operato degli altri, con i consueti corollari del rinfaccio reciproco di episodi di rilevanza giudiziaria.Per essere credibili non basta urlare nelle orecchie degli altri e dare del ladro e del farabutto a destra ed a manca,  o mettere alla berlina il personaggio politico ed utilizzare le doti di comico per esser simpatico. Insomma non è facendo il Grillo di turno che si propongono soluzioni per il Paese o che si possa pretendere di riscuoterne la fiducia. Basta con i forcaioli senza idee. I comportamenti delittuosi devono essere sanzionati, e con severità, soprattutto se sono di provenienza politica, ma se diventano fumo per la strumentalizzazione politica finisce, invece, che nessuno paga. I canali d’informazione potrebbero persino essere il valore aggiunto della comprensione e della puntualizzazione sistematica della verità di fatti, esigenze e circostanze, senza lasciarsi coinvolgere nella partigianeria politica. Ma sappiamo che non sempre è così!Si indulge spesso sui luoghi comuni o sulle parole d’ordine coniate per sintesi di suggestioni non sempre attendibili. C’è molta responsabilità di  quei settori mediatici che per comodità, servilismo e persino protagonismo fanno da cassa di risonanza alle ipotesi più suggestive. Su questo ha persino ragione Fassino quando accusa i giornali di costruire i titoli, di evocare conflitti e furbizie, di ricercare complotti da raccontare ad ogni riproporsi di una pur giusta e corretta dialettica fra i partiti o all’interno degli stessi. Non è sempre vero che dietro l’angolo ci sia sempre qualcosa, come è pur facile verificare nella vita d’ogni giorno quando svoltando l’angolo spesso si osservano le stesse cose che si son viste prima di svoltarlo. La fiction ha preso il largo nell’immaginario collettivo dove ognuno diventa regista del film della propria fantasia.E’ ora di finirla con le cagnare senza senso e con l’esercizio delle delegittimazioni. Non si può consentire che una parola d’ordine della politica, grazie alla compiacenza dei media, possa diventare la sintesi di un programma politico per chiedere al Paese di schierarsi contro. Deve essere  sufficiente il consenso elettorale perché un governo svolga il suo compito. In caso contrario qualsiasi governo resterebbe al palo dell’immobilismo. Il timore della impopolarità non può, ancora, impedire ai governi di essere spinta di rinnovamento ed intercettore della domanda di democrazia e di evoluzione di leggi e di opportunità.Cos’è un governo se non l’interprete di una fascia, la più larga possibile, di esigenze popolari? E cos’è un esecutivo se non l’anima amministrativa del Paese che debba saper mediare le richieste delle diverse fasce sociali? E’ attraverso il rapporto con le forze produttive del Paese che immancabilmente e per motivi diversi, spesso anche conflittuali, si rivolgono allo Stato per ottenere gli strumenti per rendere al meglio i propri servizi e ricavarne i mezzi necessari per vivere, per crescere, per rinnovarsi, per occupare manodopera, che si sviluppa la coscienza democratica delle popolazioni. Attraverso l’opera di equilibrio tra le esigenze delle famiglie, le politiche dell’impresa e le diverse esigenze dello stato che si mette in moto il meccanismo virtuoso che fa muovere le risorse economiche. Il rapporto costruttivo tra politica, famiglia ed impresa fa girare l’economia e contribuisce al rilascio di quelle risorse plurime ed eterogenee con cui lo Stato sviluppa i sistemi delle garanzie, della sicurezza e dei servizi.Le elezioni oggi sono l’unica via d’uscita dalla crisi delle scelte che ha afflitto l’esecutivo di Prodi. E’ persino ora inutile ricercare le causa di questa crisi. Ma è opportuno ricordare cosa chiedere alla politica per non ripetere gli errori. E’ sulla proposta politica, quindi sui programmi e sulla credibilità dei partiti a portarli a compimento, che si registri, finalmente, la volontà degli elettori italiani.