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Un blog creato da a_tiv il 28/10/2006

Il Libero Pensiero

Il blog di Vito Schepisi

 
 
 

10 DICEMBRE: GIORNATA MONDIALE DEI DIRITTI UMANI

Il 10 dicembre del 1948 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamava la Giornata Mondiale per i Diritti Umani

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI


http://www.unhchr.ch/udhr/lang/itn.htm

 

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CONDANNA DEL COMUNISMO

Risoluzione del Consiglio di Europa  n.1481 del 25 gennaio 2006 - Condanna del Comunismo

Il 25 gennaio 2006 l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa approva la Risoluzione n. 1481, che condanna i crimini dei regimi comunisti

europei.http://www.democraticicristiani.it/europa/ris_1481.html

 
 

 

Quando di nuovo sono solo le parole

Foto di a_tiv

Smacchiare il giaguaro, asfaltare l’avversario, la rottamazione, la generazione Telemaco. Sembra più una gara a scolpire nella storia la frase del secolo. Spazzatura, però, che dura il tempo di un’altra illusione. Poi s’inventerà ancora qualcosa di banale o niente, perché tornerà ciò che era, con l’ascesa di un altro che si rifaccia allo stesso pensiero di quando c’era Lui: “Governare gli italiani non è difficile, è inutile”.
La politica è cambiata. Si è trasformata non solo nella passione e negli strumenti di confronto, quanto nell’uso delle parole, nel modo e nello stile di discutere e di proporsi. Se l’effetto una volta sintetizzava la sostanza, oggi serve a creare una carica di evanescenti emozioni.
Se una volta l’effetto delle parole trascinava le folle, perché dietro ogni frase c’era una scelta di vita, una strategia per il dopo, una lotta di valori e di spazi sociali da presiedere e riempire, oggi dietro il fiume di parole c’è l’immagine di Fonzie, l’uomo di successo, il vincente, il cinico cordiale, il rampante determinato circondato da carrieristi plaudenti.
Non più i vecchi discorsi di respiro storico-culturale che affrontavano le conquiste dell’uomo e l’evoluzione dei sentimenti popolari. Non più lotta di pensiero tra scelte e strategie orientate al benessere. Sono state superate le passioni e le ideologie. Non si percepiscono più le trasformazioni sociali. Non si distingue più la disputa aspra tra progresso e conservazione. Non c’è più il confronto sulla scelta tra democrazia liberale e socialismo reale che nel secolo scorso aveva diviso il mondo in due blocchi. Ancora oggi Piero Gobetti tornerebbe a dire: “Senza conservatori e senza rivoluzionari, l’Italia è diventata la patria naturale del costume demagogico” ( La Rivoluzione Liberale).
Non c’è più discussione neanche sullo scontro di civiltà. Con l’uscita di scena di Papa Ratzinger, in Italia sono scomparse le analisi storico-culturali sui sentimenti etici che hanno visto svilupparsi nel mondo civiltà profondamente diverse. Il caso Università Sapienza di Roma del 2008 che aveva visto 60 docenti universitari opporsi alla Lectio Magistralis di Benedetto XVI, oggi, nell’era di Renzi, non avrebbe senso. Il problema non si pone neanche. Come se non esistesse.
Oggi è la generazione dell’hashtag, quella del #staisereno così ti pugnalo prima e meglio.

E’ la generazione 2.0, quella un po’ cinica e un po’ tecnologica che vorrebbe cambiare il mondo con una tastiera. 
E’ il tempo della lotta tra i nuovi barbari tra cui le volgarità, le offese, il dileggio, le accuse valgono più di una scelta. Se prima in Parlamento pascolavano molte singole capre ora pascolano le mandrie dei caproni.
La nuova frontiera della politica si è trasferita dai luoghi tradizionali del confronto (le piazze, le assemblee, i circoli, i salotti, etc.) alle sedie girevoli. Oggi seduti dietro una scrivania, in casa, dinanzi ad un video, una tastiera e un mouse si fanno le scelte. Chi c’è, c’è! La rapidità della comunicazione è diventata strategica e fondamentale. Con il tempo di un “twit” si stabilisce un orientamento o persino una nuova linea politica. Nei fatti, più che nei giudizi, quella di oggi appare una generazione più cinica e spietata.
Il risultato di questi cambiamenti? Zero o quasi. L’impressione è che ci sia più impegno per una lotta di genere e di generazione (più donne e più giovani) che non per risolvere i problemi. Forse mancano le conoscenze e le idee per affrontare le difficoltà. Se è vero che tra le vecchie generazioni ci sono stati esempi di cattiva politica, quelle nuove, però, lasciano molto a pensare. Con le “parlamentarie", ad esempio, cioè con i voti di poche migliaia di persone su internet, si scelgono deputati, senatori ed europarlamentari. L’imperatore romano Caligola fece di meglio, nominando senatore Incitatus, il cavallo a cui era molto legato e su cui riponeva tutta la sua fiducia, perché oggi nel Parlamento italiano c’è anche di peggio.
Vito Schepisi
su EPolis del 12 luglio 2014

 
 
 

Democrazia aggredita

Post n°549 pubblicato il 09 Luglio 2014 da a_tiv
Foto di a_tiv

L'Italia civile, quella delle persone che non si piegano alle mode, al "politically correct", ai luoghi comuni, ai giudizi insindacabili di una casta, ai giudizi morali della politica, all'ipocrisia di un'etica elastica, ai media appiattiti sulla voce dei poteri, alle istituzioni asservite, ai servi di ogni specie, al bigottismo di ritorno, ora deve pretendere che sia fatta chiarezza.
Venti anni di aggressioni giudiziarie hanno ridotto l'Italia alle pezze. C'è meno libertà. C'è più abuso. C'è più povertà. C'è meno fiducia.
Persino la corruzione ha alzato il tiro: è presente dappertutto negli appalti, nelle gestioni della sanità (circostanza che la dice lunga sul cinismo politico), nella gestione e prevenzione dell'ambiente (la telefonata Vendola-Archinà ha smascherato le turpi ipocrisie di chi fa il poeta col popolo). Quella corruzione in Italia che ha distrutto una banca tra le più antiche e solide, che ammorba una grande opportunità di rilancio del made in Italy, come Expo 2015, che getta discredito su una grandiosa opera ingegneristica come il Mose a Venezia.
C'è in Italia un sistema delle tangenti che ha una targa politica che è come quella del Corpo Diplomatico: è intoccabile ed insindacabile come uno spazio extraterritoriale.
Si deve fare chiarezza sul colpo di Stato del 2011, gravato anche da "intellgence" con uno stato straniero e possibili complicità con gli speculatori finanziari internazionali. Si devono conoscere i ruoli giocati da Napolitano, da Monti, da Fini, da Prodi e da altri co-protagonisti. Ci sono responsabilità da svelare su una stagione in cui scientemente si è cercato di far precipitare l'Italia in una crisi prfonda. Si deve chiedere che emerga chi ha manovrato dietro la vendita in massa da parte delle banche tedesche dei nostri titoli pubblici, cosa che ha fatto schizzare lo spread fino a quasi 600 punti.
C'è stato persino un sottosegretario al tesoro degli USA che ci ha rivelato che era stato chiesto il sostegno statunitense (al golpe) e che era stato negato.
Cosa aspetta la magistratura, il Parlamento, i media ed il mondo della cultura italiana a reagire e chiederne conto? Quali complicità e connivenze si nascondono dietro? Se ci sono stati cani, vermi e vigliacchi che hanno tramato contro l'Italia gli italiani devono esserne informati. Si devono capire le ramificazioni, le persone coinvolte, i prezzi pagati e quelli promessi. Deve essere un dovere nazionale portare i traditori ed i golpisti in tribunale a risponderne.
Non è vero che gli ipocriti e gli opportunisti sono più forti delle persone oneste e leali. E' vero solo che la gente per bene si arrende facilmente, è vero che è indotta da campagne di stampa mirate a nascondere e a far cambiare idea, è vero che protesta in modo disordinato fino a portare acqua al mulino di chi ci fa del male.
Purtroppo c'è anche chi si assuefà all'abuso di coloro che non solo ci usano, ma poi ci chiedono anche di pagare il conto dei danni.
Silvio Berlusconi nel 1994 deve aver fatto paura ai poteri forti ed alle caste italiane. La sua Rivoluzione Liberale aveva terrorizzato gli sciacalli, i fannulloni, chi viveva alle spalle degli altri, i magnaccia della politica e delle istituzioni, chi godeva di privilegi, chi si arricchiva alle spese del popolo, chi aveva imposto in italia un sistema di taglieggio su ogni cosa, chi si preparava a conquistare il potere dopo aver scardinato dal di dentro lo Stato.
Il primo Governo Berlusconi nato il 10 maggio del 1994, fiducia della Camera il 20 maggio 1994, dura di fatto fino al 22 novembre del 1994, solo 6 mesi e con l'estate di mezzo. Finisce di fatto a Napoli con l'avviso di garanzia a Berlusconi notificato attraverso la prima pagina del Corriere della Sera, mentre il leader di Forza Italia, come Capo del Governo, è lì a presiedere un vertice internazionale sulla criminalità organizzata. L'avviso di garanzia era per una indagine su Mediaset, la prima di una serie infinita, da cui Berlusconi uscì del tutto estraneo. Da allora un susseguirsi di indagini e di chiamate in giudizio in una "saga" che ha visto Berlusconi tra gli uomini più indagati e perseguitati del mondo.
Vito Schepisi

 
 
 

La nostra flessibilità sono le riforme

Post n°548 pubblicato il 08 Luglio 2014 da a_tiv
 
Foto di a_tiv

Si discute tantissimo, anche in Europa, di cosa abbia bisogno l'Italia. Naturalmente ci vogliono le riforme, perché un Paese vecchio che gira attorno alle mura altissime del fortilizio della burocrazia non aiuta la ripresa.
Le “riforme” sono come il toccasana che risolve tutto. I politici quando non hanno niente da dire parlano genericamente delle riforme da fare. Ma queste riforme che tutti vogliono e che tutti chiedono poi si insabbiano nella cenere degli incendi che le bruciano.
Basterebbe osservare chi appicca il fuoco per capire chi non le vuole. Ma non è neanche così facile. Incendiando la politica si favoriscono le lobbies e si sostengono le caste e si creano i nuovi strumenti in mano ai gattopardi della politica. L’araba fenice in Italia nasce proprio dalle ceneri di una “guerra tra bande” che dura ormai da troppo tempo.
Le conseguenze sono che la brutta politica ci restituisce solo l’Italia che non ci piace.
Se l’Europa da una parte ci nega la flessibilità, ci suggerisce dall’altra che basterebbe inoltrarsi sulla strada delle riforme per rendere meno rigido il “nein” della Merkel o i moniti del Presidente della Bundesbank Weidemann che, come una eco al Capogruppo del PPE Weber, ha sostenuto che “fare più debiti non è il presupposto della crescita”.
E come dargli torto!?
Il fatto è che le riforme che contano possono avere effetto strutturale sui conti dell’Italia in tempi medio lunghi, diciamo 36 mesi. Nel frattempo occorre quella flessibilità che consenta al Paese di portare a termine il ciclo dei cambiamenti senza troppi ostacoli. Purché sia questo il percorso e purché si facciamo le vere riforme.
Si prenda quella del sistema fiscale. Perché sia rivoluzionaria e perché garantisca la riduzione delle aliquote, e affinché serva ad abbattere l’evasione, occorre poter mettere in preventivo un minor gettito iniziale. Pagare le tasse deve essere un dovere sentito da tutti. Ma deve venir meno l’idea che le tasse siano una ingiusta rapina. Le analisi della CGIA di Mestre hanno calcolato in 140/150 miliardi di Euro il mancato gettito dovuto all’evasione. E’ una cifra enorme.
La disoccupazione giovanile sta diventando un dramma italiano. E’ una mina sociale che può esplodere da un momento all’altro. L’intervento sulle pensioni Monti-Fornero del 2012 è stato un modo cinico e selvaggio di affrontare il debito previdenziale del Paese. La questione ora andrebbe di nuovo affrontata.
Occorre un patto sociale tra generazioni, cominciando col mettere un po’ di naftalina sull’inasprimento delle anzianità pensionabili. Non si può ritardare ancora l’ingresso nel mondo del lavoro delle nuove generazioni. Se si sostituissero i più anziani con i giovani, oltre ad assicurare benefici produttivi, si scongiurerebbe il pericolo di una involuzione sociale perché i giovani che non trovano lavoro non possono mettere su nuove famiglie.
Il 43% della disoccupazione giovanile non può essere più tollerabile: costituisce una potenzialità inespressa. Tener fuori una forza lavoro di queste dimensioni, con le implicazioni che si hanno sulla domanda, sta trascinando l’italia in una spirale recessiva senza fine.
Le riforme da fare sono tante e sono tutte urgenti: si pensi a quella dello Stato, a quella della Giustizia, oltre a quelle che abbiamo citato del fisco e del welfare.
La modernizzazione del Paese e la velocità delle realizzazioni possono essere il punto di partenza per ottenere: il taglio della burocrazia parassitaria; la diminuzione dei costi di esercizio della spesa pubblica; la velocità di circolazione delle risorse economiche.
Anche il tempo è danaro, la velocità delle decisioni e delle realizzazioni crea di per se ricchezza. Mentre negli altri paesi la velocità è diventata una condizione di competitività, l’Italia è lenta e resta indietro.
Vito Schepisi

Pubblicato su EPOlis dell'8 luglio 2014

 
 
 

E' tempo di tasse

Post n°547 pubblicato il 12 Giugno 2014 da a_tiv
 
Tag: F24, IMU, IUC, TARI, TASI, Tasse
Foto di a_tiv

E’ una brutta cosa pagare le tasse in Italia.
C’è stato, qualche tempo fa, un ministro, non più sulla Terra, che sosteneva che pagare le tasse fosse bellissimo. Di certo non tutti la pensavano come lui. E neanche la pensavano come il suo vice ministro che, per di più, in tempi ancora più remoti, andava sostenendo di ricevere tanti messaggi per fax da parte di cittadini contenti di pagare le tasse in Italia.
Il piacere di pagare le tasse è perverso, ma non è una forma di perversione erotica: è ben diversa da quella degli oziosi gaudenti, ed è poco pensabile che il masochismo fiscale rientri tra le ricorrenti perversioni dell’uomo.
Di cittadini e contribuenti se ne sono conosciuti tanti, e quelli che si sono mostrati contenti di pagare sono stati soltanto quelli che non le pagavano le tasse, o che assolvevano l’obbligo in modo ridicolo, anzi offensivo. Mai incontrato un contribuente che abbia detto di aver pagato con soddisfazione una mappata di tasse.
Pagare le tasse nuoce gravemente alla salute ed anche ai buoni pensieri, al senso civico, alla buona educazione, ai modi cortesi, all’uso del linguaggio. Mi sono ritrovato, infatti, a imprecare tra i miei pensieri in modo così scurrile da dovermene persino vergognare. Neanche da ragazzo, a scuola, nota palestra della gratuita volgarità, avevo mai usato una così ricca e ‘forbita’ sequela di parolacce.
Le tasse ci fanno impazzire due volte: una per capire cosa e come si deve pagare; l’altra al momento in cui si tirano le somme e si deve mettere mano al portafoglio.
Quando arriva il momento di pagare - di solito dalla seconda metà di giugno in poi - la prima domanda che ci si pone è il perché le tasse si pagano sempre dopo la chiamata alle urne. Se si pagassero prima, in Italia qualcosa potrebbe cambiare. Invece no. Si pagano dopo. Nel frattempo, tra un salasso e l’altro, è cambiato il governo, e quello di Dracula è sempre quello precedente, mentre quello in corso è quello che dice di voler restituire il bottino ai contribuenti.
Nel tempo, la storia si ripete sempre, anche se con stili e toni diversi: ora abbiamo quello del “venghino signori”, fate la vostra puntata: “carta che vince e carta che perde”. Naturalmente a perdere è sempre l’Italia. E tutti noi assieme.
Quest’anno le novità non mancano. Le tasse sono come le erbe infestanti: crescono e si moltiplicano così velocemente da dover aver necessità di un consulente per tener dietro alle migliaia di leggi e di interpretazioni. Per mettersi in regola con le norme in vigore e con le scadenze bisogna pagare un esperto, perché se si commettono errori si paga ancora di più. Il sistema, infatti, è complicato e le modifiche sono continue. E’ difficile star dietro a tutto.
Quest’anno, ad esempio, nelle case degli italiani sono nate tante malerbe da scoraggiare l’impresa di chi si dedica al fai da te. l’Imu, la Iuc, la Tari, la Tasi - sembra, però, che siano state debellate la Tarsu e la Tares, ma senza esserne certi perché le erbe cattive non muoiono mai - l’acconto ed il saldo, le scadenze, le aliquote differenziate, i servizi indivisibili, gli inquilini e i proprietari, i comuni che hanno deliberato e quelli che non l’hanno fatto, la ricerca su internet, la differenza tra tassa (grandezza immobile) e tributo (servizio ottenuto), il governo che ha rinviato, la casa di abitazione, la seconda casa, quella a disposizione e quella locata e poi tutte le altre categorie, le esenzioni, le riduzioni, i codici, l’F24 (non è un modello d’aereo da guerra, ma l’odiato modulo con cui ci alleggeriscono le tasche).
E’ un campo di guerra! Sui beni immobili si è puntata l’artiglieria pesante. Il costo di una abitazione si paga a vita. La proprietà immobiliare è diventata una colpa su cui si sta abbattendo la scure della pena: altro che investimento rifugio nei tempi dell’inflazione; altro che fonte di reddito aggiuntivo per sostenere la perdita del potere di acquisto della pensione; altro che bene che si rivaluta nel tempo; altro che un tetto da lasciare ai figli per il loro futuro.
“Ed io pago!” Quant’è ancora attuale Antonio De Curtis, in arte “Totò”!
Vito Schepisi

Pubblicato su EPolis Bari 11 giugno 2014 

 
 
 

Renzi ci dice che l’Italia va. Ma non è così.

Post n°546 pubblicato il 08 Giugno 2014 da a_tiv

La Bce abbassa il costo del denaro al minimo storico, allo 0,15%.
Il provvedimento può favorire le imprese per la riduzione dei costi degli impieghi bancari, consentendo alle stesse di allargare i margini di redditività degli investimenti.
Draghi, ancora, annuncia operazioni di rifinanziamento a medio e lungo termine rivolti al settore famiglie, per invogliare i consumi e far ripartire, con una domanda più sostenuta, la dinamica dell'inflazione.
In Italia, però, le cose non sono così semplici. La produzione industriale sta calando e preoccupa non poco la crescita della disoccupazione.
C'è molta confusione. Anche le recenti notizie sugli scandali e le tangenti, dall'Expo al Mose, consolidano quel senso di sfiducia che induce al risparmio più che alla spesa. Il voto a Renzi alle Europee non va letto come una scelta verso il PD, ma come un voto di speranza. Gli italiani hanno voluto dar credito a un uomo che dice e promette tante cose.
Tutti, ora, sono in attesa dei fatti, ma è difficile che arrivino. Per i fatti non ci sono le condizioni politiche, e lo spettro del voto anticipato rende impraticabili le iniziative impopolari. La pressione fiscale italiana è di 4 punti superiore alla media europea e rende meno competitiva la nostra produzione. Bisognerebbe abbassarla, ma la tendenza è invece all'aumento. Tasi e Tari e altre diavolerie si preannunciano come salassi sugli italiani e si parla anche di una manovra aggiuntiva. Mancano 6 miliardi all'appello.
Le condizioni del Paese sono schizofreniche, il decreto Poletti non entusiasma: la crescita e il lavoro non decollano. Le imprese si sentono vessate e dove non arrivano tasse e balzelli, arriva la burocrazia con la sua ottusità.
I salari medi italiani sono al di sotto, per 500 euro, della media europea, mentre il costo della vita è allineato a quello della media. L'impatto è travolgente perché il costo medio della vita in Italia assorbe l'83,8% del reddito, mentre in Europa non supera il 68%. Se prendessimo a confronto alcuni dati delle condizioni di vita dei lavoratori italiani, con quelli della Germania, penseremmo al confronto dei dati di un paese europeo con quelli di uno del terzo mondo.
Facciamolo: il reddito medio in Germania è pari a 2.580 Euro al mese, in Italia è di 1.410 (meno del 55%); il costo della vita in Germania è di 37,2 Euro al giorno, in Italia è di 39,4 (in Italia la vita costa di più per 2,2 Euro. E' assurdo ma è così!); l'impatto in Germania del costo della vita sul reddito è del 43,2%, in Italia è dell' 83,8%, quasi il doppio.
Nel 2013 i risultati delle elezioni politiche avevano imposto un Governo di larghe intese. Poteva essere sfruttato per fare le riforme e con queste riprendere a fare politica, non beghe. Politica economica per riequilibrare i costi dello Stato e adeguarli alle esigenze dei cittadini, tagliando gli sprechi, i privilegi, gli abusi, i lussi. Poteva essere il momento buono per rischiare l'impopolarità prendendo decisione condivise e responsabili.
La “mission” doveva essere quella di ridurre la pressione fiscale di pari passo con la riduzione delle spese; si dovevano fare le riforme per rendere più trasparente e sicura la giustizia italiana, più efficiente e pronto il Governo, più responsabile e laborioso il Parlamento, meno arraffona e più sobria la politica e i partiti.
Niente! Dopo 15 mesi stiamo peggio di prima, con i partiti più frantumati e litigiosi, una maggioranza incapace e senza una precisa direzione politica.
C’è solo la BCE di Draghi che ci prova, con il disappunto della Merkel, a creare le condizioni per far ripartire il Paese.
Basterà?

Pubblicato su EPolis Bari del 7 giugno 2014
Vito Schepisi

 
 
 
 

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UNDICI SETTEMBRE

Crono 911: tutto su l'11 set 2001  a  N.Y.

Storia, Documenti e perizie ufficiali

su

http://nuke.crono911.org/

 

LA GIORNATA DEL RICORDO

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Il ricordo dei martiri delle foibe e dell’esodo dei 350.000 italiani, giuliani, istriani e dalmati

 

GIORNATA DELLA MEMORIA

27 gennaio 2007 Il giorno della memoria

Per non dimenticare

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Dove eravamo?

Li ho rivisti ieri sera, in bianco e nero, anime tragiche, tragici volti stupiti, adunati come gregge sperduto, chiuso tra cani pastori con sembianze d'uomo.
Latrati incomprensibili davano tremito nascosto alle loro membra, al loro il cuore; la loro anima immobile di terrore, i loro pensieri mortificati da abusi su corpi e anime.
 

Era sempre inverno in quegli anni, anche in primavera e in autunno e in estate.
Dov'eravamo noi, allora?
 

Conducevamo quei treni, tragici forzieri d'umano carico, o li aspettavamo tra la neve, quei convogli? 

Li ho rivisti ieri sera, in bianco e nero, e un attimo eterno di disperazione mi ha investita.
Disarmata e impotente ho sparso inutili lacrime nel guardarli, e ho chiesto un inutile perdono alla vita, per me e per tutti coloro che, allora, calpestarono esistenze innocenti con gli occhi dell'anima bendati.

Ringrazio sentitamente una mia cara e sensibile amica, autrice delle parole. Parole che ho condiviso e chiesto di rendermele disponibili.

 

GRIDO DI LIBERTÀ

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"Signor Presidente, lei si vanta di aver dato al nostro paese una libertà della quale non ha mai goduto, mentre l'unica libertà che ancora non ci è stata tolta è quella di respirare e camminare, per il resto non abbiamo mai vissuto in una situazione peggiore per quanto concerne le libertà individuali e collettive.

Probabilmente non condividiamo il significato della parola libertà.

In una società libera gli studenti non sono cacciati dalle università in quanto dissidenti, non sono pestati regolarmente dai suoi sostenitori perché contrari al suo governo, non si vedono negare il diritto a organizzarsi in associazioni o a pubblicare riviste.

Lei ci ha accusato di essere agenti di potenze straniere, se riuscirà a dimostrare questa sua accusa ci autoimpiccheremo per aver tradito il nostro paese.

Quelle grida che lei ha ascoltato lunedì, non erano voci individuali, era la voce di un popolo che chiede libertà, democrazia e giustizia.

Impari ad ascoltarla."

Lettera scritta dagli studenti dell'Università di Teheran al Presidente Ahmanidenejad  - Teheran dicembre 2006

 

ICH BIN EIN BERLINER! (J. F. KENNEDY 26.6.1963)

Durante la sua visita a Berlino del 26 giugno 1963, il presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy pronunciò un discorso toccante. Il suo discorso sarebbe divenuto simbolo della Guerra Fredda:


«Ci sono molte persone al mondo
che non comprendono, o non sanno,
quale sia il grande problema tra
il mondo libero e il mondo comunista.
Lasciateli venire a Berlino!
Ci sono alcuni che dicono che
il comunismo è l'onda del futuro.
Lasciateli venire a Berlino!
Ci sono alcuni che dicono che,
in Europa e da altre parti,
possiamo lavorare con i comunisti.
Lasciateli venire a Berlino!
E ci sono anche quei pochi che
dicono che è vero che
il comunismo è un sistema maligno,
ma ci permette di fare progressi economici.
Lasst sie nach Berlin kommen!
Lasciateli venire a Berlino! [...]
Tutti gli uomini liberi,
ovunque essi vivano,
sono cittadini di Berlino,
e quindi, come uomo libero,
sono orgoglioso di dire,
Ich bin ein Berliner! (sono un Berlinese).»

* * *

A berlino ci sono andato nell'agosto del 1971.

Dopo 10 anni dalla realizzazione del "muro" nella notte tra il 12 ed il 13 agosto del 1961.

Il 12 ed il 13 agosto del 1971 ero a Berlino.

Mi sono recato nella parte est della città il giorno 12, con un permesso che mi scadeva a mezzanotte, ho rischiato la chiusura del varco per una sfilata militare che m'impediva l'accesso alla Friederich strasse, unico passaggio per turisti e stranieri.

Il 13 agosto la Berlino comunista celebrava la separazione della città con una parata militare oceanica: celebrava il muro.

Ero là anche il 13 agosto mattina ad assistere.

Honeker sul palco nella Under Der Linden che arringava la folla.

La sua voce severa, dura, autoritaria.

Non avevo mai visto e sentito niente di simile dal vero.

Non capivo le parole ma ne interpretavo la violenza.

Mi sono sentito berlinese anch'io.


Vito Schepisi
 

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