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Dopo 15 udienze


Nessuna truffa Sono servite 15 udienze e la consulenza di un’agronoma, ma alla fine il tribunale gli ha dato ragione. Riccardo Antonutti, 72 anni, di Colloredo di Prato, allora direttore della Riserva di caccia di Pasian di Prato, non ha ottenuto indebiti contributi dalla Provincia e non ha quindi perpetrato alcuna truffa ai danni dello Stato. La sentenza è stata emessa, ieri, dal giudice monocratico Mariarosa Persico, dopo che anche il pm Luca Olivotto si era espresso per l’assoluzione dell’imputato. «Perchè il fatto non sussiste», la formula pronunciata in aula.Al centro del procedimento, due contributi di 11 mila 281 e 10 mila 961 euro per le stagioni 2005/06 e 2006/07. Stando all’originaria ipotesi accusatoria, per ottenerli, Antonutti avrebbe dichiarato di usare i terreni nella disponibilità della riserva per la coltivazione di colture a perdere. Le indagini avevano invece portato alla luce l’esistenza di un contratto - un comodato o un affitto - con una persona alla quale il direttore permetteva di coltivare quegli stessi terreni «con finalità di profitto». I campi erano risultati essere stati coltivati a monocoltura di frumento, colza e sorgo, invece che con almeno due essenze contemporaneamente, onde evitare la possibilità di raccolta e vendita del prodotto.«La vicenda era nata da una “fonte confidenziale”, evidentemente poco attendibile – ha affermato il difensore, avvocato Valerio Toneatto –. Nel corso delle indagini che ne erano seguiti, il Corpo forestale, pur escludendo subito qualsiasi interesse personale dell’Antonutti, aveva appunto ipotizzato una violazione della normativa regionale sui contributi alle riserve venatorie».È stato proprio il dibattimento a offrire al direttore l’occasione per dimostrare la propria buona fede. Decisiva, in particolare, la consulenza dell’agronoma Patrizia Nicoloso, che ha spiegato come le semine contemporanee di diverse specie di sementi consentano inizialmente la crescita della sola specie più forte. E che questa, togliendo luce e aria alla più debole, ne impedisce la nascita fino alla trebbiatura della prima. Da qui, secondo la difesa, l’iniziale equivoco di chi vedeva crescere solo frumento o colza. Non meno importante, ai fini della tesi difensiva, la conferma giunta dal funzionario della Provincia che aveva operato controlli a campione sui terreni della Riserva e che aveva constatato la regolarità dell’operato del direttore. Il verdetto ha dunque decretato l’annunciato “lieto fine”. «Tutti contenti – ha chiosato l’avvocato Toneatto –, dunque, tranne la “gola profonda” pasianese, che ha dato origine a un processo senza fondamento».