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Il sindaco di Pasian di Prato


Pozzo lancia l'allarmeSi sono auto-convocati come d'abitudine via telefono. Con una chiamata partita giovedì sera, quanto ormai il sole era tramontato da un pezzo. Poco fiduciosi, vista l'ora, di riuscire a mettere insieme un numero sufficiente di colleghi «per denunciare l'ennesimo schiaffo alla democrazia perpetrato da una Regione sempre più matrigna e irrispettosa». L'impresa è invece riuscita. Ieri mattina si sono presentati davanti a Palazzo ben 22 primi cittadini. Sono arrivati dai quattro angoli del Fvg. Da Sacile a Tarvisio, da Moggio Udinese a Talmassons, da Forgaria a Pasian di Prato. Fasciati nel tricolore delle "grandi" occasioni istituzionali per dire "no" alla riforma Panontin e all'intervento dei commissari ad acta nominati dalla Regione. Un "golpe" a sentire Pier Mauro Zanin, sindaco di Talmassons, «perpetrato a danno dei nostri cittadini che oggi noi siamo qui a difendere». Protesta a parte, l'iter è avanzato. In mattinata sono stati approvati i primi due dei sei statuti che mancano all'appello. Quelli dell'Uti Fella e Alto Friuli a opera dei rispettivi commissari, i segretari di Udine e Pontebba: sentiti i sindaci che hanno risposto alla loro convocazione, hanno dato il via libera alle proposte di statuto delle due Uti (lunedì toccherà a Friuli Centrale, Medio Friuli, Torre e Livenza). Uno schiaffo per i ricorrenti che sono rimasi fuori, boicottando l'incontro a differenza dei colleghi di Artegna, Trasaghis e Venzone i quali, puntuali, alle 10 si sono presentati all'appuntamento. Così come, alle 12, hanno fatto quelli di Pontebba, Malborghetto Valbruna e Resiutta. Risultato? Nel primo pomeriggio gli atti erano approvati. Sulla falsariga della bozza messa a punto dagli amministratori in conferenza, fatto salvo per una modifica, che promette di pesare nel contenzioso con la Regione. I commissari hanno infatti accolto la richiesta dei sindaci presenti e ridotto per i Comuni capofila, Gemona e Tarvisio, il peso in assemblea, portando i voti ponderali dai 4 previsti dalla legge a 3 nel caso della città pedemontana, da 2 a 1 per quella di confine. Apriti cielo. Paolo Urbani e Renato Carlantoni sono andati su tutte le furie. «Tre sindaci, in rappresentanza di una popolazione pari al 24 per cento di quella dell'Uti, pensano di poter fare a meno di qualsiasi logica democratica», ha tuonato il tarvisiano, mentre Urbani si è detto pronto a presentare un esposto alla Procura ritenendo che tali fatti integrino fattispecie di reato. «La misura è colma - ha detto -, ormai siamo peggio che in Corea del nord». Rimasti per oltre un'ora schierati fuori dalla porta della sede di via Sabbadini, i sindaci alla fine se ne sono andati inghiottendo un boccone amaro, ma più determinati che mai a continuare la battaglia contro la legge 26 tra i cui effetti c'è senz'altro quello d'aver cementato un gruppo di amministratori oggi più affiatati che mai. Ansiosi di difendere le rispettive comunità e le istituzioni che rappresentano. Parola del primo cittadino di Sacile, Roberto Ceraolo: «Non siamo qui per tutelare la sedia, ma le ragioni della nostra gente che per noi vengono seriamente compromesse da questa legge, dirigista, centralista, che allontana il governo dai territori andando nella direzione contraria alle nostre necessità». I commissari? Per il sindaco Pierluigi Molinaro (Forgaria) sono «l'ultimo atto arrogante di questa giunta». «Nessuna regione d'Italia ha un mostro come quello messo in piedi dalla Regione autonoma - ha chiosato il sindaco di Pasian di Prato, Andrea Pozzo, che guardando i commissari infilare in tutta fretta la porta del Palazzo ha commentato laconico -. Siamo di fronte a un attentato politico alla democrazia».