ciao amici
dico così perchè chiunque entri nella mia casa virtuale diventa volente o nolente un mio amico !!
dicevo....oggi vorrei che leggeste un pezzo di storia tratto dal mio prossimo libro.....a voi le considerazioni !!
"Mi fermo appena fuori dall’edificio. Guardo la pioggia fina cadere obliqua per effetto del vento freddo che soffia, quasi a volermi ricordare, nel caso me lo fossi dimenticato, che l’inverno è ormai alle porte. Penso a quante volte e come può cambiare una giornata. Questa mattina ero pieno di sogni. Progettavo finalmente la fine delle mie lunghe giornate lavorative, di comprarmi una bella villetta e di viaggiare, mentre ora, in poche ore sono tornato il solito dottore di sempre. Dopodomani mi dovrò svegliare al mattino presto e tornare nel mio piccolo laboratorio a fare gli stessi esperimenti e le stesse analisi che ormai faccio da sempre. All’ improvviso mi sento stanco. Vorrei mollare tutto e scappare in un posto dove tutti sono felici e c’è sempre il sole. Mi viene in mente l’ ultima vacanza fatta con Sara ai tropici. Un posto dove la parola d’ ordine era calma, relax e tanto sole, anche per gli abitanti del luogo che sembravano non avere fretta in ogni cosa e forse avevano proprio ragione loro. Magari avrei solo bisogno di una vacanza.
Mi decido finalmente a muovere i primi di una lunga serie di passi destinati a ricondurmi alla macchina. Entro rapidamente dopo aver chiuso l’ombrello, ma, per quanto veloce io faccia, inevitabilmente mi bagno e di conseguenza anche l’interno dell’ auto. Non che sia pulita, ma questo non contribuisce di certo a migliorare la situazione. Per l’ennesima volta mi riprometto di sistemarla non appena rientro. Prima di avviare la macchina resto ancora qualche minuto in silenzio ad ascoltare la pioggia che ticchetta sul tetto. Chiudo gli occhi e, come faccio spesso ultimamente mi abbandono ai ricordi che ho di essa. I più recenti risalgono a quando la sera riaccompagnavo a casa in macchina l’ allora mia fidanzata Sara e stavamo abbracciati per delle mezze ore ad ascoltare la pioggia, parlando a voce bassa. Mi piaceva parlare con lei in quelle sere, forse sono stati i momenti in cui l’ho amata di più. Sembrava quasi che la pioggia riuscisse a tirare fuori i nostri pensieri più segreti e le nostre emozioni più intense. I ricordi più vecchi invece a quando la mamma e il papà ci lasciavano per tutto il mese di agosto con il nonno e gli zii presso la casa in montagna. Ricordo che io e il mio fratellino dormivamo in camera con lo zio non molto più grande di noi. Prima di addormentarsi leggeva sempre attentamente pagine e pagine di fumetti. Mi piaceva sentire il rumore della pioggia che, battendo forte sul tetto della casa, ovviamente fatto in legno massiccio, si mescolava al rumore delle pagine girate lentamente. Questo mi faceva addormentare con un tale senso di serenità e di protezione che non sono più riuscito a trovare in nessun’ altro posto o momento della mia vita successiva. Inevitabilmente poi mi torna in mente il più brutto ricordo che ho della pioggia. Era una giornata grigia. Una giornata stonata all’interno di un mese in cui la pioggia non ci dovrebbe stare. Luglio è il mese del caldo, del sole, dei giochi e delle corse sui prati. Quella sembrava invece una giornata del mese di novembre.
Il cielo plumbeo e l’aria che sferzava fresca ti costringevano a sforzarti di ricordare che qualche giorno prima girovagavi, con le magliette madide di sudore, alla ricerca affannosa di un po’ d’ombra.
Ricordo che la casa era piena di parenti e persone a me fino ad allora sconosciute. La mamma aveva guardato fuori dalla finestra tutta la mattina alternando momenti di pianto ad altri di assenza totale. A turno, i parenti più stretti, andavano a consolarla con parole o frasi che probabilmente lei neppure sentiva. Non riuscivo a capire cosa dicessero, ma ad ogni parola seguiva un abbraccio e ad ogni abbraccio la mamma sussultava e ricominciava a piangere. Non volevo più che nessuno le andasse vicino, non volevo più che nessuno le sussurrasse quelle parole ma soprattutto non volevo più che piangesse. Guardando mia madre là, in controluce, attraverso quella poca luce grigia che entrava dalla sua finestra ricordo ancora cosa pensai. Giurai che mai e poi mai, in nessun momento della mia vita, avrei più permesso che ne lei, ne qualsiasi altra donna, piangesse con me accanto.
La pioggia adesso cadeva più forte sulla mia macchina e….sulla chiesa, che in quel giorno era affollata di gente. Tutti stipati in quel piccolo spazio che si frapponeva tra l’altare e il portone d’uscita. La piccola chiesetta di quartiere non aveva mai ospitato così tante persone, neanche nei momenti più importanti dell’anno. Quante volte quella piccola chiesetta aveva visto me e mio fratello protagonisti di burrascose scorribande sopra il tetto. Oppure al lato della stessa, dove con legni, cartoni e pezzi di plastica raccattati in qualche campo vicino avevamo costruito il nostro rifugio, un nascondiglio, il nostro castello segreto. Quella stessa chiesa ora lo stava salutando. E anche io lo salutavo, dentro a quella piccola cassa bianca, stava là, fermo. Ricordo che mi aspettavo da un momento all’ altro di vederlo uscire da lì con il suo solito sorriso e la sua solita frase “scherzettooo!!”. Ma non fu così ne per quel giorno, ne per quelli a seguire, ne mai.
Era l’ultima volta che quella piccola chiesetta ci avrebbe visti insieme.
Era l’ultima volta che ci avrebbe visti."
Tratto da: "La terra inversa"
Autore: Io