una corsara mora

Post N° 719


                                        
Piergiorgio Welby, co-presidente dell'Associazione Luca Coscioniscrive al Capo dello Stato Napolitano: "Serve un confronto serio""Signor presidente, voglio l'eutanasia"Video appello di un malato terminaleUN letto, un respiratore artificiale, un computer appoggiato sul comodino. Poi lui, immobile, lo sguardo fermo nella telecamera che lo riprende in un primo piano implacabile, senza via di scampo. Come la malattia - la distrofia muscolare - che lo tiene lì, prigioniero, ormai da mesi, di un corpo che "non è più mio, squadernato davanti ai medici, assistenti, parenti". Piergiorgio Welby, co-presidente dell'Associazione radicale Luca Coscioni, ha scelto di mettersi a nudo, di mostrare la propria condizione di malato terminale, per ottenere l'eutanasia. Il video è un appello-testimonianza inviato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. La non-vita scrutata dall'obiettivo della video camera scorre semplicemente e dolorosamente reale. Ancora di più perché la voce fuoricampo è quella di Piergiorgio, ma metallicamente alterata dal computer. Welby - che prima della malattia immaginiamo omone grande e grosso, con un tatuaggio sull'avambraccio, dalla zazzera scura e prorompente almeno quanto la vitalità che scaturisce dalle sue parole - non può più parlare autonomamente, non può più muoversi, non può più leggere o scrivere come faceva fino a due mesi fa anche grazie a internet. Attaccato a un respiratore artificiale, trascorre le giornate vegetando, in attesa di morire per potersi liberare da questo inumano calvario. Racconta: "La giornata inizia con l'allarme del ventilatore polmonare mentre viene cambiato il filtro umidificatore e il catheter mounth, trascorre con il sottofondo della radio, tra frequenti aspirazioni delle secrezioni tracheali, monitoraggio dei parametri ossimetrici, pulizie personali, medicazioni, bevute di pulmocare". Dettagli medici e tecnici che scandiscono un'esistenza negata in cui la persona lascia il posto al malato e la dignità diventa difficile da coltivare, anche persino da ricordare. "Io amo la vita, presidente - dice la voce metallica mentre due spilli castani perforano il video -. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l'amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso e morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita, è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche". L'autanasia, spiega Piergiorgio dal suo sudario, è un modo per sottrarre chi è come lui - non solo lui - a questo oltraggio estremo, a questa barbarie. "Se fossi svizzero, belga o olandese" avrei questa opportunità, dice, ma sono italiano e quindi "il mio sogno, la mia volontà, che voglio porre in ogni sede, a partire da quelle politiche e giudiziarie è oggi nella mia mente più chiaro e preciso che mai: poter ottenere l' eutanasia. Vorrei che anche ai cittadini italiani sia data la stessa opportunità". Un diritto, quello di vivere che, se si è malati terminali, si traduce in accanimento, in artificio. Una mostruosità. Piergiorgio cita Benedetto XVI: "Occorre ribadire la dignità inviolabile della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale". Ebbene, replica ancora la voce metallica, "che cosa c' è di 'naturale' in una sala di rianimazione? Che cosa c' è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c' è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l' aria nei polmoni? Che cosa c' è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l' ausilio di respiratori artificiali, alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte-artificialmente-rimandata? Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente 'biologica', io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico". Piergiorgio Welby lo sa che il presidente Napolitano non può essere l'artefice di un pronunciamento sull'eutanasia, nè di una soluzione politica che deve scaturire, piuttosto, dal dibattito parlamentare. "Quello che però mi permetto di raccomandarle è la difesa del diritto di ciascuno e di tutti i cittadini di conoscere le proposte, le ragioni, le storie, le vcolontà e le vite che, come la mia, sono investite da questo confronto". Spiega ancora la voce di Piergiorgio: "Una legge sull' eutanasia non è più la richiesta incomprensibile di pochi eccentrici. Anche in Italia, i disegni di legge depositati nella scorsa legislatura erano già quattro o cinque. L' associazione degli anestesisti, pur con molta cautela, ha chiesto una legge più chiara; il recente pronunciamento dello scaduto (e non ancora rinnovato) Comitato Nazionale per la bioetica sulle Direttive Anticipate di Trattamento ha messo in luce l' impossibilità di escludere ogni eventualità eutanasica nel caso in cui il medico si attenga alle disposizioni anticipate redatte dai pazienti. L' opinione pubblica è sempre più cosciente dei rischi insiti nel lasciare al medico ogni decisione sulle terapie da praticare". Piergiorgio Welby chiede innanzitutto attenzione verso chi soffre e vuole una soluzione perchè, conclude citando l'uomo di fede Jacques Pohier, "l'eutanasia non è morte dignitosa, ma morte opportuna". L'appello non può lasciare indifferenti. Il primo a rispondere è il deputato dei Verdi Tommaso Pellegrino che, da cattolico, non vuole lasciar cadere nel vuoto le parole di Welby: "E' giusto sollecitare un dibattito parlamentare su un tema così delicato. Ciò che serve è un confronto sereno tra laici e cattolici, al riparo dai condizionamenti ideologici".