una corsara mora

Post N° 82


Non pago di avere aizzato l'elettorato cattolico a seguire il comandamento vaticano astensionista, con ciò violando nella pratica il principio costituzionale della laicità dello Stato, il presidente del senato ha messo ieri in discussione quel principio anche in teoria, dichiarando finita, si parva licet, l'epoca apertasi nel 1648 con la pace di Westfalia. Il principio della separazione fra Stato e Chiesa va «ripensato», sostiene il nostro, perché il bisogno di religiosità cresce e quindi «il laicismo imposto per legge» non va più. L'argomentazione la dice lunga sulla concezione della laicità del filosofo, prima che del politico: come se essa riguardasse i contenuti legislativi e non la forma dello Stato e la garanzia della sua neutralità rispetto alla libertà d'espressione politica, ideologica nonché religiosa. Ma è inutile fare le pulci al filosofo, perché è il politico che si arrampica sugli specchi e lo sa: siccome criticando lo Stato laico si va a parare facilmente sullo Stato teocratico, e siccome bisogna con una mano benedire le radici cristiane dell'Europa e con l'altra maledire l'Islam, il filosofo ridiventa pragmatico e propone che la soglia della distinzione fra Stato e Chiesa venga stabilita di volta in volta. Per esempio, stavolta, in materia di bioetica, «ciò che oggi sembra una interferenza intollerabile della religione sulla politica o sulla scienza, domani potrà apparire una convivenza opportuna». Tradotto: ingoiate oggi lo statuto ontologico e giuridico dell'embrione e il comandamento astensionista, e domani lo digerirete