una corsara mora

Post N° 248


"La regina Elisabetta ha confermato il suo party con 8.000 invitati. La notizia è confortante, Blair si è sentito rassicurato nella sua richiesta di normalità, perché «nessuno cambierà il nostro stile di vita»: gli appuntamenti essenziali dell'esistenza non arretrano di fronte al nemico. Poco importa che i conducenti della metropolitana londinese comincino a nutrire qualche dubbio sullo scendere lì sotto ogni giorno: è disfattismo, forse sono dei disertori da punire come prevedono le leggi inglesi sul lavoro, un po' come faceva due secoli fa la regina Vittoria, appendendo a un palo i vagabondi che si spacciavano per senzalavoro. L'obbligo a sentirsi normali è una strana cosa, si aggrappa all'alibi di bombe inesplose per «difetto di fabbricazione» e ignora il segnale che esse mandano: possiamo colpire in ogni momento, in casa vostra. L'occidente si illude di essere ancora se stesso, pensa di spostare altrove il conflitto che è stato esaltato dalla degenerazione della sua natura, si difende con polizie ed eserciti, con party regali e richiami alla calma. Ma poi è costretto a dichiararsi in guerra contro il terrore. E' schizofrenia pura: mentre i media enfatizzano l'allarme e dedicano dirette di ore a massacri reali o tentati, i governanti invitano i propri governati a continuare come se nulla fosse. Oppure è un'idea del mondo: la paura - vera - serve soprattutto a giustificare altri massacri, a convincere piccoli e grandi cittadini delle metropoli a stringersi in una guerra ideologica che per combattere il nemico «infiltratosi» tra le nostre fila semina morte altrove, un po' più lontano, un po' più a sudest, dove la morte è davvero normale. In fondo laggiù dispregiano la vita e se si fanno kamikaze che problema avranno a morire sotto le civili bombe occidentali?