una corsara mora

Post N° 289


«Intercettazioni, un fenomeno abnorme»MARIA PAOLA MILANESIO «La preoccupazione è legittima. Se si escludono i sistemi autoritari o totalitari, credo che tra gli Stati di diritto l’Italia abbia purtroppo un primato assoluto: si fa un uso abnorme delle intercettazioni. Il che non autorizza nessuno a dire che si tratti di un uso illegale». Marco Boato (Verdi), primo firmatario della legge che ha dato attuazione all’articolo 68 della Costituzione e con la quale si regola anche l’utilizzo delle intercettazioni di parlamentari, non ha mai amato gli slogan. E così non ci sta ad aggiungersi al coro di chi tuona contro presunti abusi dei magistrati («Va valutato caso per caso»), contro il Grande Fratello («Il Parlamento può intervenire, se pensa che la legge abbia maglie troppo larghe»), contro la stampa spregiudicata («Il giornalista fa il suo mestiere»). La mole di intercettazioni preoccupa anche il Presidente Ciampi. Non è il segno che si è esagerato? «Sono previste come strumento d’indagine, ma un uso - che appare così smisurato - è francamente discutibile. Per questo ritengo opportuna l’iniziativa del capo dello Stato. Mi spiace, tuttavia, che l’interesse da parte della stampa per l’ampiezza del fenomeno dipenda dal ruolo dei personaggi interessati, esponenti di poteri forti, e non ci si renda conto che riguarda spesso cittadini qualunque». Le intercettazioni finiscono sui giornali e scoppia la polemica contro i processi fatti prima sulla stampa che nelle aule di giustizia. «Ci sono fasi del procedimento in cui questi atti diventano pubblici o accessibili e altre in cui sono ancora sottoposti al segreto d’indagine. Il problema, comunque, non riguarda i giornalisti: fanno il loro mestiere pubblicando carte di rilevanza per l’opinione pubblica. Ho dei dubbi, invece, su chi fornisce documenti coperti dal segreto istruttorio. È una violazione di legge e sarebbe utile accertare chi diffonde queste carte». Che cosa deve fare un giudice quando viene intercettato un parlamentare? «Se il parlamentare è indagato, l’intercettazione è possibile solo se autorizzata dal Parlamento. Nel caso di intercettazioni ”indirette” - quando non è il parlamentare a essere sotto indagine ma la persona con cui parla - il giudice ha due possibilità. Se ritiene il colloquio di nessuna utilità per il processo, ne ordina la distruzione; qualora lo giudichi utile, deve chiedere entro 10 giorni l’autorizzazione alla Camera competente». Il Csm poteva intervenire prima, senza aspettare una sollecitazione del Quirinale? «No, francamente no. Il Csm è competente in caso di violazioni disciplinari, ma può intervenire solo dopo un’iniziativa del ministro della Giustizia o del pg della Cassazione. Può esprimere pareri se ci sono proposte di legge. Penso che ora sottoporrà questa questione a una riflessione istituzionale». Si rimprovera ai pm di aver scelto la strada facile delle intercettazioni rinunciando alle indagini sul campo. È un’accusa che ha fondamento? «Anche il contenuto delle intercettazioni va sottoposto a verifica. Certo, ad esempio, sarebbe estremamente difficile farne a meno per indagini sulla mafia. E, infatti, a essere in discussione non è lo strumento ma la dimensione del fenomeno, decisamente abnorme». Il pacchetto sicurezza rende più facili le intercettazioni. È un caso di legislazione schizofrenica? «È vero, con il decreto approvato dal Parlamento si dà la possibilità di aumentare indiscriminatamente l’uso di questo strumento, sia pure con la finalità di lotta al terrorismo. Non ci sono precedenti negli ultimi 50 anni».