una corsara mora

Post N° 350


le grandi bugie"IRAQ: BUSH, COME NEL 1945 IN GUERRA CONTRO NEMICO SPIETATOLa stessa determinazione che ha portato gli Stati Uniti alla vittoria nella Seconda Guerra Mondiale e' necessaria oggi nella lotta al terrorismo, per far si' che l'Iraq diventi, come il Giappone, un fedele alleato: e' quanto il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha affermato parlando alla base navale di Coronado, nel sud della California, in occasione del 60esimo anniversario della resa del Giappone dopo le bombe atomiche americane su Hiroshima e Nagasaki."chi non prova orrore a queste dichiarazioni?tutti sappiamo le tragiche conseguenza delle bombe atomiche  e perche' l'iraq possa diventare come il giappone quante vittime si dovranno contare? I soldati  sono stati inviati in iraq  non per eroiche imprese per la salvezza o per l'onore della patria, ma per imporre la democrazia ,a una società che non sa neppure quel che vuole   mandati per che cosa? E ciò che i soldati credevano di dover fare è proprio quel che hanno fatto o stanno facendo?Se non fanno nulla di utile o se addirittura stanno facendo cose inutili, naturalmente non è colpa loro, ma dei loro capi. E per capi si intende il Presidente degli Stati Uniti.L'immagine dell'America che sta uscendo da questa avventura è peggiore di quella che in qualsiasi film si sarebbe riusciti a immaginare.a che punto è la rinascita dell'Iraq? Che cosa ha saputo fare Bush per favorirla?Saddam è stato cacciato, e va bene. Ma questo è l'unica voce attiva iscritta a bilancio a partire dal 17 marzo 2003 a oggi. Tutto il resto: liberazione accolta senza entusiasmo, elezioni che sono state (e nelle settimane successive lo si vide chiaro) una farsa, una Assemblea costituente i cui membri venivano metodicamente assassinati, un testo costituzionale infine che, conclamato da Bush ma anche dai nostri politici, come la prova provata della bontà delle ragioni dell'intervento, è stato prima ancora di nascere stracciato dalla componente sunnita dell'Assemblea stessa. Sembrava che fare una Costituzione fosse una bazzecola, per un paese liberato, pacifico, democratico: ebbene, purtroppo, le cose stanno esattamente al contrario. L'Iraq non è un paese libero, non è pacifico, non è democratico.Non per colpa sua, sia ben chiaro. Ma è passato da una dittatura sanguinaria a una anarchia assoluta nella quale la vita di chiunque non vale più di un fucile o di qualche etto di tritolo: chi esce in strada non sa se tornerà a casa. Chi va a cercare lavoro nelle forze di polizia e di sicurezza ha una probabilità altissima di morire in un attentato suicida, insieme a qualche marine americano (ne sono ormai morti quasi 2000 in Iraq). E il Segretario alla Difesa Rumsfeld nei giorni scorsi ha annunciato che a ottobre prossimo (in vista del referendum sulla Costituzione: ma come fare il referendum se la Costituzione non c'è?) le truppe statunitensi in Iraq aumenteranno.Dicono che la popolarità di Bush declini più vistosamente del solito. Non c'è proprio ragione di stupirne: fa tristezza vedere le mamme dei marine morti schernite o guardate con disprezzo dalla polizia o dai concittadini, che però non riescono a convincerle che la morte dei loro figli è stata per il bene del mondo.Si deve ormai ammettere che la storia di questa guerra è una delle pagine più tristi degli ultimi decenni. A differenza della stessa tragedia del Vietnam, quando almeno c'era chi credeva che la salvezza dal comunismo passasse da Saigon, ora non si riesce a trovare un solo straccio di giustificazione per una guerra unilaterale che doveva combattere il terrorismo e lo ha fatto crescere, che doveva instaurare la democrazia e non c'è riuscita, che doveva far decollare l'economia sostenuta dal petrolio, e invece continua ad arricchire soltanto i petrolieri americani... a proposito, vi siete mai chiesti dove vadano a finire i profitti dell'aumento del prezzo del petrolio? Il tesoro contenuto nei pozzi texani (sfruttati al minimo) si è triplicato negli ultimi tre anni, con il prezzo del barile che è passato da 20 a più di 60 dollari! Si direbbe davvero che le società occidentali, ricche, fortunate, sviluppate abbiano perso un po' la bussola, e che l'anarchia irachena stia diventando il simbolo di una perdita di senso della politica: che cosa stiamo facendo in Iraq, perché ci restiamo? Più nessuno crede alla favola dell'intervento chirurgico di una squadra di politologi che doveva costruire sul terreno un nuovo tipo di democrazia: ammettiamo il fallimento, e proviamo a riformulare il problema in altri termini. Ad esempio, la democrazia non si impone, non si esporta, la si desidera e la si vive. Ma riguarda i cittadini, non i soldati."