una corsara mora

Post N° 354


ho letto con molto interesse i post e i commenti di Miss e Fleneur..le verita' e le bugiepersonalmente ho sempre diffidato di chi afferma di dire sempre la verità. Probabilmente sta mentendo spudoratamente. Perché delle bugie - utilitaristiche, cortesi o pietose che siano non possiamo fare a meno. Sono loro, infatti, che ci permettono di "sopravvivere" in situazioni particolarmente difficili o imbarazzanti.   L'omissione,  non è una vera e propria menzogna, ma una verità taciuta. E poi, la nobilissima bugia a fin di bene, che ha l'obiettivo di risparmiare un dispiacere a un'altra persona Anche se la bugia a fin di bene  ,mi rendo conto , spesso riflette una visione un po' onnipotente di sé e una scarsa fiducia nelle capacità altrui di affrontare la realtà, per quanto spiacevole e dolorosa possa essere La bugia non è mai fine a se stessa, ma è un comportamento strategico.   Oltretutto a volte essere bugiardi con alcune persone ci permette di essere onesti con altre. Il nodo cruciale, dunque, non è tanto l'alternativa tra mentire o dire la verità, ma la scelta dei soggetti da "ingannare" e di quelli con cui essere sinceri. Dilemma di difficile soluzione, soprattutto in una società come la nostra dove la verità e la massima apertura sono considerate valori morali. "Ma non si tratta certo di dogmi universali". "In Cina raccontare la verità è considerato un comportamento stupido, perché significa scoprirsi, un po' come andare in giro nudi". Per gli orientali in generale, essere aperti e sinceri - anche tra persone con un certo grado di intimità - può costituire un'infrazione a regole sociali condivise. "Per i musulmani, l'inganno è condannato dal Corano", "Sono invece diffuse le omissioni, le cose che si tacciono per pudore". Basta pensare che nei Paesi islamici chiedere a un uomo come sta sua moglie è visto come un'intromissione nella sua vita privata. "Non dobbiamo stupirci, visto che la cultura è un modo di organizzare la realtà che cambia a seconda delle epoche e dei contesti. E non serve scomodare l'Oriente. Anche senza fare tanta strada, nella cultura mafiosa - se di cultura si può parlare - l'omertà è un comportamento legittimo, socialmente approvato e incoraggiato. Insomma, se non siamo ipocriti, dobbiamo riconoscere che nel nostro sistema sociale la verità è sì un valore, ma solo a livello teorico. Un esempio? Tutti coloro che lavorano in un'azienda sanno che, nei momenti di crisi, bisogna fingere con i clienti e con la concorrenza che gli affari non sono mai andati così bene. Certo, un conto è la strategia d'impresa, un altro i rapporti interpersonali - d'amore o di amicizia - che dovrebbero essere sempre basati sulla massima onestà e chiarezza. "Ma essere leali non significa dire sempre la verità, in ogni circostanza e a qualsiasi costo",  "Tenere qualche segreto è una prova di indipendenza e maturità: sono i bambini che raccontando tutto alla mamma, gli adulti sanno anche tacere. Soprattutto, una verità sbattuta in faccia in modo brutale può essere anche un gesto aggressivo, attuato con lo scopo preciso di ferire". Un coltello per colpire alla schiena, nascosto dall'alibi della sincerità. La bugia, dunque, è un comportamento strategico solo se isolata. Altrimenti si innesca un circolo perverso dal quale non è più possibile uscire: menzogne sempre più grandi e gravi, usate per coprire le precedenti. E dal momento che sostenere queste complicate "sceneggiature" è stressante (oltre a richiedere una memoria impeccabile), prima o poi si finisce con l'essere scoperti. A meno che non si abbia a che fare con persone che "vogliono" credere alle menzogne. Con loro il gioco funziona a meraviglia. Ma allora si esce dall'ambito delle bugie raccontate agli altri e si entra nel campo minato degli inganni che tendiamo a noi stessi. "Bugie vitali": così le ha definite Daniel Goleman, ex docente di Psicologia all'Università americana di Harvard e "scopritore" della cosiddetta intelligenza emotiva (la capacità di riconoscere e gestire le emozioni). Secondo Goleman, la mente di ognuno di noi ha una "parte cieca", incapace di vedere le cose come stanno in realtà. E' grazie a questa "lacuna" della coscienza che possiamo raccontarci le bugie vitali: realtà negate, o alterate nel loro significato, perché troppo brutali e dolorose per essere sopportate. Così ci convinciamo che se non entriamo più in un vestito dipende da un lavaggio sbagliato e non dal fatto che siamo ingrassati. O crediamo che il partner faccia tardi la sera perché trattenuto in ufficio. Fino ad accettare situazioni gravissime. Molti psicoterapeuti riferiscono come certi pazienti, che da bambini hanno subito maltrattamenti in famiglia, tendano a descrivere i genitori violenti come persone affettuose ed espansive. Magari un po' severe, ma sempre preoccupate del benessere dei figli. La bugia vitale non funziona solo a livello del singolo individuo. Intere famiglie, gruppi o sistemi sociali mettono in atto meccanismi di selezione delle informazioni, ignorando quelle potenzialmente destabilizzanti. Non bisogna quindi stupirsi se le violenze in famiglia vengono commesse per anni sotto lo sguardo di tutti prima di essere denunciate. L'autoinganno è dunque un baratto con il quale accettiamo un calo dell'attenzione in cambio del sollievo dall'ansia e dallo stress. Ma c'è un prezzo da pagare per tutto questo: la mancanza di consapevolezza. Se dunque una modica quantità di illusione può essere benefica, è altrettanto vero che ignorare i problemi ci impedisce di risolverli. Perché non possiamo cambiare ciò che non vediamo. L'antropologo e psicologo statunitense Gregory Bateson sosteneva che "esiste sempre un valore ottimale oltre il quale ogni cosa diviene tossica: l'ossigeno, il sonno, la psicoterapia e la filosofia. Qualsiasi variabile biologica ha bisogno di equilibrio". Lo stesso vale per la sincerità e l'inganno. In qualche punto tra i due poli di comportamento - vivere una vita di bugie e dire sempre la pura verità - c'è il sentiero giusto che conduce al benessere e assicura la sopravvivenza.