una corsara mora

Post N° 381


Nella legge del 1874 "trovasi sempreadoperato il genere mascolinoavvocato e mai la parola avvocatache pur esiste nella lingua italiana".Questa una delle bizzarre motivazioniestrapolata dall'arringa pronunciatadal Procuratore Generaledella Corte di Appello di Torino nelprocesso che segnò il rigetto delprovvedimento di iscrizioneall'Albo dell'avvocata Lidia Poet, laprima donna in Italia a chiedere dipoter esercitare l'avvocatura, deliberatodal Consiglio dell'OrdineForense di Torino.Correva l'aprile 1884 e il Procuratoreche aveva chiesto l'annullamentodella delibera era percronaca, Vincenzo Calenda, diTavani, aristocratico molto notonegli ambienti giudiziari e non, poidivenuto Senatore del Regno.Le motivazioni del ProcuratoreGenerale Calenda di Tavani,avverso l'ingresso delle donne nell'avvocatura,ovvero come si dicevaall'epoca della "milizia togata"motivazioni che possono sembrarestravaganti, ma che evidentementeall'epoca non lo erano, furonoin sintesi le seguenti:1) Nessuna legge aveva mai pensatodi distogliere le donne dalleordinarie occupazioni domesticheche loro sono proprie.2) Ammettere le donne all'avvocaturaera ridicolo e inopportuno.3) Il precetto del Codice Civilesecondo il quale ogni cittadinogode dei diritti civili non potevariferirsi alle donne. "In caso contrarioqueste avrebbero potuto diventareConsigliere Provinciale, elettorepolitico, deputato e voi riderestea codeste esorbitanze e neriderebbero per fermo anch'essele donne, le quali, giammaisospetteranno che le leggi concedanotanta somma di diritti, mentregoverno, parlamento, giornalismoin 35 anni di libertà non curano diattribuire loro pur una particellasola".4) La legge del 1874 non avevapreso in considerazione la presenzadi donne avvocato perchè aquel tempo queste non eranoancora ammesse all'Università, Sitrattava pertanto, sempre secondoil Calenda di Tavani, di un divieto aperorare in Tribunale che affondale radici nel tempo, fino ai romani."Le cose - disse - da quel giornopiù non mutano nella lunga trattadè secoli". Auguro all'Italia che nonabbia a sentir mai il bisogno nè didonne soldate nè delle donneavvocate".5) L'ingresso delle donne nell'avvocaturaporterebbe alla disgregazionefamiliare, riducendo i matrimoni.6) I giudici - udite udite - avrebberoperso la loro serenità di giudiziodavanti ad un'avvocatessaattraente, anche perchè la modafemminile, con i suoi abbigliamentistrani e bizzarri, non si conciliavacon la severità della toga.Sul tema si aprì un dibattito condelle prese di posizione contro l'ingressodelle donne nelle libereprofessioni che oggi farebbero rizzarei capelli non solo alle femministe,ma a chiunque sia dotato diun minimo buon senso nonchè diquel minimo di sentimento dirispetto e di civile convivenza.Il tema d'altronde, data l'epocacaratterizzata dalla prepotenzamaschile nella quale venivadibattuto, si inseriva in quello piùgenerale della parità tra uomo edonna.In definitiva più che l'indirizzo giuridico,erano le ragioni socio-culturalia sostenere la esclusione delladonna dalle libere professioni.I più illuminati insorsero contro questaconcezione a relegare ladonna ad un ruolo esclusivamentedomestico, poichè in gioco c'eral'emancipazione e la redenzionefemminile che tanto preoccupa ilnostro tempo. Così si espresse loscrittore e storico puglieseGiuseppe Maselli-Campagna.Di contro la scrittrice MatildeSerao insistè sul fatto che "ledonne avvocatesse si sarebberoesposte al ridicolo, così come tuttequelle emancipate senza talento,senza istruzione vera, senzaserietà, che vogliono votare e nonlavorare" la quale Matilde Serao fuaccusata di spingere le donne laureatea fare "la calza".La sentenza sottoscritta dalPresidente della Cassazione diTorino, Lorenzo Eula, noto giuristae futuro guardasigilli, sia pure conmotivazioni più ponderate e piùeleganti nella forma e nel contenuto,accolse le conclusioni delProcuratore Generale e respinse ilricorso della Poet.Tra l'altro si legge nella sentenzache "l'influenza del sesso sullacapacità e condizione giuridica èdovunque sempre stata tale, che ilegislatori si sono trovati nellanecessità per ragioni appunto diordine morale e sociale, non menoche per l'interesse della famiglia,che è la base della società, didove, a riguardo delle donne, riconosceree mantenere in massimauno stato particolare restrittivo didiritti...che sono considerati diragion pubblica perchè dipendentidal sistema generaledelle cose e delle azioni".La sentenza prende in esametra l'altro, anche l'istituto dell'autorizzazionemaritale, laquale, all'epoca impediva alledonne di intraprendere azionicommerciali e gestire patrimonisenza il consenso dei coniugi.Insomma il medioevo si è spintooltre le soglie del '900.Bisogna attendere infatti il 1919perchè la legge n. 1776 oltre adabolire l'autorizzazione maritale,ammise con l'art. 7 le donneall'esercizio di tutte le professionie di tutti gli impieghi pubblici.Un censimento del 1921 indica in85 il numero delle donne italianeche esercitavano l'avvocatura. Epurtuttavia le donne dovevanosubire discriminazioni anche duranteil ventennio fascista cheidentificò la missione delle donneesclusivamente nella maternità.L'orientamento antifemminista delregime è noto.