una corsara mora

Post N° 489


Benigni il poetatra ghigni idiotiUn bravo regista, un bel film. Forse imperfetto. Ma stroncato da molti critici in modo troppo qualunquistico. La provocazione di Wlodek Goldkorn  "La corazzata Potemkin? Una boiata pazzesca!!!". E' il ghigno dell'idiota che viene portato alla ghigliottina, mentre lui (l'idiota) pensa che è tutto un reality show: anzi uno Scherzi a partî, e che ride convinto che la lama si fermerà a qualche centimetro del suo collo. Certo, molto meglio Drive In, l'Isola dei famosi, La talpa. Del resto non era Gramsci a parlare de l'importanza della cultura popolare?Il ghigno (e l'idiota) li abbiamo ritrovati mercoledì 5 ottobre su un foglio semiclandestino al servizio permanente della destra e che per ragioni ignote si chiama "il Riformista". Il titolo di prima pagina, parlando del film di Benigni porta il seguente: "La tigre, la neve e una boiata pazzesca senza carrozzina".Sembra una battuta innocente, irriverente, una presa di distanza: non lo è. Non lo è, perché non comporta un giudizio estetico (come invece fa stroncando Benigni un giornale di una destra più seria, il Foglio), ma è un giudizio etico. Anzi, nel corpo dell'articolo si accusa Benigni di qualunquismo, ma poi si fa il titolo che è il simbolo della ex sinistra che dalla venerazione dei boia del Gulag è passata a quella del mondo televisivo inventato da Berlusconi.Poi c'è il caso de "il manifesto". Stefano Silvestri, un critico cinematografico e un intellettuale di solito spregiudicato, non ideologico, curioso del mondo e dei linguaggi nuovi, parlando de ''La tigre e la neve'' si trasforma in una beghina del politicamente corretto anti-imperialista. Benigni, secondo Silvestri avrebbe dovuto dire che in Iraq non ci sono medicine (il film è sul tentativo di salvare l'amata in coma a Baghdad), perché c'è stato il criminale embargo contro un criminale regime.Insomma: c'è un grande regista che ha fatto un bel film, che come tutte le cose belle è imperfetto. Ma che intanto gioca senza falso pudore, con un coraggio estremo e disperato sui sentimenti. Il film parla dei poeti: e suggerisce che la poesia è un'arma potente contro i potenti. Io guardandolo ho pensato a Nikolai Gumilev, fucilato dai bolscevichi, perché poeta. A Garcia Lorca, fucilato dai fascisti perché poeta. A Majakovskij che si suicida perché Stalin ha soffocato la poesia, e a Mandelstam che mentre viene deportato nel Gulag recita i versi di Dante, ghibellin fuggiasco.Wlodek Golkdkorn