una corsara mora

Post N° 492


Ma ci fa o ci sta? In parole più esplicite: cerca di prendere tutti per scemi ovvero non sa di che cosa sta parlando? Ormai capita sempre più sovente di doversi porre quest'interrogativo di fronte a certi annunci del premier. Come quello dei giorni scorsi con il quale è tornato a ribadire che "quello delle privatizzazioni è un discorso non interrotto e le più immediate riguardano Eni ed Enel perché sono già state quotate in Borsa e quindi andiamo sul sicuro".Sul sicuro? In realtà le intenzioni del governo in materia non solo risultano quanto mai confuse e contraddittorie, ma si collocano pure in un quadro economico e giuridico fra i più malcerti e controversi. Che ci sia bisogno di fare cassa per frenare la duplice scalata in corso, tanto del deficit corrente quanto del debito, è un fatto. Ma, in rapporto alle partecipazioni pubbliche in Eni ed Enel, i due obiettivi non sono fra loro coerenti e compatibili. E il governo al riguardo si sta comportando come chi vorrebbe la botte piena e la moglie ubriaca.Da un lato si dice, come l'appena citato che si vuol cedere sul mercato un'altra quota azionaria delle due imprese. Dunque, che il governo con il relativo incasso vuole privilegiare la riduzione del debito. Da un altro lato, però, si guarda alla pressione del deficit e allora si escogitano singolari espedienti (come la tassa sul tubo poi trasformata in una stretta sugli ammortamenti) per ricavare un po' di gettito immediato a valere sui conti di Eni ed Enel. Con il non trascurabile effetto di condizionarne le quotazioni di Borsa e di inviare un messaggio pesantemente negativo a quei grandi investitori esteri che sono stati importanti sottoscrittori delle prime quote azionarie alienate dallo Stato. Insomma, si fa una mossa che rischia di rendere non solo meno lucroso ma pure più difficile il collocamento di ulteriori titoli sul mercato.E non basta. Sia in Eni sia in Enel, la mano pubblica è ormai al limite di quella soglia del 30 per cento sotto la quale il controllo di entrambe le aziende diventerebbe contendibile sul mercato. Ebbene, per aggirare questo ostacolo, ecco che il governo Berlusconi se n'è inventata un'altra delle sue: introducendo nella Finanziaria 2006 un articolo che conferisce all'azionista-Stato poteri speciali per neutralizzare eventuali scalate non gradite. Una pensata davvero brillantissima. In primo luogo, perché così si scoraggiano i nuovi possibili sottoscrittori e quindi si deprime anche il prezzo della vendita e l'incasso per lo Stato. In secondo luogo, perché norme di tal fatta sono ormai da tempo al centro di un contenzioso con l'Unione europea che non intende più avallare né 'golden share' né altre pillole avvelenate a difesa di una proprietà pubblica minoritaria in aziende quotate sul mercato.Di tutto questo, però,il premier parla. Né pronuncia verbo sulla vera questione cruciale di un mercato energetico tuttora dominato dai due ex monopoli pubblici: quella liberalizzazione che avrebbe dovuto almeno seguire, se non precedere, la privatizzazione di Eni ed Enel. Cosicché si ritorna alla domanda iniziale: ma il Cavaliere ci fa o ci sta? dall'espresso