Creato da corsaramora il 24/05/2005
tutto cio' che ci accade intorno ..mie riflessioni e non...
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Messaggi di Ottobre 2005
Post n°504 pubblicato il 31 Ottobre 2005 da corsaramora
C'è chi ha un grande patrimonio immobiliare e gli fanno pure lo sconto sulle tasse, e c'è chi non ha una casa e deve fare una manifestazione per non finire sotto un ponte. Si apre un nuovo buco nei conti pubblici, il governo è costretto a varare una finanziaria-ter da 6 miliardi di euro, si vendono immobili e si tagliano i fondi per Anas e ferrovie ma una cosa non si tocca: l'esenzione dell'Ici per la chiesa. «Per tutte le chiese previste nell'otto per mille», specifica Palazzo Chigi. Mentre i comuni colpiti dai tagli fiscali chiedono il blocco degli sfratti, sindacati di inquilini ed associazioni scendono in piazza. 81 anni e malata, cacciata di casa |
Post n°503 pubblicato il 31 Ottobre 2005 da corsaramora
Ha finalmente potuto dimostrare, con una forza e un’evidenza che non è possibile misconoscere o ignorare, di essere una città viva e vitale, generosa e solidale. Lo ha dimostrato innanzitutto a se stessa e poi ai suoi molteplici detrattori «stranieri» ed anche locali. La notte bianca è stata ricchissima di spettacoli, da quelli di grande richiamo a quelli raffinati e poveri di Strit festival. Ma il vero, grande spettacolo è stato proprio la gente: il suo fluire ordinato ed allegro, le famiglie, gli anziani, i bambini, le mamme in attesa, gli invalidi in carrozzella. Tutti quelli che potevano, sono usciti di casa per la gioia di stare insieme, per la gioia di essere e sentirsi comunità. Una gioia che non ha dimenticato i più deboli: anche al dormitorio pubblico, come era doveroso per la Napoli solidale, si è fatta festa. Si è fatta festa in centro ed in periferia e la sfilata dei carri di San Giovanni a Teduccio è stata indubbiamente una delle manifestazioni più riuscite e partecipate. Con la notte bianca Napoli non ha certo risolto i suoi problemi gravi e urgenti. Il lavoro da fare è ancora moltissimo e già ieri (domenica mattina) quando da poco si erano spente le ovazioni di piazza Plebiscito, si è ricominciato a lavorare in un quartiere difficile come Forcella. Un lavoro quotidiano e incisivo, coraggioso e paziente che, alla fine, non potrà non portare frutti. E come a Forcella, in tanti altri quartieri della città. E allora due considerazioni. Innanzitutto un pensiero di ammirazione e di gratitudine per tutti i napoletani, per il loro comportamento civilissimo e cordiale. Un grazie ai tanti turisti che da fuori sono venuti a condividere con noi una splendida serata. Un grazie agli artisti, famosi e meno famosi, ed ai tanti, tantissimi che hanno duramente lavorato perchè la notte bianca riuscisse così bene. E poi un augurio: Napoli che in una notte di festa ha saputo essere così unita e impegnata speriamo continui ad esserlo anche nel quotidiano. Uno scorrere della vita più solidale e sincero, più spontaneo e - perché no? - gentile e misurato aiuterebbe tanto non a dimenticare i problemi, ma ad affrontarli e risolverli con la forza rinnovata che deriva sempre dall’essere e sentirsi, pur nel pluralismo delle idee e delle posizioni, comunità e comunità solidale. Rosa Russo Iervolino (* Sindaco di Napoli) |
Post n°502 pubblicato il 30 Ottobre 2005 da corsaramora
Che notte che festa!
Una corrente straordinaria di energia impetuosa, gioiosa, benefica, che ha messo a dura prova l’apparato organizzativo. Un popolo festante di cui la città aveva veramente bisogno. Un’invasione pacifica che ha rappresentato la risposta immediata ed entusiasta all’idea di farsi amica la notte. E anche la natura ha dato alla festa il suo contributo equo e solidale, regalando alla folla un clima primaverile. Fare qui la Notte bianca ha un valore simbolico che va molto al di là dei numeri, pur imponenti, della partecipazione. Soprattutto in un momento come questo, segnato spesso da giudizi frettolosi e sommari sul destino di Napoli. Ricorrere all’arte, alla musica, alla cultura per sollecitare i cittadini ad abbandonare la fortezza domestica è un segnale importantissimo lanciato alla città degli onesti. Perché se è vero che la solitudine e l’isolamento sono le vere madri dell’insicurezza e della paura che paralizzano gli abitanti delle metropoli, ritrovarsi in tanti è l’unico vero antidoto contro quel coprifuoco dell’anima che ci rinchiude in noi stessi determinando la disgregazione progressiva del legame sociale. È di questa disgregazione che si alimenta la città delle tenebre, sicura di spadroneggiare e di averla sempre vinta perché ha di fronte individui spaventati, ciascuno solo con i propri timori. La socializzazione dell’arte e della cultura, la condivisione dei luoghi, la dilatazione del tempo che allunga la notte e la rende giovane, la sensazione di essere in tanti ad avere voglia di stare insieme in amicizia hanno un valore sociale incalcolabile. Perché sono un esempio di occupazione civile dello spazio urbano che è l’unico modo per contendere palmo a palmo il territorio alla città dei violenti e a tutti coloro che dall’allarme sociale, dalla rassegnazione al peggio, traggono profitti materiali e immateriali. Il fatto che tutto questo concorso di donne e uomini in festa abbia come scena la notte ne accresce l’effetto simbolico e l’impatto emotivo. Perché significa cambiare segno all’oscurità, ancestrale tana della paura. Non a caso l’antica dea della notte era figlia del caos, e madre della discordia, del sonno e della morte, e i nostri antenati al calare della sera si barricavano in casa in attesa del nuovo giorno. Trasformare la paura in festa, la solitudine in condivisione, ha il significato di un rito di passaggio, afferma la volontà di voltare pagina. Come se la Notte bianca fosse per Napoli un suo capodanno speciale. Il fatto poi che per questo esperimento sociale siano giunti rinforzi da tutta Italia è cosa che fa allargare il cuore. È segno inequivocabile che la città non è sola. È vero che i simboli non bastano da soli a cambiare le cose, ma è anche vero che essi hanno lo straordinario potere di sintetizzare una realtà complessa in un’immagine semplice. Niente è chiaro come l’opposizione fra il giorno e la notte. E questa volta Napoli - con i due milioni di persone in piazza - la notte l’ha illuminata a giorno. il mattino |
Post n°501 pubblicato il 29 Ottobre 2005 da corsaramora
WASHINGTON - Si sentivano sicuri, invulnerabili, onnipotenti, i cavalieri della guerra preventiva e i loro scudieri. Quando cominciarono nel 2003 le indagini sulla "fuga" del nome di un funzionario della Cia coperto dal segreto, risero, dissero che era un "nadagate", un "nothingburger", una polpetta di aria fritta. Loro erano i neocon, i liberatori del mondo, i cavalieri della giustizia, i "Vulcans" come erano stati soprannominati ricordando i guerrieri invincibili di Star Trek, e avrebbero distrutto chiunque avesse osato mettersi sulla loro strada. |
Post n°500 pubblicato il 29 Ottobre 2005 da corsaramora
BUGIARDO In un'intervista a La7 che verrà trasmessa lunedì il premier dichiara Silvio Berlusconi
L'intervista, registrata alla vigilia dell'incontro del premier con il presidente George W. Bush a Washington, verrà replicata lunedì 31 ottobre alle 17 all'interno di uno speciale La7. Il colloquio con il premier verrà commentato in studio da Ferruccio De Bortoli (Il Sole 24 Ore), Giovanni Sartori (politologo) e Renato Farina (Libero). (29 ottobre 2005) |
Post n°499 pubblicato il 29 Ottobre 2005 da corsaramora
L'omicidio del vice presidente della Regione Calabria è un fatto grave, ma le reazioni, i commenti e gli atteggiamenti che ne seguono dovrebbero preoccupare molto di più. Il sintomo è sì doloroso, ma la malattia è diventata seria da far paura. Potrei sintetizzarla con un neologismo: ipocrazia, col significato primario di ipocrisia al potere e con quello secondario di basso livello della capacità di governare. Ma il colore politico non è rilevante: governo e opposizione sono l'uno sintomo della malattia dell'altro. Infatti questo malanno c'è sempre stato, solo che ora provoca guai che non sono più accettabili da una umanità progredita nella teoria molto più di quanto non riesca a mettere in pratica, vivendo così ben al di sotto delle sue possibilità. Guerre, ammazzatine, dittature e schiavitù potevano essere perfino elogiate, ma ora le consapevolezze diffuse non ci consentono di non vedere le stupidità che incombono. E si dovrebbe poter finalmente credere in ciò che si sa. Ormai tutti sanno che il re è nudo, ma l'ipocrisia è al potere perché ha il potere di proteggere le connivenze: se queste sono diffuse e numerose si crede anche agli asini, volanti e non. Sintesi di scenario "culturale". La società reale si è resa conto che la società formale non è affidabile. Le notizie fanno piangere, altre fanno ridere, mentre le barzellette sono pervase di serietà e di saggezza. Se la faccenda è seria, ridiamoci su. I comici sono sempre più seguiti con entusiasmo ed ammirazione. Le stupidità del grande mondo (povera America) coprono quelle nazionali, che appaiono come svagate leggerezze. Gli ospedali chiudono le entrate e le galere aprono le uscite. La giustizia fa paura solo agli onesti e agli sprovveduti. Come ex funzionario, dopo trenta anni in una banca ora anche lei ex, ho capito che la verità è un materiale grezzo, a cui bisogna dare forma; che bisogna conoscere la verità per poterla meglio gestire (mistificare); che pulizia e trasparenza per banche e assicurazioni (ma non solo) sono elementi mortali; che non è vero che i bancari sono troppi: sono le banche che danno troppo poco, ma non sono ancora capaci di guadagnare perché preferiscono continuare a lucrare. Se le opportunità senza opportunismi sono come valute senza corso legale; se vediamo facce da marpione dovunque; se la disaffezione alla speranza ci fa perdere il coraggio di pensare, come si può utilizzare quella residua e caparbia volontà di fare cose banalmente buone? L'omicidio in Calabria è avvenuto in occasione delle primarie. Oltre a ricordarmi che in democrazia non c'è lotta, perché c'è il voto, tale coincidenza mi suggerisce l'idea che basterebbe permettere a milioni e milioni di uomini di far valere le loro scelte su fatti concreti e chiari, per mettere in difficoltà i fetenti del mondo. Possibile che tutto il buon senso che gronda da internet, radio, tv e giornali non possa essere modernamente selezionato e strutturato per fare in modo che le opinioni diventino azioni? Ho imparato che i politici temono la democrazia se non riescono a gestirla, ma credo che la convenienza di utilizzare bene il bene sia ora tanto banale che da più parti si metta mano all'attuale spreco di idee e di gente. Giacomo Della Guardia - NAPOLI Anche io, come fanno i nostri politici, voglio inviare un severo monito alla mafia, alla camorra, alla 'ndrangheta e, perché no, anche alla sacra corona unita: attenti mafiosi, se verrà il tempo in cui per combattervi veramente serviranno le parole, i proclami e i dibattiti invece dei fatti, le vostre organizzazioni saranno rapidamente distrutte e voi finirete sul lastrico. Paventate, paventate. Angelo Rossi - MILANO Il dottor Della Guardia con un ragionamento severo e articolato, il signor Rossi con un lampo di ironia, dicono la stessa cosa, in materia di criminalità organizzata: troppe parole, poche azioni. Ciascuno sa che le mafie sono l’ostacolo allo sviluppo del Sud: se non si riesce a infliggere loro colpi decisivi; se di tanto in tanto riaffiorano le tesi di appoggi segreti in alto; se neppure a cadaveri eccellenti - Falcone, Borsellino, altri uomini esemplari prima di loro: magistrati, politici, giornalisti, gente normale - si è resa effettiva giustizia, vuol dire che il Sud interessa poco. È storia amara di questi ultimi anni, ma non solo. Speriamo che abbia ragione il dottor Della Guardia: è tanto evidente l’urgenza di affrontare il problema che forse si capirà che è l’ora di gestire bene il bene - non manca, in questo paese - mettendo da parte, su certe questioni vitali, la caccia ai voti. dal mattino d napoli |
Post n°498 pubblicato il 26 Ottobre 2005 da corsaramora
L’approvazione della nuova Costituzione irachena da parte di un’ampia maggioranza rappresenta una tappa importante del cammino dell’Iraq verso la democrazia. Ma non rappresenta ancora la sua piena affermazione, perché non può essere considerata democratica una società che resta profondamente divisa, e non per motivi politici - come può avvenire anche nei paesi dove la libertà è solidamente radicata - ma etnici e religiosi. Com’è noto, gli sciiti e i curdi hanno votato a favore e i sunniti, in massima parte, contro (ma è già un fatto positivo che siano andati a votare Nella nuova Costituzione, inoltre, sono contenuti alcuni princìpi, come quello che fa della «sharia» una delle fonti del diritto, anche se non la fonte esclusiva, che possono destare legittime preoccupazioni, soprattutto a proposito della futura posizione delle donne. Le quali avranno però la possibilità di lottare, nella futura assemblea, per affermare i loro diritti. La Costituzione irachena del 1990 non assegnava nessun diritto particolare agli sciiti, mentre ne concedeva alcuni ai curdi (la terza grande etnia del paese). Si fondava, infatti, sull’affermazione del nazionalismo, sia curdo sia arabo (una definizione, questa, in cui erano compresi sunniti e sciiti). L’articolo 4 riconosceva che l’Islam era la religione di Stato, ma il 19 affermava l’eguaglianza di tutti i cittadini, prescindendo dalla loro appartenenza a una particolare religione: «I cittadini sono uguali di fronte alla legge, senza discriminazioni dovute al sesso, al sangue, al linguaggio, all’origine sociale e alla religione». Veniva così sancito il principio dell’attribuzione alle donne degli stessi diritti degli uomini ed era impedita ogni applicazione della «sharia» che li limitasse. Da questo punto di vista, perciò, si dovrebbe dire che essa era più avanzata di quella approvata nel 2005. In realtà, i diritti sanciti dalla Costituzione di Saddam Hussein rimasero sulla carta. Le etnie curda e sciita furono perseguitate. La minoranza cristiana ottenne delle garanzie che ad alcuni dei suoi esponenti sembrano oggi minacciate, ma lo Stato iracheno rimase comunque una dittatura. Che cosa sarà l’Iraq in futuro dipenderà dai rapporti di forza che si stabiliranno al suo interno. Essi saranno determinati con il metodo delle elezioni, ma queste riusciranno a pacificare il paese soltanto se la minoranza sunnita, forte soprattutto a Baghdad, accetterà il confronto democratico, rinunciando ad appoggiare la guerriglia e isolando il terrorismo. Non sarà facile. I problemi irrisolti, anche se non si vuole tener conto degli uomini di Al Zarqawi, sono numerosi e gravi. Nell’accordo tra uno dei maggiori partiti sunniti e il governo che ha preceduto il referendum sulla Costituzione è stato previsto che la futura assemblea avrà il potere di apportarvi qualche modifica. Ma esse non potranno certamente ridare ai sunniti il predominio che avevano sotto Saddam Hussein. L’incognita è proprio nella loro accettazione della nuova e per essi più sfavorevole situazione. Questa riflette indubbiamente i reali rapporti di forze esistenti nel paese. Ma il metodo della conta dei voti adottato per misurarli, che a noi sembra il più accettabile, potrebbe non apparire tale in un paese dove le motivazioni etniche sono ancora nettamente prevalenti. L’esistenza di partiti sciiti che si oppongono alle tendenze religiose radicali e il fatto che la più importante guida religiosa degli sciiti, Al Sistani, abbia promosso finora una politica di moderazione, fa ben sperare. Ma il governo dovrà trovare interlocutori validi tra i sunniti, anche a costo di fare loro qualche concessione. Dobbiamo augurarcelo tutti. L’alternativa sarebbe infatti la disgregazione dello Stato iracheno, che determinerebbe nell’intero Medio Oriente una situazione potenzialmente esplosiva |
Post n°496 pubblicato il 26 Ottobre 2005 da corsaramora
Le ultime bombe di Baghdad e le parole di Ciampi dovrebbero richiamare tutti alla realtà. Non c'è soluzione militare per l'inferno iracheno. Non c'è pasticcio elettorale che possa cancellare l'emarginazione politica di un'intera parte della popolazione tra il Tigri e l'Eufrate. Non c'è giustizia per Nicola Calipari che non metta in discussione i rapporti tra Usa e Italia, con un dietrofront immediato delle nostre truppe dall'Iraq e l'assunzione di una prospettiva di politica internazionale che dichiari la guerra un infrangibile tabù. E non c'è altra strada che la mediazione, la trattativa per risolvere i conflitti tra gli stati, proprio come pensava Nicola Calipari mentre riportava a casa Giuliana Sgrena. Almeno finché i popoli risapranno parlarsi, lasciando a governi, eserciti e bombaroli il vuoto del loro niente. |
Post n°495 pubblicato il 25 Ottobre 2005 da corsaramora
Così è (se vi pare) è tratta dalla novella La Signora Frola e il Signor Ponza, suo genero contenuta nella raccolta Una giornata. Il titolo, dal sapore ironico, racchiude la problematica esistenziale che Pirandello affronta nella storia: l’impossibilità di avere una visione unica e certa della realtà. Il tema sarà attentamente sviscerato nel romanzo del 1926, Uno, nessuno e centomila, ma appare già chiaro in questa commedia nelle parole proferite da Lamberto Laudisi: «Io sono realmente come mi vede lei. — Ma ciò non toglie, cara signora mia, che io non sia anche realmente come mi vede suo marito, mia sorella, mia nipote e la signora qua — … Vi vedo affannati a cercar di sapere chi sono gli altri e le cose come sono, quasi che gli altri e le cose per se stessi fossero così o così». Queste battute poste a inizio commedia, quasi un’introduzione fatta dall’autore stesso per chiarire quale sia il punto cruciale di tutta la vicenda, mettono subito il lettore o lo spettatore di fronte a una prospettiva diversa che li allontana dal banale pettegolezzo. Tutto un paese si affanna per sapere quale sia la verità intorno allo strano comportamento della famiglia Ponza. La curiosità nasce dal fatto che la sedicente madre della Signora Ponza, la Signora Frola, non vive con la figlia e il marito, anzi non entra neanche in casa loro, comunica con la figlia solo attraverso dei bigliettini scambiati per mezzo di un cestino calato dalla finestra. Alla Signora Frola la gente pone insistenti domande, e la poveretta si vede costretta ad asserire che il Signor Ponza, avendo perso nel terremoto tutti i suoi parenti, ha un amore ossessivo per la moglie che gli impedisce di farla uscire di casa e di far incontrare madre e figlia. Dal canto suo il Signor Ponza sostiene, invece, che la Signora Frola sia impazzita, poiché crede che la figlia morta, la prima signora Ponza, sia ancora in vita, scambiandola con la sua seconda moglie: per non deludere la suocera e per non importunare la nuova Signora Ponza, non permette che le due donne s’incontrino. Poiché non c’è maniera di confutare nessuna delle due affermazioni, la gente, smaniosa di dover a tutti costi attribuire una maschera e un ruolo ben definito ai componenti di questa famiglia, non può fare altro che interrogare la Signora Ponza, convinta che solo così finalmente si possa venire a capo del ginepraio. Ma la donna, che entra in scena velata, a simboleggiare l’impenetrabilità della verità, afferma di essere la seconda moglie del Signor Ponza, per il marito, e la figlia della Signora Frola, per la madre, ma per se stessa nessuna: «Io sono colei che mi si crede». Per Pirandello quindi l’uomo non ha una propria essenza a priori, l’uomo diventa una persona solo sotto lo sguardo degli altri, assumendo tanti ruoli e tante maschere, quante sono le persone che lo vedono. |
Post n°494 pubblicato il 25 Ottobre 2005 da corsaramora
e mentre la guerra continua,il processo contro saddam è stato aggiornato al 28 novembre sia per privarlo di un palcoscenico dal quale contestare l'occupazione del suo paese sia perché gran parte dei testimoni ha preferito non presentarsi al tribunale In realtà la sentenza è stata già scritta e il processo sarà un mero spettacolo» ha dichiarato Khalil al Dulaimi l'unico avvocato difensore di Saddam Hussein, ammesso in aula che ha poi aggiunto «Non potrà mai essere un processo giusto od onesto, perché la Corte si è posta allo stesso tempo come giudice, giuria e pubblica accusa». Bush si augura che l'ex-presidente iracheno venga ritenuto colpevole di genocidio, di crimini contro l'umanità e di crimini di guerra e per questo condannato alla pena capitale e giustiziato. Il solo elemento di incertezza è costituito dall'alternativa fra l'impiccagione e la fucilazione. Saddam finirà sulla forca se verrà considerato un criminale civile. Sarà fucilato se verrà processato come capo supremo delle forze armate del suo paese Naturalmente saranno in molti, non solo in Occidente, ad applaudire a questo processo e alla sua conclusione. Sarà fatta giustizia, si dirà, grazie a un nuovo «Tribunale di Norimberga» che rivelerà al mondo i crimini nefandi di un dittatore sanguinario. La sua sconfitta politica sarà consacrata dall'annientamento morale del condannato e dal sacrificio rituale della sua vita. Questa liturgia è indispensabile perché la vittoria sul nemico sconfitto sia completa e sulle sue ceneri si instauri un nuovo ordine politico: quello democratico, generosamente esportato dagli Stati Uniti con una guerra inventata quanto criminale. E' naturale che il popolo iracheno percepisca questo processo non come un'espressione della propria sovranità, ma come uno strumento del potere degli Stati Uniti. E si tratta di un potere che non si presenta certo con le carte in regola per erigersi a paladino della causa dei diritti umani. Basterebbe considerare le infamie di Guantánamo, di Abu Ghraib e di Bagram in Afghanistan. E soprattutto ricordare che gli Stati Uniti sono stati lungamente alleati e complici di Saddam Hussein nella guerra contro l'Iran e che ne hanno addirittura sottaciuto i gravissimi crimini, in particolare il massacro dei kurdi con l'uso del gas ad Halabja, nel 1988. il manifesto |
Post n°493 pubblicato il 25 Ottobre 2005 da corsaramora
Era il 9 settembre del 2004. I giornali americani si accorsero, con enfasi e angoscia, che in Iraq erano morti mille soldati americani. I volti dei caduti, la commozione, e per la prima volta, anche, le proteste: perché per tanti mesi quei volti erano stati nascosti? Così quella cifra simbolica divenne un argomento della campagna elettorale fra John Kerry e George Bush. Fra commozione, indignazione e retorica patriottarda. Il sito del New York Times, ad esempio, pubblicò uno speciale in memoriam: decine di quadratini grigi allineati uno accanto all’altro, come lapidi di un cimitero virtuale. Forse illudendosi che quello shock visivo potesse indebolire l’ideologia neo-con. A poco più di un anno di distanza, e a meno di un anno dalla rielezione di Bush alla Casa Bianca, i morti sono diventati duemila. Segno che la guerra in Iraq non è finita, segno che la mortalità dei soldati americani è aumentata: quasi tre al giorno, in media. Uno stillicidio senza fine. Ma come reagirà ora l’America? Lontano dai clamori della campagna elettorale, Bush sarà costretto a spiegare, difendere la sua politica, indicare una via d’uscita. Compito non facile. Per la prima volta dal 2003, rivela un sondaggio pubblicato da The Wall Street Journal, la maggioranza degli americani (il 53 per cento degli intervistati) giudica che la guerra contro Saddam sia stata un errore, mentre il 44 per cento ritiene che la situazione stia peggiorando di giorno in giorno, e addirittura il 61 per cento non nutre alcuna fiducia nelle possibilità di successo della politica irachena di Bush. l'unita' |
Post n°492 pubblicato il 24 Ottobre 2005 da corsaramora
Ma ci fa o ci sta? In parole più esplicite: cerca di prendere tutti per scemi ovvero non sa di che cosa sta parlando? Ormai capita sempre più sovente di doversi porre quest'interrogativo di fronte a certi annunci del premier. Come quello dei giorni scorsi con il quale è tornato a ribadire che "quello delle privatizzazioni è un discorso non interrotto e le più immediate riguardano Eni ed Enel perché sono già state quotate in Borsa e quindi andiamo sul sicuro". dall'espresso |
Post n°491 pubblicato il 24 Ottobre 2005 da corsaramora
Due anni. Quanto basta per dire che una riforma del mercato del lavoro non c'è stata. Quanto basta per bocciare la legge 30 che ha prodotto sole false illusioni e precarietà. Così, nel giorno in cui questa legge compie due anni, oltre 2,5 milioni di precari tra co.co.pro, collaboratori occasionali, collaboratori con partita iva, assunti con contratto di somministrazione (ex interinali per capirci) e associati in partecipazione, “festeggiano” da atipici con una mobilitazione nazionale promossa da Nidil-Cgil, dall’Arci e dall’Ucca (unione circoli cinematografici Arci).
In 150 città italiane il 19 ottobre è stata la giornata di protesta nazionale contro il lavoro senza diritti e tutele e nel corso della mobilitazione e' stato proiettato gratuitamente il film «Il Vangelo secondo Precario» il primo lungometraggio prodotto dal basso, ideato, girato e montato in maniera assolutamente indipendente da vincoli di contenuto. Un altro modo per dire no. Dura faccenda quotidiana con cui si fa a pugni tutti i giorni, argomento d’elezione nelle conversazioni tra amici, preoccupazione costante negli incubi notturni di cui, però, il cinema nazionale sembra non accorgersi. «Il precariato è assente dalle produzioni cinematografiche italiane - sottolinea il regista 29enne Stefano Obino - relegato in documentari sui casi limite, sugli stereotipi da call center che alla fine creano distacco da situazioni in continua evoluzione. In questo film si parla invece di varie tipi di precari, compresi quelli con lauree e master destinati in teoria a lavori sicuri e ben pagati. La realtà è ben diversa, il precariato riguarda tutti, atomizza uomini e donne considerandoli contratti più che persone». Ecco dunque le vicende di Marta, impegnata in un’improbabile indagine Ixtat, di Dora, stagista televisiva a cui regolarmente vengono rubate le idee, di Franco, aspirante scrittore e agente finanziario per vivere, di Mario, avvocato in attesa di diventare socio dello studio legale. Per parlare seriamente di flessibilità, guarda caso, ci doveva pensare un gruppo di giovani direttamente coinvolti dal problema che attraverso internet hanno raccolto decine di storie vere dai loro coetanei. l'unita' |
Post n°490 pubblicato il 23 Ottobre 2005 da corsaramora
PAOLA PEREZ il mattino |
Post n°489 pubblicato il 22 Ottobre 2005 da corsaramora
Benigni il poeta
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