SENSATEZZA

Post N° 22


 Osservare l'odiodi Jiddu Krishnamurti"Nessuno ti può insegnare ad amare. Se si potesse insegnarel'amore iproblemi del mondo sarebbero molto semplici, no?... Non è facileimbattersinell'amore. È invece facile odiare e l'odio può accomunare lepersone... Mal'amore è molto più difficile. Non si può imparare ad amare: quelloche sipuò fare è osservare l'odio e metterlo gentilmente da parte. Nonmetterti afare la guerra all'odio, non star lì a dire che cosa orribile èodiare glialtri. Piuttosto, invece, vedi l'odio per quello che è e lascialocadere...La cosa importante è non lasciare che l'odio metta radici nella tuamente.Capisci? La tua mente è come un terreno fertile e qualsiasi problema,soloche gli si dia tempo a sufficienza, vi metterà radici comeun'erbaccia edopo farai fatica a tirarla via. Invece, se tu non lasci al problema iltempo di metter radici, allora non sarà possibile che esso cresca efinirà,piuttosto, con l'appassire. Ma se tu incoraggi l'odio e daiall'odio iltempo di mettere radici, di crescere e di maturare, allora l'odiodiventeràun enorme problema. Al contrario, se ogni volta che l'odio sorge tulo lascipassare, troverai che la mente si fa sensibile senza diventaresentimentale.E perciò conoscerà l'amore".In un passo evangelico Gesù dice:"Non resistete al male" (Mt 5, 39).Tutto questo è in piena consonanza con la nostra pratica meditativa. Simedita anche per eliminare la nostra vergognosa abitudine a fare dellanostra mente un terreno fertile all'odio, nel quale essoattecchisce, simoltiplica e ci domina.È un esercizio che il buon meditante porta sempre con sè, anche fuoridallanostra sala di meditazione. Una buona pratica qui conduce ad una buonapratica là fuori, e viceversa: ricordiamoci sempre questa regolaevidente atutti coloro i quali meditano già da un po' di tempo.Facciamo un esempio.Sono in autobus, seduto in un posto non riservato ad anziani o apersone condifficoltà motorie. Dentro l'autobus c'è molta gente, tutti iposti a sederesono occupati e anche le persone in piedi sono di un certo numero.Entra unasignora anziana, con evidenti difficoltà nel destreggiarsi; si guarda ingiro in cerca di un posto libero, io la noto e le lascio la mia sedia.Lasignora si siede senza ringraziarmi.Bene: cosa succede a questo punto?Nella stragrande maggioranza dei casi, nasce in me un moto di stizza, diantipatia per quella donna. Diciamolo pure: odio. Siamo abituati adassociare questa parola a grandi eventi, alla guerra, a relazioniveramenteconflittuali. Ma è da queste piccole situazioni che l'odio sigenera in noi;è qui che comincia a sedimentare in noi questo automatismo.Dunque mi accorgo che spesso e volentieri anche le azioniapparentemente piùmorali, più giuste, tante volte sono dei piccoli ricatti camuffati, deidout des: io faccio questa buona azione, ma dall'altra parte ci deveessere untornaconto. Ti faccio un piacere? Bene, ma te lo devo fare pagare in unmodoo nell'altro: attendo un tuo ringraziamento o un tuo gesto di pienariconoscenza. Faccio qualcosa che viene considerato moralmente elevato?Allora mi aspetterò un riconoscimento da parte di qualcuno, lafamiglia, gliamici, la società, le persone che mi circondano.Invece se vogliamo sviluppare la qualità della benevolenza e dellaequanimità, due aspetti molto importanti nella pratica dellameditazione,bisogna cercare di svincolarci da tutto ciò. È essenziale partire daquestepiccole situazioni - che piccole poi non sono! - per poi procedere versoquestioni più pesanti: è come sollevare i pesi, si inizia dal poco epoi,quando si è dovutamente allenati, si aggiungono altri chili al nostrobilanciere.Dunque, quando il seme dell'ira, dell'odio sta subdolamentefacendo ingressonella nostra mente, noi ci fermiamo, lo osserviamo, creiamo uno spaziovuotoattorno a lui, ed esso in brevissimo tempo scomparirà.Anche qui, come nella pratica meditativa, molto importante è nongiudicareil male che fa capolino, ma solo osservarlo in modo distaccato, senzavalutarlo in alcun modo. Lo stato subito seguente a questa operazionesaràqualcosa simile ad una quieta soddisfazione, un pacificato piacere: noncisiamo fatti ingabbiare dalla nostra reazione automatica che genera innoiodio al presentarsi di una certa situazione nella quale ci veniamo atrovare; siamo riusciti a svincolarci da un funzionamento puramentemeccanico della nostra persona, abbiamo consapevolmente osservato emutatoil nostro stato. Si fa in noi quindi chiara la sensazione che su questavia,se perseguita, non si può che giungere ad estirpare un'abitudinemalefica esostituirla con un'abitudine benefica.Ogni giorno si presentano innumerevoli occasioni per esercitarsi inquestomodo. Davanti ad ognuna di esse abbiamo due possibilità: o continuare adessere succubi delle circostanze, comportandoci come delle macchine cheacerti input danno sempre certi output; oppure svegliarci dal nostrosonno,scegliendo un percorso di liberazione dalla nostra angusta situazione.Cosascegliamo?