Brevetto per il maiale?FTAOnline06 luglio 2006 Un maiale col numero di brevetto non s'è mai visto ma alcuni già se l’immaginano Vogliono privatizzare la porchetta. Un maiale col numero di brevetto non s'è mai visto ma i vertici della Monsanto già se l'immaginano: a febbraio del 2005 hanno inoltrato alla Wipo (la World inctelletual property organisation) due domande per brevettare il suino, che non è esattamente un'invenzione industriale. E la Wipo, a sua volta, le ha inoltrate in ben 160 paesi, tra i quali non compare l'Italia, ma questo non varia l'eclatanza del fatto. Tra i requisiti previsti dalla legge sui brevetti, al suino gliene mancherebbero parecchi: non è propriamente figlio della tecnica, non rappresenta una nuova specie vegetale (grugnisce), né, tantomeno, possiamo considerarlo una novità: lo alleviamo da migliaia di anni. Ma intorno alla sua carne girano 38 milardi di dollari ogni anno. Quindi la Monsanto tira dritto e Greenpeace, che ne ha scoperto il tentativo, assicura che non si tratta di una buona notizia. Il problema è etico, visto che parliamo di brevettare essere viventi. E anche economico, poiché, se il brevetto fosse consentito,devasterebbe letteralmente l'economia sui cui fanno affidamento migliaia di allevatori in tutto il mondo. Alcuni tipi di maiali, la loro discendenza, e l'uso delle informazioni genetiche per allevarli potrebbero essere interamente posseduti da Monsanto ; qualunque riproduzione, anche involontaria, o qualunque infrazione del loro brevetto, comporterebbe delle royalty (o la galera) per il trasgressore. Se le politiche commerciali della multinazionale fossero quelle che conosciamo, ci troveremmo presto intere zone del mondo colonizzate da una famiglia di suini debole, esposta a malattie di ogni tipo e costosa come l'oro. La politica della Monsanto in termini di brevetti è cosa nota da tempo. La denuncia dell'ennesimo atto di bio-pirateria arriva da Nuova Dheli: "Abbiamo scoperto che la Monsanto ha presentato una domanda per brevettare maiali con determinate caratteristiche e alcuni metodi di allevamento", ha dichiarato Eric Gall, durante una conferenza sulla biodiversità e, appunto, sulla biopirateria. L'intento è chiaro: "Stanno cercando ancora una volta di controllare il cibo". In questo modo, non solo si mette a repentaglio la sicurezza alimentare globale, ma si danneggia l'economia di milioni di famiglie di contadini, che quando tutto va bene sono taglieggiati dalle royalty, quando qualcosa va storto, è la rovina. Talvolta l'arroganza della multinazionale sembra superare la barriera della decenza, cercando di brevettare alcuni aspetti dell'agricoltura e dell'allevamento su cui non ha alcun diritto: nel 2003 aveva brevettato il mais messicano e nel 2004 il Nap Hal, cioè il frumento indiano. "Un vero e proprio furto ai danni degli indiani," dice Federica Ferrario di Greenpeace, "nel brevetto non c'era nulla di nuovo rispetto al frumento che gli indiani usano da centinaia di anni e che ha fatto la fortuna del loro pane chapati". Per la cronaca, entrambi i brevetti sono stati revocati in seguito alla battaglia legale condotta da Greenpeace. La guerra per la proprietà intellettuale non riguarda solo il software. Si combatte giorno per giorno nelle aule di giustizia, nei parlamenti e negli organismi internazionali come il WIPO. Queste organizzazioni, costituite in maniera non elettiva, lobbizzate e lottizzate dalle multinazionali, rappresentano paradossalmente l'ultimo baluardo (assediato), in questa fase, nostro e di chi ci difende. Arriverà la scritta "Patented" anche sulla mortadella?
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Brevetto per il maiale?FTAOnline06 luglio 2006 Un maiale col numero di brevetto non s'è mai visto ma alcuni già se l’immaginano Vogliono privatizzare la porchetta. Un maiale col numero di brevetto non s'è mai visto ma i vertici della Monsanto già se l'immaginano: a febbraio del 2005 hanno inoltrato alla Wipo (la World inctelletual property organisation) due domande per brevettare il suino, che non è esattamente un'invenzione industriale. E la Wipo, a sua volta, le ha inoltrate in ben 160 paesi, tra i quali non compare l'Italia, ma questo non varia l'eclatanza del fatto. Tra i requisiti previsti dalla legge sui brevetti, al suino gliene mancherebbero parecchi: non è propriamente figlio della tecnica, non rappresenta una nuova specie vegetale (grugnisce), né, tantomeno, possiamo considerarlo una novità: lo alleviamo da migliaia di anni. Ma intorno alla sua carne girano 38 milardi di dollari ogni anno. Quindi la Monsanto tira dritto e Greenpeace, che ne ha scoperto il tentativo, assicura che non si tratta di una buona notizia. Il problema è etico, visto che parliamo di brevettare essere viventi. E anche economico, poiché, se il brevetto fosse consentito,devasterebbe letteralmente l'economia sui cui fanno affidamento migliaia di allevatori in tutto il mondo. Alcuni tipi di maiali, la loro discendenza, e l'uso delle informazioni genetiche per allevarli potrebbero essere interamente posseduti da Monsanto ; qualunque riproduzione, anche involontaria, o qualunque infrazione del loro brevetto, comporterebbe delle royalty (o la galera) per il trasgressore. Se le politiche commerciali della multinazionale fossero quelle che conosciamo, ci troveremmo presto intere zone del mondo colonizzate da una famiglia di suini debole, esposta a malattie di ogni tipo e costosa come l'oro. La politica della Monsanto in termini di brevetti è cosa nota da tempo. La denuncia dell'ennesimo atto di bio-pirateria arriva da Nuova Dheli: "Abbiamo scoperto che la Monsanto ha presentato una domanda per brevettare maiali con determinate caratteristiche e alcuni metodi di allevamento", ha dichiarato Eric Gall, durante una conferenza sulla biodiversità e, appunto, sulla biopirateria. L'intento è chiaro: "Stanno cercando ancora una volta di controllare il cibo". In questo modo, non solo si mette a repentaglio la sicurezza alimentare globale, ma si danneggia l'economia di milioni di famiglie di contadini, che quando tutto va bene sono taglieggiati dalle royalty, quando qualcosa va storto, è la rovina. Talvolta l'arroganza della multinazionale sembra superare la barriera della decenza, cercando di brevettare alcuni aspetti dell'agricoltura e dell'allevamento su cui non ha alcun diritto: nel 2003 aveva brevettato il mais messicano e nel 2004 il Nap Hal, cioè il frumento indiano. "Un vero e proprio furto ai danni degli indiani," dice Federica Ferrario di Greenpeace, "nel brevetto non c'era nulla di nuovo rispetto al frumento che gli indiani usano da centinaia di anni e che ha fatto la fortuna del loro pane chapati". Per la cronaca, entrambi i brevetti sono stati revocati in seguito alla battaglia legale condotta da Greenpeace. La guerra per la proprietà intellettuale non riguarda solo il software. Si combatte giorno per giorno nelle aule di giustizia, nei parlamenti e negli organismi internazionali come il WIPO. Queste organizzazioni, costituite in maniera non elettiva, lobbizzate e lottizzate dalle multinazionali, rappresentano paradossalmente l'ultimo baluardo (assediato), in questa fase, nostro e di chi ci difende. Arriverà la scritta "Patented" anche sulla mortadella?