Cuori disadorni

adunanza a Cala Maestra


   Nessuno ci abbandonò su un isola deserta. Nessuna condanna o bolla fece di noi degli eretici, nessun balivo affisse grida che decretassero per noi vita randagia ad oltranza. D' altra parte frequentammo per lungo tempo la locanda dell'ammiraglio Benbow ed anche se il giovane Jim Hawkins non lo conoscemmo di persona, avemmo però il privilegio di incontrare un marinaio in pensione che in gioventù era stato imbarcato agli ordini del capitano Smollet. Il vecchio non si ricordava bene se la nave cui aveva lavato i ponti fosse l'Hispaniola o la Caines, ma questo non è un anacronismo perchè i nostri giorni, i nostri mesi, i nostri anni li facciamo noi, sono nostri e ci appartengono come noi apparteniamo a loro ed ai nostri ricordi che spesso, sempre più spesso, somigliano a scorticati sogni di ruggine e salmastro, a lampeggi di fari nel buio, a ostinate e sgraziate voci che violano la notte sul mare avventura, sull'isola Inferno o sull'isola Eden, o davanti alla grotta di Montecristo.Ogni tanto si riuniscono delle comitive, sulla piccola spiaggia della cala. Li vedi raccolti intorno a sgargianti borse di plastica, ombrelloni, materassini, asciugamani multicolori. Qualcuno dice che il divertimento vero inizi all'imbrunire, quando dal largo nessuno è più in grado di scorgere la spiaggia nascosta tra gli scogli. Unirmi ad un gruppo già formato mi crea sempre un certo disagio, ma ho un mezzo invito, o almeno mi pare, a meno che non abbia preso un abbaglio. Comunque basta non avere la pretesa di divertirsi per forza. Mi dirigo verso di loro col sorriso di uno che risponde ad un altro sorriso, senza guardar nessuno negli occhi. Hanno una certa aria intatta, devo dire, anche se non sembrano fatti tutti d'un pezzo. Sapete no? quell'aria di chi se ne va a testa alta anche da nudo, quell'aria da vaso antico rotto ma rattoppato con cura. Alcuni riposano appoggiati ad un gomito, altri se ne stanno seduti a stella alla beduina, altri ventre sulla sabbia e teste lisce vicine, c'è anche qualche mano bruna che avvicina una sigaretta alla bocca rossa, potrebbe essere Rosso Fuoco, o Morte Rossa o Fossa Rossa o Mela Rossa: non me ne intendo tanto di rossetti; ci sono occhi che rispecchiano il blu del cielo o il verdemare, occhi d'oriente, occhi cangianti con la luce e l'ombra:i suoi, e finalmente posso sorridere davvero."Allora l'hai trovata, la Cala Maestra", lei mi dice.Ho seguito il mio istinto, le rispondo, cala delle donne, cala delle civette. "Ma spiegami", le faccio, "da dove viene tutta questa gente?""Alcuni di noi vengono da molto lontano", lei mi risponde, "ci incontriamo tutti gli anni per celebrare il trionfo dello spirito umano in situazioni molto avverse. Siamo tutti naviganti, superstiti di avventure, di spedizioni disastrose, di tragedie varie. Siamo tutti orfani di qualcosa, vedove e vedovi di qualcos'altro, scampati a matrimoni e naufragi. Questo è il 121° raduno degli allegri superstiti".Che bello, dico io.Un tale che mi sta osservando da un po', mi s'avvicina e dice: "Lei ha una faccia molto familiare. Dove ci siamo già incontrati?""S'incontra tanta di quella gente", gli rispondo."Ancora non siamo tutti", dice lui, "qualche escursionista s'è perso, mi sa"."Normale, no?" rispondo io.Si accovaccia accanto a noi. Traccia segni sulla sabbia."Dopo cena restiamo seduti assieme a raccontarci le storie intorno al fuoco acceso", dice, "spero che le storie le piacciano"."Come a Ferragosto?", gli chiedo."Storie di fantasmi?", gli chiede lei, "proprio come al campeggio dei Boy Scout?Mi piacevano un sacco quando ci sedevamo intorno ai falò".L'uomo abbassa lo sguardo e si morde un pollice."A volte la gente fa delle cose impensabili per tornare a casa. Sana e salva", dice, "cose impossibili, cose meravigliose. E dopo, lei pensa che tornino a casa? No. Scoprono che è molto, molto meglio continuare a navigare. In realtà è difficile fermarsi".Questa cosa mi ricorda qualcuno, forse più di uno, ma non insisto."Ma lei è sicuro di conoscermi?", gli chiedo."Mah. D'altra parte che cos'è in fondo un nome, eh? Dopo un po' i nomi non sono altro che un souvenir. Ho conosciuto dei tali, ho visitato dei luoghi, mi permetta di raccontarle dei paesi che ho visitato, mi permetta di presentarle alcuni amici,  quella là è la signora Burrasca, il signor Libeccio, la signorina Tempesta, il signor Maroso e la signora Onda, e quello laggiù è il signor Giù per i Fondali sopra un Guscio di Noce."In lontananza sento un lupo ululare. Il che mi pare strano. Questo non dovrebbe succedere in un'isola in questo quadrante. "L'hai sentito anche tu?" chiedo a lei."Cosa?""Un lupo che ulula". Il lamento si perde in un riverbero lontano."Non ci sono lupi, qui". Mi guarda in modo strano, dopo.Un vento leggero porta l’eco di una specie di canto rauco e sgraziato. Qualcosa che ha a che fare con uomini ed una bottiglia di rhum per conforto ed io di nuovo le chiedo:"L'hai sentito anche tu?""Cosa?""Quello è Ben Gunn. Ne riconosco la voce"Il rauco canto si frange sulle rocce del silenzio."Non c'è nessun Ben Gunn, qui, ch'io sappia".Da qualche parte una chitarra tenta una melodia. Una voce cantinelante dall'accento portoghese si confonde con lo sciaquìo delle onde. Non sapevo che Manuel fosse qui, ma ripensandoci non poteva non esserci. Come al solito torniamo. Partenze e ritorni. Ogni volta uno ciao e spiegazioni non ne servono nel luogo dove abitiamo. Niente di solido e tutto disegnato da sguardi che volano lontano, per chi viene da lontano, per chi ha visto tanto mare nell'ebbrezza del viaggio e nel dispiacere del ritorno e per chi non ha potuto attraversarlo, il mare, per chi è rimasto a terra, fino al prossimo imbarco, in attesa sul molo a spiare un orizzonte perfettamente dritto da una terra perfettamente sregolata, disordinata ed anche un po' svuotata, divisa tra il qui ed il laggiù, il lassù, l'insieme ed il distante ed il tempo che passa, logorante.