Cuori disadorni

continenti e pavimenti


  Tutto era stato ormai scoperto, frugato, tutto era già stato posseduto. La cosa in sè non era poi così grave poichè nel mondo delle cose che non si vedono, come lassù in cielo, o sul destino o sul mare che mi s'apriva davanti, c'erano ancora miglia e miglia da percorrere e continenti da esplorare ed io ero l'uomo più scemo del mondo, quello che aveva sempre tanto da imparare. La terra continuava a rotolare su e giù per l'universo, la luna ed il sole si davano il consueto cambio ma qualcosa era cambiato, qualcosa che due o tre profeti ed un poeta adamantino dal volto ossuto di pietra, dallo sguardo puntiglioso e dalla voce di bambino avevano previsto. I continenti vaganti sarebbero scomparsi, frantumati nella noia, nell'indifferenza, nell'isolamento, nello sputtanamento delle idee, trasmutati in continenti fantasma abbandonati all'estinguersi delle miniere di illusioni, nessuno li avrebbe più cercati, era o non era il prezzo del progresso? era o non era l'odore dei facili sogni a pagamento? signori e signore grazie, abbiamo scherzato, buona vita. Ma c'era sempre qualcuno che gridava.Che sono queste grida? il barman rimase paralizzato dal timore versando il cognac sul granito del bancone, i pochi avventori dell'ultima serata guardavano impietriti dalla sorpresa, una cameriera scovò la voce per strillare come una pazza, le note di "Applausi" come bolle si disintegrarono nell'aria ed io mi scheggiai verso l'arco dell'ingresso, giusto in tempo per vedere Bond che si prendeva un manrovescio e veniva spinto via. Ruzzolò per terra rosso come un peperone, e l'orda passò sul suo semicadavere. Erano i paventati prezzolati demolitori dei club che proprio nell'ultima serata, quella che sarebbe dovuta essere la notte più tranquilla della stagione, erano venuti per riscuotere la loro liquidazione. Erano un paio di macchinate di picchiatori abituali, alcuni dei quali conosciuti. Sfoggiavano soprannomi come Katanga, Veleno, Enzima e via così. Quel che restava dei miei colleghi ed io ci facemmo sotto mettendoci gli orologi in tasca, decisi a ributtarli fuori. Lo sputo fu più veloce di me: non l'avevo visto arrivare. Mi si sparpagliò fra l'occhio sinistro e lo zigomo colandomi sulla guancia. Il fracasso dei dintorni e le grida sparirono d'incanto dalle mie orecchie. Il pugno che  tenevo pronto nella mano destra si trasferì immediatamente su quella faccia dalla cui bocca colava un filo schifoso di saliva. Ci afferrammo reciprocamente per la gola e iniziammo il solito strano balletto fatto di spinte e testate. Ma quello che mi fece imbestialire fu il rumore di strappo della camicia. Una camicia nuova di seta, un occhio della testa per la direzione. Liberai la mano destra dal collo dello sputacchiatore e riuscii ad incuneare tre dita tra le sue gengive morsicanti quindi strappai verso destra.  La testa gli si piegò di lato, allora con il ginocchio destro lo colpii sulla faccia un paio di volte.  A quel punto tornai a guardarmi intorno ma prima che potessi fare qualcosa per difendermi qualcuno mi caricò un calcio rotante e mi scagliò per terra. Pavimento pavimento pavimento. Mi rialzai con la guardia alzata, riuscii a parare un altro calcio, gli afferrai la caviglia e mi ci avvitai per sradicargliela dalla gamba, cadde urlando qualche cosa che sapeva di dolore e stavo per zompargli sullo stomaco invece mi sentii stritolare la pancia e sollevare da dietro. Mulinai di braccia e gambe nel tentativo di liberarmi dalla presa. Caddi bocconi sul pavimento come corpo morto cade. Pavimento pavimento pavimento non riuscivo a far leva e a rialzarmi, qualcuno grosso s'era appiattito  sulla mia schiena. Piedi piedi piedi, il primo calcio lo presi sul fianco destro, sicuramente di punta mentre mani a coppa mi coprivo il basso ventre ne presi un altro sul fianco sinistro che mi mozzò il respiro, allora non mi restò che farmi piccino piccino, piccolo feto aggomitolato sul pavimento sperando che smettessero o si dimenticassero di me, vedi come sto fermo? Respiravo a fatica, tutto si confuse, pavimento pavimento pavimento, ma niente mi faceva male. Colpivano qualcun altro, sperai, poi più niente.