Cuori disadorni

..Guten tag..?


“Lo sbandamento finì per verificarsi dappertutto e riconosco che nemmeno noi comunisti ne fummo pienamente immuni.La nostra colpa fu di dare nei confronti di quella irruzione giovanile un apprezzamento eccessivamente positivo, senza comprendere che la classe operaia era estranea a simili fenomeni di intolleranza  e di violenza vera e propria.” Amendola, dieci anni dopo il ’68.La barista, una piacevole bionda di mezz’età, non lo perdeva un’attimo di vista.Dopo avergli servito una scodella di caffè con annesso un cilindretto in alluminio contenente panna ed un cioccolatino Lindt, si era seduta dietro il banco, nascosta tra espositori di bonbons,  e cianfrusaglie rovinadenti varie.Chissà che ci faceva un italienisch seduto tra i suoi tavoli ornati di tovagline e fiorellini secchi?Manrico fumava e faceva finta di leggere il Corriere.Il caffè era la solita americanata, lungo e sciapo come lo sanno fare gli svizzeri ed essendo l’unico avventore e non volendo approfittarsi della ‘gentilezza’ della Signora bionda si era sentito in dovere di doppiare l’ordine.Guardò l’ora su un classico orologio a ‘Cucù’ appeso tra altre carabattole inutili alla parete di fronte.Era un ora civile per telefonare.Si ficcò il corriere in tasca, prese la borsa  ed avvicinò la sedia al tavolo.Poi prese la tazza ed andò a posarla sul banco.Sorrise civettuolo alla bionda e mise una banconota nuova di zecca sopra la cassa.Ricevette di resto un paio di manate di spiccioli ed un’occhiata gelida.” Guten tag..” o almeno così gli sembrò di aver detto mentre usciva, rispondendo al campanellino che risuonò nell’aprire la porta.Guardò in alto e vide il meccanismo di leveraggio che faceva chiudere la porta e suonava il “ dindon”.Geniali, questi svizzeri.Alla prima cabina telefonica libera s’infilò dentro e trasse dal portafogli un biglietto.Compose il numero.” Pronto..? “” Mi sono liberato del ponpon..”” Ah.Sei tu.Hai fatto la consegna?”” Niente da fare.Non c’è.E’ fuori per lavoro.Forse stasera.Così mi ha detto la sua segretaria.”” Dove sei?”“ Per strada.Stanotte ho dormito da un amico della segretaria.Africano anche lui, come te.Senti un po’..quando lo vedi il colonnello?”” Perché?”” Lo sai perché.Son stufo di questa storia.Voglio un lavoro vero.” ” Lo vedo in loggia, alla prossima.”“ Dove?”“ In Toscana.”“ Quella di sempre?”“ Sì.”” Guarda di dirgli qualcosa.Va bene che mi ha visto una volta sola, ma si dovrebbe ricordare di me.”” Lo sai ch’è sordo come una campana.Non mi posso mettere ad urlare là dentro.”“ Fatti un biglietto col mio nome e cognome.E scrivici qualcosa.Tipo: questo è tempo di sistemarlo.Ha famiglia.”” Farò il possibile.”” Non voglio che a mia moglie tocchi ‘il tronco della vedova’.Voglio smettere.”” Stai tranquillo.E’ tutto a posto.”” Qualsiasi lavoro, purchè sia in Toscana.Ok?”” Ok.”“ Vado.”Manrico riattaccò.Si fidava dell’Uomo dal Naso Camuso.Di qualcuno bisogna pur fidarsi, nella vita.Quell’uomo gli era piaciuto sin dal primo momento, anche se non era mai stato possibile guardarlo negli occhi.Sempre nascosto dietro a lenti nere.Li aveva intravisti di lato, i suoi occhi.Erano azzurri ed infiammati, sempre lacrimosi.Un’infiammazione presa in Africa, diceva.Si fidava anche del colonnello.Peccato fosse sordo.Eppure era ai vertici.Forse l’avevano messo lì proprio per quel motivo.Come faceva ad essere a conoscenza di tutto?Forse ne usavano il buon nome.Le cose stavano prendendo una piega non prevista.Erano passati i tempi di ‘facciamo l’amore non la guerra’ o ‘facciamo la rivoluzione, facciamo l’amore.’.Non era più una tempesta di giovinezza.Dopo la strage alla banca le vecchie volpi avevano cambiato strategie, manipolando e strumentalizzando tutto, ai margini e nell’ombra.’Vogliamo tutto e subito, e fare quello che ci pare.’Solo uno slogan, ma capace di far impensierire i padri borghesi che subito sentenziavano ‘Si sa come si comincia e non si sa come si finisce’.E dove si finisce.Lui come c’era finito lì?Non si era mai interessato di politica.Non ne aveva avuto il tempo e nemmeno la voglia.Sapeva quali erano i suoi alleati naturali e basta.Si sentiva a disagio con quelli della controparte.Non riusciva nemmeno a capirli quando parlavano a forza di ‘cioè’ ‘ nel momento in cui’, perdeva il filo del discorso e rimaneva lì, fingendo di ascoltarli ed invece misurava la distanza dalla quale gli parlavano.Gli erano lontani come la Luna, verbosi ed incomprensibili, attaccati con le unghie ed i denti agli specchi sui quali secondo lui scivolavano, riempiendosi la bocca di ‘ismi’ e di teorie fallaci ed astruse, delle quali la storia avrebbe fatto giustizia.Ma nel frattempo, nel presente, lui doveva fare la sua parte.Quale era la sua parte?Il disegno gli era in parte noto.Anche se lui era un piccolissimo dente dell’ingranaggio, sapeva la direzione nella quale girava la ruota.Ma era una nebulosa confusa, quella che s’intravedeva, qualcosa che non era possibile mettere a fuoco, al di là degli slogan, ché ognuno ha i suoi.Aveva i suoi dubbii su molte delle persone che aveva conosciuto.Pochi di cui avere stima.E quei pochi temeva contassero sempre di meno.E tutti i sotterfugi cui erano costretti, a volte gli sembravano ridicoli.Forse non erano dalla parte della ragione?Almeno per un buon 50% della popolazione era così.Ma gli altri erano in grado di fare molto più rumore.Manrico compose un altro numero.Una voce femminile gli rispose in tedesco.Articolò a stento un ‘Fraulein Mélanie’ e rimase ad attendere.” Pronto? Sei tu?Manrico..?”” Sì Mélanie.Si sa niente del tuo capo?”” Devi portar pazienza.Sai che era in Italia anche lui?”” Come in Italia?E dove? “” In Toscana, vicino Firenze..credo.”Manrico smoccolò all’indirizzo delle buone organizzazioni.”Ma quando torna?”” Tra due o tre giorni.”” Ma porc..”“ Dove sei?”“ Non lo so.”“ Cosa vedi intorno a te?”Manrico guardò fuori dalla cabina.“ Sono lungo il fiume.Niente di notevole.Sull’altra sponda c’è un locale coi vetri tappezzati di ‘Vermicelles’ di tutti i tipi.Tre vetrine.Quasi di fronte ad un ponte.”” Ho capito.Aspetta lì che vengo a prenderti.”” Bene.Aspetto.”Mélanie avrebbe dovuto essere urtata da quel fuori programma.Non avrebbe mancato di farlo notare al ‘suo’ capo.Con tutto il lavoro e le responsabilità che aveva doveva anche sorbirsi le visite di tipi strani come quell’italiano.In pratica nello stabilimento era lei che comandava, quando ‘lui’ non c’era.Dalle sette del mattino fino alle 22.Avevano un bel malignare alle sue spalle.Certo:aveva un Mustang.Certo: aveva sistemato in fabbrica suo fratello.Certo: era la donna del Capo.Ma a tutti gli  effetti era lei che mandava avanti la baracca.Almeno quella delle macchine tessili..Degli altri capannoni in periferia non ne aveva mai saputo niente.Ma dovevano rendere un bel po’ anche quelli, visto che gli ordini il Capo andava a prenderseli di persona.Comunque non era spiacevole uscire ogni tanto dalla fabbrica, nei giorni di lavoro.Non gli accadeva mai di andare in centro se non il sabato.Poi trovava piacevole parlare un po’ d’italiano.E parlare con quell’italiano.Se ne dicevano tante sugli italiani.Chissà se era tutto vero quello che si diceva.Le scappò da ridere a quel pensiero, ma non potè fare a meno di avvertire qualcosa  di liquidamente  caldo e urgente.Gli uomini son tutti uguali, sotto qualsiasi latitudine, ma qualcuno è un po’ meno uguale e così nascono pensieri strani per la testa. Dette gas e la Mustang rosa, poco abituata a correre, si sentì riavere.“ Eccolo là, quel tipo” pensò Mélanie “ sempre con quella borsa tra le gambe.”Mentre pensava chissà perché le venne l’idea che tra le gambe quel tipo aveva anche qualcos’altro.” Smettila Mélanie” si rimproverò.Manrico aveva scorto l’auto rosa da lontano.Ma fece finta di non averla vista, come se fosse distratto.Non era superbia, ma non voleva apparire tanto sveglio.Era il suo modo di fare.Faceva il tonto o quasi.Gli piaceva far credere di essere un po’ lento, così di solito le persone lo prendevano in coglionella, e si lasciavano andare.Poi si rifaceva e con gli interessi.Ma con calma.Senza fretta.Questa Mélanie, col suo Mustang, viaggiava veloce in tutti i sensi.Si sentiva una prima della classe.Lui si sarebbe messo all’ultimo banco.In fondo.Le avrebbe preso le misure.Mélanie si affacciò al finestrino sorridente.“Sali?”Manrico girò intorno alla Bestia Rosa, aprì il basso sportello e si sedette, mettendosi la sua borsa sulle cosce e tenendola come se fosse un bambino.” Ti porto a casa mia, va bene?” ” A casa tua?” Manrico non chiedeva di meglio, ma parlò come se fosse stupito e contrito.”  Sei sicura che non ti disturbo?”” Gli alberghi a Zurigo costano un occhio della testa” Mélanie lo squadrò dall’alto in basso, come se sapesse quanti soldi aveva in tasca.” Non voglio esser di disturbo.Posso dormire in stazione.”“ Guarda che qui non siamo in Italia.Alla stazione è vietato dormire.”” Hanno ragione quelli che dicono ‘Vietato vietare’, allora.”Sgommando la Mustang si allontanò dal marciapiede.“ Uh,” disse Manrico” che t’è preso?Niente polizei, stamani?”” Perché?Hai paura?”  ” Dipende.”” Da cosa dipende?”“  Dipende dal tipo di pericolo.A volte si è prede e a volte predatori.”Mélanie rallentò e si voltò per guardarlo.” Oggi cosa sei?”Manrico ricambiò lo sguardo.“ Oggi sono preda e predatore insieme.” Stette un secondo in silenzio e poi:” A che ora si va a pranzo a Zurigo?Ho fame.” le sorrise, sornione.