Cuori disadorni

Brusìi


 
  Il punto cinque.Il dado è stato lanciato.L’asso. Prigioniero dello spazio quattro.Non sempre si può scegliere.Quasi mai si può scegliere.Mai si può scegliere.A volte sembra di scegliere. Sembra di sopprimere le discordanze. Sembra di non fare compromessi, di congiungersi agli ideali, ai percorsi giusti, agli spazi sereni. Per noi e per gli altri, i cui destini intersecano i nostri.Nel visibile, ciò appare a volte reale. Nell’invisibile si arrovellano i dubbi, i pentimenti, le  nostalgie.Non esistono verità e certezze senza remore.Si cerca solo di conciliare il visibile con l’invisibile. Il più possibile.Che non strida. Che non ci tormenti.- Cosa fai per vivere? –Era un bel po’ che Manrico si aspettava quella domanda, ed anche molte altre.Del resto era una domanda che spesso e volentieri si era posto anche lui.- Per ora non lo so nemmeno io, Mélanie.Diciamo che sono in cerca. -La musica non li disturbava.Era stata sapientemente ammaestrata.Lasciava discorrere i clienti seduti sui troppoli che circondavano il banco bar, una specie di ‘boxe-ring’, all’interno del quale alcune bionde bar-girls in attillati e rossi e lucenti shorts e minime cannottierine bianche si muovevano veloci per facilitare le sbornie degli avventori.Il rosso- nero ed il dorato si sprecavano nel ‘Red Hell’.Il DJ stava rivisitando i successi dell’anno precedente.Manrico si era levato la soddisfazione di bere un single malt, anche se lo sguardo della ragazza  che gli aveva versato il drink, centellinandolo e quello di Mélanie, gli avevano rivelato due cose.La prima che la bar-girls gli aveva sorriso civettuola perché lo aveva preso per  uno in soldi e questo era sbagliato.La seconda che Mélanie si era stretta a lui, quasi per rivendicarne la proprietà, e questo era proprio giusto.Molto giusto.- Sei un pazzo. – disse Mélanie, ridendo e nascondendo il suo viso sul petto di Manrico.- Pazzo?! – le chiese Manrico, stupito -  perché pazzo? - - Il whisky di malto..con quel che costa qui!Vedi nessuno che beve whisky?Guardati intorno. -Manrico aveva ben altro da guardare.Non aveva occhi che per lei.- Perché?C’è qualcun’ altro qui intorno?Io non vedo nessuno.Vedo solo te. - Ciononostante dette un’occhiata in giro.Mélanie gli si strinse ancora più stretta, ed infilò  il braccio destro sotto il sinistro di Manrico che si teneva il mento e la guancia, appoggiato al banco. - Accendimi una sigaretta.Accendila tu, per me. -Manrico accese una Gitanes, secca e tosta, senza filtro, fatta coi tabacchi Caporal.Senza bagnarla, tenendola un mezzo millimetro appesa alle sue labbra, di lato.- Non aspirarla, mi raccomando, e non bagnarla, che ti finisce il tabacco in bocca. – Mélanie gli offrì la sua bocca semiaperta, come se volesse dagli un bacio.- Le tue labbra sono troppo, per queste sigarette. – sorrise Manrico, guardandole la bocca e desiderando già di infilarla con la sua lingua.Per un attimo pensò ad un’ altra bocca, bella e carnosa come quella, anch’essa sua.Un sottile senso di colpa lo sorprese, uno stridore che di colpo fece scomparire il rock e Mike Jagger, Mélanie ed il suo profumo, il luogo stesso in cui si trovava.Vide una donna sola.In una piccola casa.La ‘sua’ donna, quella cui aveva giurato fedeltà davanti a Dio ed agli uomini, la ‘sua sposina’.Rivide sé stesso e lei mano nella mano, sulla spiaggia, camminare sul bordo dell’onda lenta.Rivide l’angolo nascosto dove per la prima volta avevano fatto l’amore, dove tutto aveva avuto inizio.Si sentì sbagliato.Una piccola pena si fece largo da qualche parte del suo petto.Lottò per scacciarla, inspirando forte l’aria fumosa, aprendo le orecchie al rumore dissonante che non era più musica, facendo penetrare l’odore della bella femmina che aveva al fianco su per le narici, dentro al cervello.Via, via, sensi di colpa, scomparite, lasciatemi vivere, pregò.Riemerse, con una piccola cicatrice pulsante.- Dov’eri? – le chiese Mélanie.- Come dov’ero?Qui, no? – le circondò le spalle con tutto l’affetto che poteva avere per lei.- No.Non eri qui. – era diventata improvvisamente triste.- A volte mi capita di fissarmi su un pensiero.Dammi un bacio. –Le loro labbra si toccarono, piene e calde.Si guardarono negli occhi.Sapevano ambedue che la felicità è sempre passeggera, come un filo di vento fresco in una giornata torrida ed afosa, come il baluginare di una luce in una notte buia, come scoprire una lingua di terra dopo giorni e giorni di navigazione, come toccare terra dopo un volo rapido impetuoso col cuore che martella nelle tempie, come scorgere il fumo di legna che bianco e denso esce in pigre volute dal camino di una vecchia e solitaria casa, sulle pendici di una montagna, in una giornata di neve, e le mani sono fredde, affondate nelle tasche, lo zaino pesante, ed il corpo trema; la stanchezza della marcia è un singhiozzo nel respiro gelido, nei polpacci duri e gonfi di acido lattico.Un attimo che mi possa riposare, per favore, al caldo di una fiamma, bere un brodo caldo, sciogliermi le stringhe degli scarponi, sentire una voce, scaldarmi.Poi riprendere il cammino.