A.T.T.I.L.I.O.

Due propostine operative per la mozione Marino


1)      Il partito orizzontale. L’idea di partito come si è sviluppata nel corso del ‘900, prevedeva una forte verticalità della struttura. La stessa concezione del classico “attivo” di sezione era di per sé fortemente improntata al verticismo: introduzione del segretario di sezione, dibattito, conclusioni del funzionario inviato dalla federazione. Indiscutibili e definitive.Questa idea funzionava in una società che non aveva gli strumenti di comunicazione di cui disponiamo oggi, non aveva la complessità che oggi tutti viviamo. Era improntata sullo schema “lavoro-famiglia-chiesa”. Per cui anche gli organismi sociali che si sono sviluppati erano incasellati in quello schema. Sindacati, partiti, organizzazioni parallele della chiesa, tutti i cosiddetti corpi intermedi rispondono a questa trilogia che comincia a crollare negli anni ’70, vive una profonda crisi dai ’90 in poi. E adesso viene completamente travolta nella cosiddetta società della comunicazione. Da qui la crisi del partito verticale e di massa e il passaggio al “partito del leader”, una risposta di destra che abbiamo provato di tanto in tanto a scimmiottare. Con scarsissimi risultati a dire il vero. Perdonate l’analisi sociologica da bar, ma non mi voglio dilungare troppo. Serve una risposta di sinistra e mi trovo d’accordo con quello che Enzo Puro definisce il “partito open source”, un modello di partito, cioè, in cui i livelli di direzione e la circolazione di idee e di proposte assume direzioni diverse da quella classica “vertice-base”. A me piace definirlo partito orizzontale, ma il concetto è molto simile. Si tratta di un partito dove il vertice non è più il terminale assoluto, ma dove la base, nel nostro caso i circoli, creano modalità di comunicazione e di organizzazione assolutamente orizzontali. Lo abbiamo fatto, molto a fatica, nel Pd, quando abbiamo creato siti, gruppi su fb, che hanno permesso lo scambio di informazioni, di opinioni, di documenti, in modalità assolutamente autogestita. A Roma questo è successo anche per l’assoluta latitanza del livello federale del Pd. Quello che dovrebbe essere il tramite fra vertici nazionali e circoli ha clamorosamente fallito il suo compito. E il vuoto in politica tende sempre ad essere riempito.Si tratta di un fenomeno assolutamente caotico, che si scontra contro l’unica forma di organizzazione vera esistente: quella delle correnti. Eppure si tratta anche dell’unico vero antidoto a questa. Nel senso che soltanto creando dei luoghi in cui ci si ritrova al di là della famiglia di appartenenza, si riesce ad unire quello che, apparentemente, tenderebbe a restare separato. Ora si tratta di dare sistematicità e legittimità a questa organizzazione orizzontale. Si potrebbe pensare intanto a una sorta di “portale dei circoli”, ma anche questa è una forma embrionale: servono luoghi e sedi stabili, non la semplice assemblea dei segretari dei circoli che, al massimo, diventa luogo per mettersi sotto le luci dei riflettori e non luogo di elaborazione collettiva. 2)      Le liste del “passo indietro”A ottobre avremo le primarie. Anche questa volta su collegi molto grandi, con liste bloccate. Sempre meglio delle preferenze che le trasformerebbero in una competizione selvaggia fra consiglieri municipali, ma anche molto lontano dall’idea di democrazia che ho. Trattandosi di fenomeno, molto mediatico, infatti, tutte le mozioni tenderanno a mettere ai primi posti delle liste personaggi altrettanto mediatici. Lo hanno già fatto Franceschini, Bersani e, in misura minore, anche Marino, nella partita dei segretari regionali. Ci fosse un candidato che è cresciuto in questi anni sul territorio, che magari ha fatto il responsabile dell’organizzazione in federazione. Tutti deputati, consiglieri, addirittura vertici istituzionali come sindaci o presidenti di Provincia.Premesso che non chiederò di essere candidato, e così mettiamo preventivamente a tacere le malilingue...La mia proposta è semplice: almeno per quanto riguarda le liste alle primarie, i “soliti noti” facciano un passo indietro. Mettiamo nei primi posti delle liste, a tutti i livelli, persone che siano espressione del territorio, di quelli che danno il fritto giorno dopo giorno, ma non se li incula mai nessuno. I deputati, i consiglieri regionali, provinciali, comunali, municipali, possono anche stare, per una volta nelle posizioni di lista immediatamente successive. Possono aiutare nuove leve, non tanto in senso anagrafico quanto in senso mentale, a emergere, a essere protagonisti, a vivere – per davvero – il Partito Democratico. In questa maniera, facendo un passo indietro, forse il passo in avanti lo farebbe il Pd.