A.T.T.I.L.I.O.

Figli di un giornalismo minore


Premetto che in questo periodo non ho molto da fare, qua a Pisanopoli il consiglio regionale è sciolto tranne che per marchette elettorali e sistemazione dirigenti, amici, amanti e parenti vari. Noi del secondo sottoscala a destra, ufficialmente aiuti addetti stampa, in pratica venditori di un prodotto invendibile, siamo impegnati soltanto in ansiose partite via internet, rassegne stampa destinate a consiglieri introvabili, marchette varie che per fortuna nessuno leggerà perché agli editori dei giornali ancora un minimo di dignità è rimasto. La seconda premessa è che stamani, aprendo il mio conto on-line mi sono trovato un bel -2.236, a fronte di assicurazione della moto da pagare, mutuo di casa che scade, regali da fare, bollette ecc ecc. La terza premessa è che questa situazione è dovuta essenzialmente al fatto che essendo figli di un giornalismo minore, abbiamo un contratto minore. Non le cifre astronomiche degli addetti stampa del presidente della giunta, quattordici persone fra cui quello che prende di meno credo arrivi intorno ai 70.000 euri l’anno, lordi. Non le cifre meno astronomiche degli addetti stampa dei gruppi politici, 2.200 euro netti al mese, tredicesima e “redazionale” come da contratto giornalistico. Non le cifre ancora meno astronomiche degli addetti stampa degli assessori, che non ci dovrebbero essere ma hanno comunque un contratto migliore del nostro, compreso il pagamento della Casagit, la importantissima cassa autonoma di previdenza dei giornalisti che ti rimborsa dal ticket sui farmaci al cambio di sesso. A te, moglie, figli, compagni di vita, anche dello stesso sesso. Ma essendo gli unici, noi del secondo sottoscala a destra, ad avere vinto un concorso (sei raccomandato! Direte voi. Magari sì, ma neanche tanto) non solo abitiamo appunto nel sottoscala del consiglio regionale, ammassati in nove in una stanza quando gli impiegati della stessa “area” (nella fantastica terminologia burocratica regionale noi non siamo l’ufficio stampa ma l’area informazione) godono di una stanza privata, ma abbiamo anche un misero contratto da aiuto addetto stampa, livello D1 che, straordinari esclusi, arriva a stento a 1.500 euri al mese, senza Casagit. Poi svolgiamo mansioni ben superiori, in un qualsiasi giornale saremmo almeno capiservizio, ma all’amministrazione non interessa. “Fateci causa”, ci disse un autorevole dirigente apicale del consiglio regionale. Ma sono tanti, direte voi. Vabbeh, metteteci che vostra moglie (ottima grafica) da anni lavora a gratis perché quando c’è da stampare qualcosa per il partito la chiamano, ma quando c’è da guadagnare qualcosa si perdono misteriosamente il suo numero di telefono. Metteteci 3.600 euri di mutuo ogni sei mesi. Metteteci un figlio, la playstation, il nintendo, metteteci che i pantaloni si rompono e i piedi che crescono malgrado tutto. Ed ecco il conto in banca. Metteteci anche che, essendo giornalista professionista dal 1995 uno si aspetterebbe forse di guadagnare qualcosa di più. La quarta premessa è che stamani un autorevole consigliere del Lazio è caduto dalle nuvole quando ho provato a spiegargli che non si possono assumere dirigenti, sistemare gente che dovrebbe tornare alla sua amministrazione di provenienza e fregarsene di persone che rivendicano soltanto diritti e non favori, con la scusa che “essendo il consiglio regionale sciolto non si può fare niente”. Di legale, aggiungo io. La quinta premessa è che mi sono rotto di stare in un partito dove i cretini fanno carriera perché “portano i voti” (e ci fanno perdere le elezioni) e quelli bravi (sono presuntuoso mi ritengo una delle poche persone che capiscono di politica nel Pd del Lazio) vengono usati, strizzati e poi puntualmente umiliati. Sì, ma a noi che ce ne frega? Direte voi. Niente, era solo per spiegarvi il senso di questa nuova opera “letteraria” che mi accingo a scrivere (Enzo e Federica, questa volta prometto di finirla). Un libretto a puntate che pubblicherò su internet con cadenza assolutamente irregolare, dal titolo, appunto, “Figli di un giornalismo minore”. E’ la storia di un ragazzino che si iscrive alla Fgci a 14 anni, comincia a fare questo mestieraccio a 18, continua con un viaggio nel giornalismo di provincia e finisce con gli anni di Pisanopoli. Sì, ma a noi che ce ne frega? Ribadirete voi. Niente, siete sempre padroni di leggere altrove, è il bello di internet. Piano dell'opera Premessa Capitolo 1 La Fgci di Roma Capitolo 2 La svolta di Occhetto Capitolo 3 Gli anni di Paese Sera Capitolo 4 Da Roma Circoscrizione al Giornale di Ostia Capitolo 5 Fra Tiburno e le forze armate Capitolo 6 Avventure Capitolo 7 Arrivo a Pisanopoli Capitolo 8 Un segretario di nome Meta Capitolo 9 E venne Marrazzo Capitolo 10 Dal gruppo all’ufficio stampa Capitolo 11 Un partito nuovo che puzza di marcio