Creato da myk_dee il 19/05/2005

WestSide

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Sul Principio di Equivalenza

Post n°161 pubblicato il 07 Aprile 2007 da myk_dee

In merito alla questione che accennavo tempo fa sulla controversia del Principio di Equivalenza (di cui potete trovare una rozza descrizione nel link qui a sinistra), con il mio amico e collega Ema siamo arrivati ad un punto senz'altro sconcertante. Per la verità, onore al merito, ci è arrivato per prima lui, poi però mi sono reso conto che quello che avevo in mente io era solo un diverso modo di esprimere la cosa. Ma mi spiego meglio.
Come prima cosa è bene descrivere quello che si intende per principio di equivalenza. Di tale enunciato ne esistono varie versioni, corrispondenti a epoche diverse. Quella che secondo me esprime al meglio tale principio è:
Localmente, un campo gravitazionale è equivalente ad un sistema non inerziale.
Questa frase ha importanti conseguenze che è bene discutere prima di proseguire. Innanzitutto spieghiamo cosa intendiamo con "campo gravitazionale". Quando in fisica si parla di "campo", sia esso gravitazionale, elettrico, magnetico, ecc., si intende un'entità che pervade tutto lo spazio attorno a quella - o a quelle - che si chiamano in gergo "sorgenti" del campo. Ad esempio, una carica elettrica (o un insieme di esse) è la sorgente del campo elettrico, una calamita del campo magnetico e così via. Le sorgenti del campo gravitazionale sono le masse degli oggetti. Qualsiasi oggetto di massa non nulla M crea un campo gravitazionale più o meno intenso. L'intensità del campo viene misurata introducendo quelle che si chiamano "masse di prova": la forza che questa massa m risente all'interno del campo creato da M dipende dalla massa che crea il campo e dalla distanza r di  m da M. Come ben si sa, tale forza è inversamente proporzionale al quadrato di r. Ma qui non discuteremo tale legge. Mi voglio piuttosto soffermare sull'enunciato di poco fa. Adesso che sappiamo, in linea di principio almeno, cos'è un campo gravitazionale, vediamo di definire un "sistema non inerziale".
La prima legge del moto di Newton afferma: un corpo non soggetto a forze, prosegue nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme. Lo stato di quiete (o di moto rettilineo uniforme) costituiscono entrambi un sistema inerziale, ovvero un sistema in cui non agiscono forze di nessun tipo. Chiaramente un sistema non inerziale è il contrario di questo, ovvero è un sistema soggetto a forze, e tali forze si ripercuoto sui corpi in esso presenti. Ad esempio, supponiamo di avere una stanza in cui si è creato idealmente il vuoto. Supponiamo inoltre che il pavimento di tale stanza sia talmente liscio da non avere effetti di attrito su un corpo posto su di esso. Se mettiamo il corpo in movimento, con moto rettilineo uniforme, allora esso continuerà a muoversi indefinitivamente di moto rettilineo uniforme. Siamo cioè in un sistema inerziale, non soggetto a forze. Questa mia ultima affermazione è valida soltanto in prima approssimazione: esiste infatti una sottile differenza, che discuterò nel seguito, che ci ha permesso di arrivare ad un nuovo enunciato del Principio.
Ora che sappiamo anche cosa è un sistema non inerziale, vediamo più nel dettaglio il significato della parola "localmente" nell'enunciato. Questo è un passo fondamentale per cui ci spenderò qualche parola in più. Partiamo dal campo gravitazionale e consideriamo quello della Terra. Qualcuno di voi, di quelli che non studiano fisica o che non se ne intendono di queste cose, si saranno chiesti (e se non l'hanno fatto se lo staranno chiedendo adesso) come mai un astronauta nello spazio galleggia. Erroneamente tante volte si sente dire che tali temerari sono in assenza di gravità. Questa affermazione è senz'altro sbagliata: se davvero la gravità terrestre fosse assente in quel punto, allora gli astronauti, così come i satelliti e la Luna, schizzerebbero via seguendo una traiettoria rettilinea, tangente al punto in cui la gravità ha cessato di esistere. Questo naturalmente non è vero, visto che la Luna è da secoli che è lì e ci sono migliaia di satelliti e stazioni spaziali orbitanti attorno al nostro pianeta. Allora perché gli astronauti galleggiano? Beh, l'affermazione giusta è che essi sono in assenza di peso. Questo significa che in quel punto la forza di gravità, che li tira verso il centro della Terra, è controbilanciata dalle forze centrifughe di rotazione del pianeta che li spingono radialmente verso l'esterno. Vuol dire che in quel punto, localmente, il campo gravitazionale è stato annullato da una forza uguale e contraria a quella gravitazionale.
Ecco dunque che siamo pronti a capire, in linea di massima, il principio di equivalenza: dato un campo gravitazionale, localmente siamo in grado di trovare un anti-campo gravitazionale (e cioè un sistema non inerziale) che annulli il campo precedente. Sulla base di questa considerazione non sappiamo più dire se il "vero" campo gravitazionale sia quello pre-esistente oppure sia il sistema non inerziale. E' un po' come l'esempio dell'ascensore di Einstein.
Questo è un riassunto di quello che si trova nei libri di fisica. In questi libri è contenuta anche un'altra importante affermazione che enuncerò e poi ne spigherò il significato:
La massa inerziale è equivalente alla massa gravitazionale.
Questo è un modo diverso di esprimere lo stesso concetto di equivalenza. E' un punto delicato e quindi procedo nel dare una descrizione approssimativa di tale enunciato. Data la vastità degli argomenti, descriverò la nostra nuova idea sul Principio nei post seguenti. Per ora mi limito a fornire una spiegazione "classica" della situazione.
Cominciamo dalla massa gravitazionale. La sua definizione è assai ambigua e non ne esiste una universale, al contrario di quanto avviene per la massa inerziale. La definizione che preferisco è la seguente: chamo massa gravitazionale m_g quella massa che crea un campo gravitazionale, la cui intensità è proporzionale a m_g e dalla distanza di una massa di prova da m_g. Questa definizione può sembrare banale a prima vista ma è proprio questo l'inganno che ci ha portati ad una nuova formulazione del Principio.
Passiamo alla massa inerziale. Qui la faccenda è molto più semplice e intuitiva: per esperienza sappiamo che applicando una forza con uguale intensità, direzione e verso a due corpi di cui uno è più massivo dell'altro, allora la velocità (o meglio, l'accelerazione) di quello più massivo sarà minore della velocità dell'altro corpo. L'entità responsabile di tale comportamento è la massa inerziale. Dunque, chiamo massa inerziale m_i quell'entità fisica che si contrappone al moto del corpo. Una definizione più precisa la si può tranquillamente trovare in rete. Noi, per i nostri scopi, usiamo questa.
L'enunciato di poco fa esprime l'equivalenza tra le due masse. Questa equivalenza (notare che questi ragioamenti valgono nell'approssimazione non-relativistica) è stata trovata, in un certo senso, già da Galileo nel '600. Questi notò che lasciando cadere degli oggetti (delle sferette) dalla Torre di Pisa questi, anche se di massa diversa, toccavano il suolo con la stessa velocità finale, a patto di poter idealmente annullare l'attrito dell'aria. Questo significa che la Terra attrae i corpi con la stessa intensità, indipendentemente dalla loro massa gravitazionale. Tuttavia sappiamo che l'accelerazione è diretta verso il basso e quindi la velocità di un corpo lasciato cadere da una certa altezza aumenta sempre più fino a raggiungere il valore massimo nell'istante in cui tocca il suolo. Dall'altra parte sappiamo anche che la massa inerziale si contrappone al moto. Il fatto che la Terra attragga tutti i corpi con la stessa intensità è indice del fatto che i due tipi di massa sono uguali.
Questo è quello che classicamente si dice. Io e il mio amico Ema abbiamo messo in dubbio questo principio e siamo arrivati alla conclusione che massa inerziale e massa gravitazionale sono la stessa cosa, in virtu del fatto che parlare di massa inerziale non ha senso, perché sempre e comunque si tratta di massa gravitazionale. Quindi l'uguaglianza tra le due masse si riduce ad una identità:
m_g = m_g.
Vedremo prossimamente quali fini ragionamenti stanno alla base della nostra idea.

 
 
 

Numero

Post n°160 pubblicato il 06 Aprile 2007 da myk_dee
Foto di myk_dee

Bella Ugo.

 
 
 

Post N° 159

Post n°159 pubblicato il 04 Aprile 2007 da myk_dee

Così, anche questo sarà un post inutile. In particolare tanto inutile quanto le domande che fa un certo "prof" ad un certo esame. Ma lasciamo stare che questa storia richiederebbe un post - anzi, che dico, un blog - a parte. Quello che posso dire invece è che finalmente la primavera è arrivata e presto verrà il giorno in cui "aprono le gabbie". Vi starete chiedendo cosa sia mai tale giorno, cosa rappresenti e cosa accada. Per rispondervi mi sa che dovrete aspettare fino a quel giorno, così quando vedrete capirete. Chi mi conosce, forse, saprà di cosa sto parlando, altrimenti possono sempre chiedermelo di persona e io, abilmente, fornirò loro la stessa risposta che ho scritto qua. Quindi potete anche non domandarmi nulla. Deh.

 
 
 

Cosa scrivere? Ma questo!

Post n°158 pubblicato il 02 Aprile 2007 da myk_dee

Così, avevo voglia di scrivere qualcosa qui. Poiché sto studiando invano per un esame che reputo inutile e anche fatto male, tra l'altro, ho deciso di fare una pausa. Ma, e qui viene la domanda, come posso spendere il tempo della pausa per fare qualcosa di utile e allo stesso tempo trovare un momento di svago? Beh, avrete capito la risposta: scrivere un post come questo su un blog come questo. Oddio, ce ne sono anche di peggio di blog, basta farsi un giro cliccando qua e là sulle liste dei "Blog Amici" degli altri utenti. Se ne vedono di tutti i colori. Per quanto mi riguarda, i colori del mio blog non mi piacciono per niente, ma erano i migliori tra i peggiori. Quindi non ci si può fare niente. Inoltre le possibilità di personalizzarlo sono davvero ridotte. Bene, detto questo, che dire? Posso forse raccontarvi del mio weekend? Credo di no, anche perché non c'è molto da raccontare. Quindi, cosa scrivere? Devo assolutamente sforzarmi per trovare qualcosa di serio o semi-serio. Tuttavia non so da dove partire, da dove cominciare, da dove iniziare insomma. Penso che mi fermerò qui, fiero per aver buttato via addirittura 10 minuti del mio preziosissimo tempo. Me ne torno dunque al mio bel Piano Fondamentale, alle relazioni di scala e ad altri argomenti che mi lasciano alquanto schifato. Saluti, il vostro Deenee.

 
 
 

Post N° 157

Post n°157 pubblicato il 28 Marzo 2007 da myk_dee

Devo comprarmi una lavagna. Voi che dite?

 
 
 

Chiarimento

Post n°156 pubblicato il 25 Marzo 2007 da myk_dee

Ieri sera è nata una serie di discussioni tra me, Sushi John ed Ema, scaturite da solito principio di equivalenza, a proposito dell'importanza ed esistenza relative tra matematica e fisica. Ebbene, voglio chiarire, a scanso di equivoci la mia posizione. Come dicevo ieri, a mio avviso la matematica è una scenza indipendente, che esiste anche se non c'è fisica. E su questo credo che siamo tutti d'accordo. Il punto è la fisica. Ora, quello che io penso è che la fisica è comprensibile grazie a ragionamenti (ovviamente di carattere fisico) che trovano il loro rigore nelle espressioni matematiche. In un certo senso, ci riflettevo giusto questa mattina alle quattro, la fisica, come le altre scienze sperimentali, esiste perché c'è l'uomo. E' un concetto un po' strano da spiegare e che non ho ancora affrontato in maniera seria, quindi non ne parlerò. Mi limito soltanto a citare un pensiero di Einstein e su cui concordo pienamente.
« La maggior parte delle idee fondamentali della scienza sono essenzialmente semplici e possono generalmente esprimersi nel linguaggio che tutti capiscono. Ma per seguire tali idee da vicino, bisogna ricorrere ad una tecnica investigativa raffinbatissima. Le matematiche, come mezzo di ragionamento, sono indispensabili se si vogliono trarre conclusioni verificabili con l'esperimento. Possiamo però fare a meno del linguaggio matematico fintantoché ci occupiamo soltanto delle idee fondamentali delle fisica.»


 
 
 

Party Dynamics - III lezione

Post n°155 pubblicato il 23 Marzo 2007 da myk_dee

Continuiamo oggi la discussione impostata le scorse lezioni sui processi fondamentali che regolano la buona riuscita di una festa. Riassumendo quanto visto fin qui, avevamo trovato una variazione del flusso dei maschi nel tempo, attraverso i posti N, mantenendo tuttavia inalterato _m. E’ lecito a questo punto chiedersi come possa essere possibile un fatto del genere e quali fattori intervengano nell’interazione tra A_m e A_f.

Ricordiamo che se F = F(O_f) allora n_c > n. Sulla base di osservazioni è possibile dimostrare che, detta A_0f l’organizzatrice della festa, essa non occupa mai una posizione fissa nella stanza e, più in generale, il tempo t_s in cui sta seduta è sensibilmente minore del tempo t_p di durata della festa. Questo perché uno spostamento di A_0f comporta una variazione istantanea di n_c. Con variazione istantanea indichiamo una variazione negativa Dn_c di n­_c che è subito compensata dalla stessa variazione però positiva. Quindi, n_c si conserva. Avevamo visto che Dn_f = 0, quindi n_f = costante. Similmente ora abbiamo che n_c = costante. Ne viene che la costanza di n_f implica la costanza di n_c e viceversa. Questo, tuttavia, non avviene nel caso di n_m. Se infatti F = F(O_f), allora A_0m = 0 e, poiché n_m > n_b si deduce che Dn_b è diverso da zero. In particolare abbiamo un gradiente negativo di n_b con l’aumentare del tempo. Questo comporta che il generico maschio A_i,m debba alzarsi continuamente per impossessarsi della generica bibita n_i,b. In tal caso la femmina in piedi correrà ad occupare il posto di A_i,m mentre,nel frattempo, n_b diminuisce. Con queste considerazioni abbiamo in pratica dimostrato il seguente:

Teorema (Teorema Fondamentale della Festa): sia F una generica festa in cui t_p >> t_s. Allora se F = F(O_f) si ha che Dn_f = Dn_c = 0, mentre Dn_m = Dn_b [\neq] 0 (*). Al contrario, se F = F(O_m) allora Dn_m = Dn_b = 0, mentre Dn_f = Dn_c [\neq] 0. Inoltre, il flusso J(n) di invitati si conserva: dJ / dt = 0.

Noi qui non tratteremo l’intera dimostrazione, che richiederebbe concetti troppo avanzati, ma ci limiteremo a farne uso secondo i nostri scopi. Nelle prossime lezioni vedremo l’applicazione diretta del Teorema Fondamentale alle interazioni tra A_m ed A_i.

(*) Con il simbolo [\neq] intendiamo “diverso da”.

 
 
 

Pausa

Post n°152 pubblicato il 23 Marzo 2007 da myk_dee

Avrete sicuramente notato che è già da qualche post che non riporto il racconto del breve viaggio negli States. Ebbene, ecco cosa vi dico: non ho più voglia di scriverlo quindi, se volete saperne di più, domandatemelo direttamente a voce oppure mandatemi una mail. Insomma, fate un po' come volete.

 
 
 

Dinamica di una festa - II lezione

Post n°151 pubblicato il 21 Marzo 2007 da myk_dee

Continuiamo nella lezione odierna la trattazione della dinamica festaiola (d’ora in poi PD). Ci eravamo fermati con l’applicazione delle definizioni sopra date alla festa dell’altra sera. Ebbene, oggi vedremo come tali relazioni possono essere usate per formulare la PD.
Innanzitutto ricordiamo i vincoli: era n_c >> n_b,  N = 12 e n_f > n_m. Poiché n = 16, allora notiamo subito che n > N e in particolare n – N = 4. Vediamo ora come può essere descritta la sistemazione degli n invitati sugli N posti. Abbiamo visto che p(d) = 4 e che d = 2; la sistemazione più probabile è quella in cui detto A_i il generico invitato (con i = m, f), allora ponendo p(d_j) i posti disponibili sul j-esimo divano, allora  è chiaro che p(d_j) = A_ii, intendendo cioè che stessi divani vengono usati da invitati dello stesso sesso. Ora, nel nostro caso l’indice j va da 1 a 2, quindi tenendo presente le definizioni fatte nella scorsa lezione, abbiamo: p(d_1) = A_m + A_m + A_m + A_m = 4 A_m, mentre per quanto riguarda il divano numero 2 si ha p(d_2) = 4 A_f. Similmente, i posti s disponibili sulle sedie, saranno divisi equamente tra invitati A_f e A_m. In tal caso s = 2 A_m + 2 A_f. Abbiamo visto poco sopra che c’è una differenza Dn tra il numero di invitati e il numero di posti a sedere che vale 4. Ora, poiché n_f = 10: Dn_f = 10 – (4 + 2) = 4 A_f, mentre Dn_m = 0. Da qui si nota che n_m = costante e che gli invitati rimasti senza posto sono solo di sesso femminile. Una variazione diversa da 0 del numero di femmine, implica che alcuni maschi lasciano il posto a sedere alle femmine, comportando così una variazione del loro flusso nel tempo ma mantenendo n_m costante così come N. Tuttavia, a causa delle note leggi di conservazione, bisogna che il flusso di invitati sia costante. Come è possibile conciliare questa costanza con la dipendenza dal tempo? Vedremo, nelle prossime lezioni, che i parametri responsabili di tale anomalia sono i coefficienti n_b ed n_c.

 
 
 

Dinamica di una festa - I lezione

Post n°150 pubblicato il 19 Marzo 2007 da myk_dee

In generale, sulla base di osservazioni è possibile formulare una teoria che resterà valida fintantoché altre osservazioni la smentiscono.
In questa lezione tenterò di descrivere le osservabili che si possono misurare direttamente ad una festa. Nelle lezioni successive vedremo come applicare tali ragionamenti per arrivare a dare una descrizione completa della dinamica di una festa. Tale teoria prende il nome di party dynamics.
L'altra sera sono andato ad una festa. Innanzitutto, per formulare una teoria che sia valida, occorre dare un po' di definizioni. Cominciamo con la seguente:
Definizione: dicesi festa F quel evento in cui nello stesso luogo si trovano le seguenti componenti:

  • Gruppo di n persone con n > 10;
  • tavolo imbandito con n_c cibarie e n_b bevande;
  • musica di sottofondo di vari generi musicali

E' opportuno a questo punto specificare quali siano i membri del gruppo di n persone. In realtà non esiste una definizione univoca di n, perché tutto dipende dall'organizzatore della festa. Esso può essere di sesso maschile, in tal caso si parlerà di una festa di tipo F(O_m), oppure femminile, F(O_f). Possiamo notare subito una proprietà importante: se F = F(O_m), allora, detti n_m ed n_f i numeri di maschi e femmine rispettivamente, si avrà che n_m > n_f. Se invece  F = F(O_f), allora n_m < n_f.
Analogamente dobbiamo specificare cosa si intende per n_c e n_b. Possiamo pensare ad una definizione del tipo: se F = F(O_m) allora n_c << n_b. Al contrario, se F = F(O_f) allora n_c >> n_b. Mettendo assieme queste due relazioni è possibile dimostrare che per F = F(O_m) si ha n_b >> n_m, e poiché n = n_m + n_f e n_f < n_m, in genere sarà n_b > n. Se invece F = F(O_f) allora n_c > n.

La F dell’altra sera era di tipo F = F(O_f). Cominciamo con il dare alcune notazioni utili nel seguito. Sia d e p(d) il numero di divani e posti per divano rispettivamente nella stanza e s il numero di sedie. Applichiamo i risultati raggiunti fin qui alla festa dell’altra sera: n = 16, n_m = 6, n_f = 10, d = 2, p(d) = 4, s = 4. Il numero totale di posti a sedere era quindi N = p(d) * d + s = 12. Inoltre era verificata l’ipotesi n_c >> n_b.

Lo scopo della prossima lezione sarà una formulazione di una teoria consistente con i dati raccolti dalle osservazioni. Dimostreremo inoltre che sarà possibile avere una legge di conservazione per N sebbene il flusso di persone dipenda dal tempo.

 
 
 

Strano effetto

Post n°149 pubblicato il 15 Marzo 2007 da myk_dee

Tra un racconto e un altro volevo rendervi partecipi di un fatto alquanto strano che è appena avvenuto nella mia cucina. Poco fa' ho trovato un paio di Geomag (i bastoncini magnetici) sopra ad un mobile. Siccome sono delle calamite molto potenti, ho provato a fare questo esperimento. Sopra il tavolo di marmo spesso credo 5 cm ho messo uno di questi pezzi, mentre sotto, in corrispondenza del pezzo sopra, ho messo l'altro pezzo. Il campo magnetico creato dal pezzo sopra era tamente forte che quello sotto stava attaccato e penzolava nel vuoto (e quando dico vuoto intendo dire aria). Figata. Ma non è qui il punto. Il punto è che successivamente ho tolto completamente dal tavolo il pezzo sopra e sapete una cosa? Esatto: il pezzo sotto era ancora appeso lì! Ecco, questo è un fatto strano. Anche perché una volta rimosso anche il pezzo sotto, ho provato a riposizionarlo, sempre sotto: temevo che all'interno del marmo ci fosse qualche lamina di ferro o roba simile. E invece no, perché appena mollavo il pezzo cadeva, come uno si aspetta. Tuttavia se prima è stato attaccato con un altro magnete ecco che anche se il magnete superiore non c'è (e quando dico "non c'è" intendo che la distanza tra i due magneti è molto più grande della loro lunghezza e dello spessore del marmo) il magnete inferiore resta attaccato. E' per caso una proprietà intrinseca del marmo? Io ho pensato che il marmo, forse, è caratterizzato da una struttura cristallina particolare che "intrappola" in qualche modo il campo magnetico. Tuttavia non so giustificare questa risposta. Qualcuno mi sa spiegare questa cosa? L'avete mai notato? Se non è capitato ancora a nessuno e sono il primo ad aver scoperto questa cosa, e magari viene fuori una teoria che sballa completamente tutto quello che di conosciuto c'è adesso, beh, in tal caso fa' fede la data di questo post. Non provateci a rubarmi l'esperimento.

 
 
 

Quarto giorno - I parte

Post n°148 pubblicato il 15 Marzo 2007 da myk_dee
Foto di myk_dee

Apro gli occhi ed è già tardi. Sono le otto di mattina. Per fortuna la doccia l'ho fatta ieri sera. La routine è sempre quella: toeletta mattutina, vestizione svelta e discesa sulla strada per colazione veloce. Il programma di oggi è molto bello, anzi, è proprio quello che preferisco: andarmene in giro per la City da solo. Infatti la mia compagna di viaggio vuole visitare il Guggenheim Museum: insiste col dire che non può proprio fare a meno. Data la mia scarsa propensione per la visita a musei e robe del genere, propongo di fare così: «Ascolta, tu vai al museo mentre io mi faccio un giretto. Ci troviamo, diciamo verso mezzogiorno e mezzo, davanti al museo e proseguiamo con la visita della città.» Lei annuisce. Stessa colazione di ieri mattina solo che questa volta compro due cinnamon rolls e il solito cappuccino. Uno dei dolcetti lo incarto e lo metto nello zaino. Metti che mi viene fame. Ci dirigiamo verso la stazione della metro e prendiamo la linea 6 direzione Uptown. Il Guggenheim si trova sulla 5th Av all'altezza della 88th St. Arrivati all'entrata del Museo ci salutiamo, dandoci l'appuntamento per l'ora prevista, e ci salutiamo. Mi guardo attorno: la Città è mia per due ore e mezza. Corro alla subway più vicina, aspetto giusto un minuto per la linea 6, direzione Uptown, entro nel treno, mi siedo, indosso le cuffie e l'hip hop si prende la mia anima. Qui, dove è nato. Lì, dove sto andando. Nel Bronx. E' domenica mattina, in metro c'è poca gente e man mano che saliamo i "bianchi" scendono e i "neri" salgono. Siamo ad Harlem, appena sopra la 101st. La mia fermata è la penultima. Mezzora di viaggio e ci sono: 161st St, Yankee Stadium. La stazione della subway, ora, non è più sottoterra ma è sopraelevata. Il paesaggio, dalle belle case che si affacciano su Central Park, è diventato grigio ed enormi palazzoni, grigi anch'essi, svettano alti sulle strade malconce. Scendo dalla sopraelevata e mi dirigo verso lo stadio, proprio di fronte a me. Ieri c'è stata la partita e si notano, per terra, gli effetti: cartacce, lattine e bottiglie vuote volteggiano nel freddo vendo del Bronx. Mi piacerebbe vedere da dentro lo Stadio ma, mi informa uno degli addetti ai lavori, le visite sono soltanto guidate e cominciano alle 12. Non faccio in tempo, peccato. Faccio comunque il giro dello stadio: sulla mia destra ci sono alcuni campi da basket e sui canestri vi è disegnato il logo degli Yankees. E' un peccato essere venuti di domenica e con questo cattivo tempo. Scommetto che nei sabati d'estate c'è molta gente che gira lì attorno. Ecco, ho finito di fare il giro dello stadio e torno verso la stazione. Prima però noto che di fronte a questa c'è un altro campo da basket e sul muro che lo separa da un palazzone c'è un graffito raffigurante dei giocatori famosi della squadra di baseball. Molto bello. Su 10 newyorkesi, almeno 8 portano il berretto o una felpa o una giacca o quant'altro degli Yankees. E' la loro squadra e il loro orgoglio.
Mi ci vorrà, a questo punto, un'altra mezzoretta buona di strada per tornare dov'ero prima. Tuttavia decido di cambiare strategia: dalla parte opposta del Guggenheim c'è la Columbia University, famosa università sede di molti film, e assai prestigiosa. Come non andare a vederla? La metro 6 in direzione Manhattan mi porta verso sud. Scendo alla Grand Central Station (anche questa, nota location di molti film) e prendo la linea rossa e scendo, venti minuti più tardi, alla fermata 116th St, Columbia University. Per trovare l'università non ci vuole molto: basta seguire le decine di studenti che camminano per Broadway verso un'unica direzione. Un cancello con due statue a me ignote mi fanno da monito: «stai per entrare alla Columbia University, studia», sembrano dire. Un vialetto alberato mi porta nella piazza principale del campus. Sulla mia destra, monumentale, si erge la ex-Biblioteca mentre sulla sinistra, ancora più grande, compare la vera Biblioteca. Il primo è un edificio in stile neoclassico: sembra di vedere un Pantheon in miniatura. L'altro è anch'esso nello stesso stile, cambia solo la forma. In mezzo alla piazza sosta una macchina della vigilanza e gli studenti, qui, sono davvero pochi. Sarà perché è domenica, penso. Voglio fare un giro nel campus ma è talmente grande che mi serve qualche indicazione. Trovo quello che fa per me in un cartello con la pianta dell'università e i nomi e le posizioni dei dipartimenti. Partendo dalla "A" cerco "astronomy". Non c'è; cerco "physics" e lo trovo. Decido di mettermi in marcia per il "Department of Physics". Passo davanti alla "Mathematics Hall" e davanti a me un edificio molto alto mi fa capire di essere arrivato. Una cupola verde è il segno di un telescopio al suo interno mentre un cartello sul portone recita: "Department of Pysics. Laboratoires". Ottimo. Una ragazza entra e la seguo. Purtroppo non faccio in tempo ad entrare con lei: la porta si chiude e per aprirla ci vuole la tessera dell'università. Peccato. Sono le 11 e mezza ed è venuta l'ora di ritornare al luogo di incontro. Un sms mi informa che il nuovo luogo per il ritrovo è adesso l'albergo. Bene, ho ancora qualche minuto libero. Ritorno alla metro e prendo la linea 1 in direzione Downtown. Sulla cartina vedo che una delle fermate è la 72nd St. Ricordo che in questo incrocio con la Broadway hanno girato una scena di Die Hard 3 e dunque decido di scendere per verificare di persona. Infatti è proprio come nel film. Scatto qualche foto e mi viene in mente del dolcetto alla cannella che ho nello zaino. Lo estraggo e me lo gusto mentre aspetto il treno che mi porterà a Times Square, dove scenderò. C'è da dire che Times Square di giorno non ha nulla da togliere a se stessa vista di notte.


In foto: la Columbia University Library

 
 
 

Changes

Post n°147 pubblicato il 12 Marzo 2007 da myk_dee

E' tempo di cambiamenti. Siccome, mi faceva notare oggi Sushi John, la grafica di questi blog di Libero è pessima, ho tentato di migliorarla cambiando tema. Mi sembra chiaro che non ci sono riuscito. L'ho fatto anche perché mi ero stufato di quella precedente.

 
 
 

Terzo giorno - II parte

Post n°146 pubblicato il 09 Marzo 2007 da myk_dee
Foto di myk_dee

Il museo dell'immigrazione è una sorta di esposizione di fotografie e oggetti d'epoca, risalenti agli anni '20. Ci sono persino le carte di identità statunitensi di quegli anni e le banconote portate in America dagli immigranti dei varii paesi. Un grande tabellone sforna le statistiche dei popoli (prettamente europei) che più hanno "invaso" gli Stati Uniti. Scopro che noi italiani siamo entro i primi dieci, ma non ricordo l'esatta posizione. Dopo una breve visita a questa esposizione, decidiamo di ritornare sulla terraferma. Durante il tragitto in traghetto guardo la mappa della City per pensare a dove andare. Decidiamo di farcela a piedi da Battery Park fino a Union Square: è abbastanza strada, ma il tempo è bello (il vento nel frattempo è diminuito) e, dopo tutto, ne vale la pena. Quindi eccoci qui, sul molo di Battery Park che proseguiamo lungo la promenade che si affaccia al mare. In lontananza si vede il Ponte di Verazzano, che collega Long Island a Staten Island, le ciminiere fumanti di Jersey City e dall'altro lato il Brooklyn Bridge in tutta la sua lunghezza. L'idea è di percorrere Water St su fino a raggiungere l'imbocco della 1st Av, svoltare a sinistra, passare per Tompkins Square - dove hanno girato Die Hard 3 -, ritornare sulla Water St, attraversarla, così come attraversare la Broadway e raggiungere Washington Square, nel bel mezzo del Greenwich Village.
Cominciamo la nostra passeggiata prendendo la Water St da Battery Park e, dopo poco, notiamo sulla destra un via vai di gente su e giù per un molo (che lì si chiamano pier). Un cartello ci informa che siamo al Seaport: in pratica su questo pier hanno aperto una serie di negozi e di ristoranti di pesce e ristrutturato i casolari, tipicamente portuali, dell'epoca. Sembra di essere in Europa. Velocemente diamo un'occhiata a questo inusuale porticciolo e proseguiamo sulla nostra strada. In lontananza sentiamo suoni di tamburi e voci e, avvicinandoci, veniamo travolti da un mare di colori: è Chinatown con i suoi abitanti che stanno festeggiando ancora il capodanno cinese. Un dragone di stoffa ci svolazza davanti, seguito da uomini e donne con tamburi e piatti e i bambini cantano e tutti ridono. Attorno al caseggiato c'è molta polizia che blocca il traffico se la processione cinese deve attraversare qualche strada. Molti sono anche i curiosi che come noi, sentito il frastuono, sono accorsi per assistere allo spettacolo. Data la nostra mancanza di tempo, salutiamo velocemente la processione e continuiamo il nostro cammino verso nord. Il quartiere di Chinatown è molto grande ed è riconoscibile anche per il fatto che i cartelli stradali sono scritti in due lingue: inglese e cinese. I colori cambiano di centimetro in centimetro e il marciapiede è sovraffollato di negozi di vario tipo; dalle pescherie al fruttivendolo: tutti prodotti importati dalla Cina. Ovviamente vi sono anche innumerevoli ristoranti cinesi. Oltrepassiamo Chinatown e Water St cambia nome in Bowery St. Svoltiamo in destra per Houston St e successivamente in sinistra per A Av fino a Tompkins Square. Qui c'è un parco dove sostano sulle panchine sia senza tetto che mamme con pargoli al seguito. E' così New York: una città piena di contraddizioni. Cerco invano la fontana con gli elefanti che compare nel film ma, irrimediabilmente, non la trovo. Scatto una foto per celebrare il momento, attraversiamo il parco fino alla 10 St e la percorriamo fino alla Broadway. Qui svoltiamo in sinistra fino a raggiungere Washington Pl, dove giriamo in destra e arriviamo in Washington Square. In mezzo alla piazza, beh, a dire il vero non proprio in mezzo, c'è un grande arco, tipo quello di Trionfo a Parigi. La mia compagna di viaggio dice che in questo posto hanno girato molti film, quindi scatto un paio di foto. Inoltre scopro che i palazzi attorno alla piazza sono i varii dipartimenti della New York University e noto la presenza di molta gioventù. Risaliamo dunque la University Pl ed eccoci, finalmente a Union Square. Sono le 16.30 e dobbiamo decidere cosa fare. Mi guardo attorno: la piazza pullula di giovani e per terra ci sono molte piume e ragazze girano con dei cuscini in mano. Evidentemente ci siamo persi la Battaglia dei Cuscini, peccato. Decidiamo di andare nella zona dell'Empire State Building, che si trova non distante da Union Sq. Tuttavia, esausti della camminata, optiamo per prendere la subway e scendere fra due fermate, alla 34 St. Una volta usciti dalla metro, dall'altra parte della strada appare il grande magazzino Macy's e di fronte a questo c'è Foot Locker. Ma dov'è l'Empire? Un momento: devo alzare la testa per vederlo! E infatti eccolo là: altissimo, spettacolare, come lo si vede nei film, il grattacielo che è stato per molto tempo l'edificio più alto del mondo! Entriamo da Macy's e facciamo un giretto tra il caos e il caldo e l'asfissiante odore di 1000 profumi mescolati assieme. Io, però, voglio vedere Foot Locker: è circa 20 volte i negozi che ci sono qui in Italia e le scarpe presenti al suo interno davvero sono migliaia. Nel frattempo è passata un'ora e mezza e pensiamo di fare così: visto che siamo nei paraggi e la giornata è bella, conviene salire sull'Empire State Building e, una volta scesi, troviamo un posto per cenare.
La salita al punto di osservazione dell'edificio costa sui 14 dollari. Al primo piano c'è la coda per salire, anzi, ci sono varie code. La prima è per passare i controlli di sicurezza. La seconda è per acquistare i biglietti. E poi c'è la terza che è la più lunga ed è la fila per prendere gli ascensori. Morale della favola: un'ora e mezza per riuscire ad entrare nell'ascensore. Questo, una volta partito, sale con una velocità paurosa tant'è che le orecchie mi si tappano e l'indicatore dei piani va di decina in decina fino a fermarsi al numero 80. Qui dobbiamo rimetterci in fila per poter raggiungere l'86esimo piano. Tutto sommato, però, ne vale la pena. La terrazza d'osservazione è gremita di gente e i flash delle fotocamere si sprecano. Il vento, a questa altezza, è molto forte tanto da far chiudere un'ala della terrazza. Lo spettacolo è magnifico: un mare di luci giace sotto di noi. Deboli si sentono i clacson delle automobili che, da qui, sembrano minuscole formiche luminose. All'orizzonte, guardando verso Lower Manhattan, si possono ammirare, illuminati di verde e di giallo, il Brooklyn Bridge e il Manhattan Bridge e, più in là, il Verazzano Bridge. Volgendo la vista verso nord, quella che in gergo si chiama Uptown, notiamo il Chrysler Building, il GE Building, sede del Rockefeller Center, e una zona ad illuminazione uniforme che altro non è che il Central Park. Verso ovest noto una luce bianca che pervade una zona in cui non riesco a vedere il suolo. Si intravede un pannello colorato che cambia di forma e colore: si tratta di Times Square. Scatto una moltitudine di foto ma alcune verranno mosse a causa del vento e del fatto che le faccio senza flash e con un tempo di esposizione più lungo. Alzo per una attimo la testa chiedendomi se per caso, in quel mare di luci, si possono ancora vedere le stelle a quello che vedo è la gigantesca antenna dell'Empire, divenuta famosa per il film King Kong. E' illuminata di blu. Sono ormai quasi le nove e il freddo e la fame ci impediscono di restare ulteriormente fuori sulla terrazza. Decidiamo di scendere e, come siamo ormai abituati, dobbiamo fare la fila. Sicuramente molto più corta di quella precedente e infatti dopo una decina di minuti siamo nuovamente sulla strada. Proprio ai piedi dell'Empire c'è un pub/ristorante e, vista l'ora, pensiamo che sia cosa buona e giusta fermarci per cena. Una cosa che ho notato subito è che in qualsiasi ristorante c'è, all'ingresso, una persona che ti saluta e ti fa' accomodare al tavolo, se ne hanno uno libero. Sta sera il nostro tavolo si trova al piano interrato. Il locale è bello e mi sembra di essere a casa e penso che i pub sono tutti uguali. Un cameriere ci porta i menu e io scelgo la tipica bistecca di NYC, la New York Strip Steak. E, ovviamente, una birra. La carne è buona, anche se forse un po' bruciacchiata: del resto per gustare una buona steak bisogna andare nelle steakhouse. Ce n'è una che mi ha consigliato il babbo e espongo l'idea che non sarebbe male farci un salto prima di partire verso casa.
Finita la cena paghiamo, lasciando la mancia al cameriere, prendiamo la metro e torniamo in hotel. E anche il terzo giorno è finito.



In foto: Lower Manhattan vista dall'Empire State Building. In lontananza, quello verde, si nota il Ponte di Verazzano.

 
 
 

Terzo giorno - I parte

Post n°145 pubblicato il 06 Marzo 2007 da myk_dee
Foto di myk_dee

Improvvisamente apro gli occhi. Vedo la luce filtrare dalle tapparelle abbassate e le ombre degli oggetti si proiettano sul muro di fronte a me. Mi volto a sinistra e guardo la radiosveglia sulla scrivania. Segna le 7.40. E' giunto il momento di alzarmi, raccolgo le mie cose e mi precipito in bagno per la doccia. Ore 8.30, come ieri, siamo sulla strada, pronti ad una nuova giornata. Per fare colazione decidiamo di andare in una caffetteria diversa, ma sempre Starbucks. Ce n'è una all'angolo tra la Lexington Av e la E 51 St. Questa volta noto nella vetrinetta dei dolci una cosa chiamata cinnamon roll e, siccome a me la cannella piace, decido di prenderlo, assieme ad un cappuccino (che lì si chiama proprio "cappuccino"). Il dolcetto è ottimo e così pure il cappuccino: ottima scelta. Anche oggi il cielo è senza una nuvola, azzurro, ma c'è sempre quel fastidioso vento freddo. Magnifica giornata oggi e cogliamo l'occasione per andare a vedere la Statua della Libertà ed Ellis Island. Durante la colazione guardo la pianta della città per cercare la metro più indicata che ci porti nei paraggi. Non è altro che la linea verde, numero 4 (ma anche la 5 o la 6 vanno bene): la fermata è proprio di fronte alla caffetteria e la stazione di arrivo è City Hall, il municipio. Facciamo il biglietto e dopo due minuti passa il treno. Il tragitto è piuttosto lungo e per fortuna ci sono molti posti a sedere liberi. Non c'è molta gente, anche per il fatto che è sabato. Una mezzoretta più tardi scendiamo e ci ritroviamo nella piazza del Municipio di ieri. Per andare alla Statua della Libertà occorre prendere il battello, che parte da Battery Park, a circa un chilometro da dove siamo noi adesso. La mappa dice che la strada più breve è di proseguire sulla Broadway fino ad incontrare il mare. In marcia, dunque. Questo tratto di strada è piuttosto in confusione, nel senso che ruspe e gru e camion stanno facendo dei lavori di manutenzione e costruzione. Nonostante siamo circondati da palazzzi altissimi, il vento non lascia tregua e l'unico rimedio è quello di coprirsi bene. In men che non si dica siamo arrivati al molo da dove partono i battelli per il giro delle due isole. Alla biglietteria, stranamente, non c'è coda e compriamo i biglietti per 11 dollari ciascuno. Tuttavia la fila per la Statua è da un'altra parte: lunghissima. Il motiva è che c'è un battello ogni mezzora e quindi la gente si accalca fino a quando non arriva l'altra barca che azzera il conto. La fila, però, è lunga anche per un altro motivo: i controlli di sicurezza. Sul molo ci sono due baracche, dove nella prima ci sono i dispositivi per i controlli e nell'altra, comunicante con la prima, la coda di gente che ha passato il controllo e che aspetta il battello. Dopo una decina di minuti trascorsi fuori al freddo, entriamo nella prima baracca per il controllo. La temperatura è decisamente migliore e i controlli sono decisamente più precisi che quelli all'aeroporto. Sbrigate le formalità entriamo nel secondo stanzone e ci rimettiamo in fila per aspettare il battello. Una ventina di minuti più tardi siamo sulla terrazza della barca e osserviamo Manhattan che lentamente si allontana. Scatto un po' di foto ma il vento ora è talmente tanto forte che non riesco neppure a tenere la mano ferma. Alcune foto verranno mosse, penso. Piano piano ci avviciniamo all'isola della Statua e finalmente, dopo poco, attracchiamo. Scendiamo, giusto per fare un giro, e notiamo subito, alla base della Statua, un negozio/ristorante ed entriamo. Qui vendono tutti i gadgets relativi alla Statua, dalle miniature alle magliette. Stiamo giusto il tempo per riprendere il nostro colorito usuale e usciamo per fare il giro dell'isola. In centro a questa c'è una piazza con al centro un'asta con la bandiera americana che sventola impazzita. Finita la piazzetta ci incamminiamo sul lungo mare da quale si gode di una vista spettacolare di Manhattan. Incantevole. Alle mie spalle, invece, alta e imperiosa la Statua regge nella mano destra la torcia dorata e nell'altra un libro aperto con la data del giorno dell'Indipendenza. Sebbene la sua altezza non sia spaventosa, circa sugli 80 metri, la Statua è maestosa e sembra avvertire il viandante: «Sei negli Stati Uniti d'America, stai attento. Questa è una nazione che ti può dare tanto ma non appena combini qualcosa ti faremo pentire di essere nato».
Ritorniamo al molo e aspettiamo che arrivi il battello che ci porti ad Ellis Island. Ed eccolo qui, il battello. Durante il tragitto compro un pretzel al bar del vaporetto e lo mangio mentre aspettiamo per attraccare. Ellis Island, in origine, era l'isola dove venivano fermati gli immigranti per le varie formalità da sbrigare per l'ingresso negli Stati Uniti. Alla fine degli anni '50 è stata abbandonata e nel 1987 ristrutturata e adibita a museo, il Museo dell'Immigrazione. L'ingresso è libero anzi, compreso nel prezzo del biglietto del battello e decidiamo di visitarlo. Particolarmente monumentale e suggestiva è la Register Room, uno stanzone enorme e vuoto dove un tempo venivano fatti "accomodare" gli immigranti cui accedevano ai varii controlli e visite mediche. Da quanto ho capito, le formalità da sbrigare per ottenere il visto, o il permesso di soggiorno provvisorio, erano davvero tante. In particolare le visite mediche penso fossero le peggiori: i dottori controllavano soprattutto la presenza di malattie infettive, per rimuovere il rischio di epidemie. Inoltre, stando alle fotografie dell'epoca esposte nel Museo, i controlli dovevano essere anche molto lunghi: c'era infatti un reparto adibito a dormitorio. E chi non risultava idoneo fisicamente veniva messo in quarantena. Insomma, mi piace questo posto, è interessante. Guardo l'ora: sono le 12.30 e la mia pancia brontola. Naturalmente all'interno del museo c'è un fast-food tipo Mc Donald's e decidiamo di fermarci là. Io scelgo il classico hamburger, una Pepsi e le patatine fritte per un totale di circa 8 dollari. Guardo fuori dalla finestra: i grattacieli di Manhattan brillano al sole d'inverno e il mare si stende azzurro come il cielo di fronte a noi.
In foto: la Statua della Libertà vista dal battello.

 
 
 
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