PENSIERI E PAROLE

A PROPOSITO DI SEPARAZIONI DAL FIGLIO


L’interruzione giuridica del progetto genitoriale.L’inibizione del legame genitoriale non ha nulla a che vedere con l’affidamento dei figli: tanto conl’affido esclusivo quanto con l’affido condiviso, il trend dei tribunali italiani è quello di nonequiparare forme e contenuti di entrambi i ruoli genitoriali, limitando le frequentazioni e l’influenzadel genitore escluso nel processo di crescita dei figli.Il proposito di avere dei figli prescinde dal mero concepimento, dalla trasmissione del patrimoniogenetico e dalla stessa gravidanza, va molto oltre: è un progetto educativo a lungo termine, unprocesso di cura e trasmissione di sé che accompagna (o dovrebbe accompagnare) la prole neglianni successivi alla nascita.L’esclusione forzata da tale progetto, la riduzione a ruoli marginali, la cronica limitazione ad unruolo subalterno rispetto all’altro genitore, la delegittimazione, la mortificazione, l’inefficacia dellecontromisure giuridiche e lo status di “intruso” che ne derivano sono le molle che innescano laspirale di disperazione che può esitare in episodi di cronaca nera.Il genitore escluso che chiede di continuare ad occuparsi dei figli anche dopo la separazione vienepercepito dall’apparato giudiziario (la maggioranza di Tribunali ordinari e minorili, assistenti sociali,consulenti) come individuo che tenta di invadere il territorio altrui; quindi da circoscrivere, ridurre,contenere.L’humus dei provvedimenti è declinato, con modalità ricorrenti, sulle diverse sfumature del“limitare”.Prova ne sia che - anche dopo la riforma dell’affido condiviso - i Tribunali continuano a concedereun “diritto di visita” - creato arbitrariamente, inesistente nella normativa - limitato prevalentementealle misure standard di alcune ore due pomeriggi a settimana, due weekend al mese, unasettimana durante le vacanze natalizie e due d’estate.L’orientamento prevalente, in sostanza, continua ad essere improntato al “minimo indispensabile”esattamente come accadeva con l’affido esclusivo, sconfessando la riforma normativa voluta dalParlamento (l. 54/2006) e soprattutto il diritto dei minori.Che tale modus operandi si traduca in una concreta esclusione dalla vita dei figli, e vengapercepito quale riduzione ad “accessorio inutile”, quasi “fastidioso” da parte del genitore che losubisce, non è difficile da comprendere.Come non è difficile comprendere che l’interruzione forzata di un intero progetto di vita ed i rapporticon i figli privati di qualunque spontaneità, gravemente limitati nei tempi e nei modi imposti persentenza, costituiscano una inibizione violenta tanto dei più forti istinti naturali quanto dellesovrastrutture culturali, un’aggressione alla sfera più intima e personale dei soggetti coinvolti -adulti e minori - assimilabile ad un vero e proprio stupro delle relazioni.Lo stupro delle relazioni, inoltre, si aggrava ogniqualvolta il pur limitato “diritto di visita” vienesubordinato al volere del genitore che esercita un reale potere sulla prole, quando cioè il genitoreprevalente1 ostacola o impedisce gli incontri dell’altro con i figli.Il Sistema-separazioni ha ormai elaborato consuetudini secondo le quali è “normale” che i figlistiano con un solo genitore, è “normale” che chi non ha l'affido venga relegato in un ruoloestremamente marginale, è sufficiente che i minori abbiano relazioni significative con una solafigura-guida, il genitore escluso che chiede di occuparsi assiduamente dei figli è percepito come unintruso invadente.Il soggetto vessato è perfettamente conscio della profonda ingiustizia messa in atto dallacontroparte ma, qualora ricorra agli appositi canali per ripristinare la giustizia, l'unico risultato cheriesce ad ottenere è il sommarsi di ulteriori ingiustizie. Sono interpretazioni superficiali e fuorvianti, pertanto, le chiavi di lettura che solitamente vengonodate alla disperazione di un genitore separato dai figli che sfocia in episodi di cronaca nera:- mancata accettazione della fine del rapporto- disturbo mentale- gelosia morbosa“Secondo una recente analisi dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri ospedalieri(…) il disagio psichico è la prima causa dei delitti in famiglia”2“(…) l’uomo vuole dimostrare la sua forza, uccide quando perde il potere di controllo sulladonna (…) gli uomini non accettano il rifiuto, non accettano che le donne dicano no (…)”3“delitti passionali, da ansia di possesso dell’altro (…) schemi che avevano giustificato ildelitto d’onore nel codice penale (…) “4“raptus dell’amore possessivo”5Il tema degli uomini gelosi ed insicuri, che non sanno accettare il rifiuto e reagiscono impugnandoun’arma, è ricorrente tanto fra gli operatori delle scienze sociali quanto fra i cronisti.Dai media viene sempre “dimenticata” più o meno volutamente la causa principale: lo stupropsicologico-relazionale generato dall’interruzione giuridica di relazioni e legami genitoriali.In realtà ciò che risulta essere completamente assente, o impropria e fuorviante, è l’analisi dellacriminogenesi.La concatenazione di eventi che prelude ad un episodio delittuoso può essere assimilata,semplificando, alla serie di immagini che compongono un filmato: ogni immagine non è che ladiretta evoluzione delle precedenti.Osservare solo il fotogramma finale decontestualizza l’evento, limita la possibilità di comprensionedel movente, rende superficiale la lettura del fatto da parte dell’osservatore;6 che in sostanza silimita a descrivere l’effetto del problema, ma non la complessità delle cause da cui emerge.Non vengono riconosciuti il dolore e la disperazione del genitore privato dei figli, non vengonoriconosciute le difficoltà che incontra un genitore escluso nel tentare di ristabilire la legalità, nonviene riconosciuta l’asimmetria valutativa in base al genitore che compie un reato, sia questo uncondizionamento dei figli, un ostacolo delle frequentazioni, una sottrazione definitiva o lacostruzione di false accuse, al solo scopo di eliminare l’altro dalla vita della prole.Le cause del gesto eclatante vengono da sempre individuate dai media nella gelosia, nel disturbomentale o nella mancata rassegnazione alla fine del rapporto, ma appare ormai indispensabileabbattere i luoghi comuni e considerare le motivazioni più significative e frequenti pur se - più omeno volutamente - ignorate: la disperazione generata dalla perdita e/o dalla mutilazione dellarelazione genitore-figli, l’impossibilità di condividere i compiti di cura ed educazione,l’esclusione forzata da una partecipazione concreta al processo di crescita.E’ per questo che, senza falsi pregiudizi, è necessario comprendere che ruolo giochino leistituzioni e quali siano gli esiti, spesso deleteri, all’interno di situazioni familiari tantocompromesse. attraverso una lettura criminologica. La spirale di disperazione che ne viene innescata è devastante.Il genitore che non riesce ad incontrare i figli, oltre a configgere con una precisa volontà ostativadella controparte, deve scontrarsi anche con ciò che da tempo è stato identificato come il fulcrodella malagiustizia in tema di Diritto di Famiglia: il principio malleabile di interesse del minore -totalmente privo di caratteristiche certe che lo identifichino - e l'uso strumentale che ne viene fatto.Teorizzando una assoluta priorità per l'interesse dei minori, si modifica l'interesse dei minori infunzione di ciò che, al momento, costituisce invece l'interesse del genitore prevalente, l'unico realeoggetto di tutela da parte dell'intero Sistema.Il genitore escluso non può in alcun modo contare sull'appoggio della Giustizia, che si schiera alfianco di chi è da sempre, per postulato, considerato il soggetto debole al quale va garantito ognivantaggio possibile, ad iniziare dall'affido dei figli, troppo spesso snaturato in una sorta di“possesso esclusivo”.Il risultato è quello di aver creato una nuova tipologia di soggetti deboli, quei soggetti ai quali ilSistema-Giustizia offre la rassegnazione come unica, destabilizzante ed insostenibile soluzione.Tanto destabilizzante ed insostenibile da poter diventare criminogena.