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« LA CROCE m.c.In risposta alla lettera... »

Epistolario

Post n°15 pubblicato il 31 Agosto 2005 da whatsgoingon2005

Leggendo Camus, in un passo autobiografico, a proposito della stesura di un suo testo egli affermava, in una lettera che scrisse ad un amico: "il parto è lungo e travagliato ed il bambino mi pare anche brutto. Questo racconto mi sta sfinendo e mi inchioda alla scrivania per dieci ore al giorno":
 
Io non mi paragono certo ad uno scrittore pero' ho utilizzato quell'aneddoto per descrivere quanta fatica vi sia nell'esercizio della scrittura, soprattutto quando essa diventa mezzo non di semplice comunicazione, ma di esternazione di un interiorità profonda, che rappresenta il frutto di una estenuante, severa ed implacabile ricerca.
 
La famosa iscrizione delfica "Conosci te stesso" potrebbe a mio avviso ben rappresentare lo stato d'animo di chi si appresta a scrivere, quando cio' è fatto per se' stesso, con l'intento di creare si, ma dando vita a qualcosa che gia' è in noi e che deve solo essere svelato.
"Non ci rimane che l'arte per non morire della verità" affermava un celeberimmo filosofo.
Io intendo per arte non l'artifizio, ovvero la rappresentazione di un mondo fantastico, estraneo, dove l'immaginazione da vita, come in una rappresentazione teatrale, a personaggi diversi che si animano e formano il contesto del dramma.
Per arte, per scrittura, io non intendo altro che un mezzo per esorcizzare i propri fantasmi, le proprie ombre, le proprie paure, la propria visione della vita, ed anche, i propri sentimenti. Secondo me il romanzo, paradossalmente, dovrebbe avere un unico personaggio; il resto serve solo a confondere le idee, a riempire inutilmente un vuoto, che poi, alla fine, ricalca soltanto lo stesso vuoto del vivere quotidiano. Il romanzo, quando è orpello, non fa altro che imitare e riprodurre il quotidiano, tradotto in scrittura piuttosto che riproposto in termini filmici utilizzando un paragone che mette in campo i mezzi di comunicazione moderni, con l'antica tradizione della scrittura.
A presto, Massimo.

 
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Commenti al Post:
solo_per_te_sempre
solo_per_te_sempre il 31/08/05 alle 20:23 via WEB
In effetti la scrittura come tecnologia di comunicazione mantiene in germe lo volontà di esorcizzare intesa come controllo del reale.All'inizio era solo logos,al tal punto di non distinguerla con il pensiero,inteso come concetto mentale. Tutte le trasformazioni e adesso le nuove tecnologie hanno un pò emarginato la scrittura come mezzo di espressione e comprensione del mondo,ma internet e il cellulare stanno cercando di ribaltare il potere dell'immagine,che tutto il novecento ha preso il dominio. La scrittura adesso,per qualsiasi scopo o genere letterario è usata è ibrida e intrisa nel vortice del multimediale. Qui la narrazione riportata,che è già un genere si mescola con un'ambiente che è interattivo e creativo per esempio e non definitivo come il romanzo,che ha struttura narrativa chiusa,ma in divenire. Nel novecento il finale aperto è stato un modo per rompere dei canoni letterari attraverso lo straniamento e la simulazione del flusso di coscienza,qui è reale il flusso di coscienza dello scambio,anche se a distanza. E non ha caso i blog sono esorcizzatori di fantasmi che prima erano condannati a rimanere dentro. Ogniuno qui può costruire il suo romanzo esorcizzatore,dal più realistico e quello più onirico. La vera differenza è che questo romanzo è costruito con molta meno solitudine di prima,e se in isolamento la fine forse ha buone possibilità di non divare da un programma iniziale,qui il programma è molto più fallibile. Se la scrittura come mezzo di bloccare su carta la scoperta di se stessi,presuppone un'altro io interlocutore,il classico dialogo con il sè,qui la polifonia delle voci è più modellante rispetto al classico soliloquio. Non ho afferrato bene il pensiero dell'ultima frase che hai scritto,nel qualificare quello che per te è il romanzo,con la similitudine al cinema e all'antica scrittura...ne può nascere una bella discussione. Un saluto
(Rispondi)
 
whatsgoingon2005
whatsgoingon2005 il 01/09/05 alle 12:43 via WEB
Quello che ho riportato nell'ultima parte della lettera, premesso che si tratta di un modo di vedere e di pensare assolutamente personale e scevro da ogni pretesa di verità, puo' dirsi come un'estremizzazione del concetto di scrittura da me precedentemnte richiamato e che tu hai ben illustrato e maggiormente chiarito. In altri termini, se il romanzo, o il cinema, sono forme di rappresentazione della realtà, con espressi e precisi richiami a vicende, luoghi e personaggi, attraverso il cui intreccio si ripropone, in forma immaginifica, il reale, il quotidiano, al fine di descrivere atmosfere, sentimenti, ideali o altre forme astratte di pensiero, la scrittura, intesa come mezzo per esorcizzare la propria visione del mondo diviene direttamente pensiero scritto ed elimina la messa in scena del reale per la descrizione di concetti astratti, dando direttamente forma al pensiero. Per dirla con Maria Zambrano, se è il vuoto che ci spinge sempre verso nuove mete in un movimento perpetuo che ci allontana dall'alienazione e che nella sua definizione prende il nome di anelito o speranza, che caratterizza la condizione umana e diviene il respiro dell'anima, allora, vuoto, speranza e condizione umana finiscono per assumere lo stesso significato. Sondare il vuoto, significa sondare se' stessi, trascendendo quasi il reale, che, in questo ragionamento, è solo "materiale di riempimento" del vuoto; quest'ultimo, il vuoto, rappresenta invece l'essenza. Un saluto, Massimo.
(Rispondi)
 
 
solo_per_te_sempre
solo_per_te_sempre il 01/09/05 alle 15:26 via WEB
Ho capito benissimo adesso quello che rappresenta per te,sei stato veramente chiaro,il chè in questi argomenti lo trovo alquanto difficile. In effetti la funzione che demandi alla scrittura non può essere liquidata semplicemente come creativa o artistica e venendo meno il concetto di rappresentazione del noto,assume quella propria della ricerca e conoscenza nell'indagine che la crea,il soggetto. Non ci sono obiettività in questo campo,ma io lo sono meno ancora in questo discorso,perchè prediligo il tuo stesso modo di concepire la scrittura e in generale il linguaggio. Non è rappresentazione per me del reale già noto,quello nè è uno dei tanti usi che se nè possono fare,soprattutto se lo scopo è informativo referenziale,chiamiamolo pure scientifico..anche se è stato messo in discussione anche in questo ambito. La prospettiva che ho avuto sempre più a cuore è stata quella di creazione della realtà,e non ha fini retorici persuasivi,ma per l'evidente impossibilità di non poterne farne a meno per conoscere. La vera scoperta diceva un famoso semiologo, dopo il cavallo, è stata l'ammissione dell'uomo difronte a se stesso di essere condannato a dare senso alle cose. E anche il senso più trascendente e interiore non si coglie che con un linguaggio che lo significa,e che esso esista già o sia da creare non nè svilisce il suo valore. Uno dei tanti sensi e che siamo solo io e te a interesarci di questo? Possibile che tutti lo usiamo ma in due soltanto ci chiediamo "che cosa usiamo"... a dopo Massimo
(Rispondi)
 
 
 
whatsgoingon2005
whatsgoingon2005 il 01/09/05 alle 20:23 via WEB
Io non sono esperto come te in filosofia; mi sono avvicinato da poco a questa materia, mi animano l'interesse del neofita e l'aver finalmente trovato una chiave d'accesso a questo modo di esprimere i concetti, la cui esistenza finora mi era estranea, quantunque per indole abbia una notevole familiarità con il pensiero introspettivo, di cui, suppongo, la filosofia ne rappresenti l'insieme delle declinazioni. Per me i termini mente, anima, pensiero, coscienza, hanno un preciso e distinto significato e rappresentano un mondo, che è quello dell'interiorità, che è totalmente estraneo al mondo reale e che cammina parallelamente con esso. La parola parlata rappresenta forse il "punto di contatto" che lega questi due insiemi, ma, come ogni suono, come la musica, essa non puo' essere afferrata per il semplice fatto che inizia e poi termina; in altre parole essa interrompe il silenzio, che è, forse - quest'ultimo -, la condizione iniziale, primordiale quasi, che caratterizza il reale, e con esso l'uomo. Facciamo tanto rumore per rifuggire da quel silenzio iniziale. "... gli altri sono per me come dei compagni di viaggio, con cui ci si parla, ma per il tempo che dura il viaggio, e le parole servono solo a riempire il tempo, a spezzare il silenzio, e poi, dopo, ci si accorge di esser li', in attesa di qualcosa, che non sappiamo definire ma che sappiamo che esiste...." Queste parole, che scrissi una volta ad una amica con cui intrattenevo un rapporto confidenziale, pensano possano rendere meglio l'idea del senso che intendevo dare all'intero ragionamento. Io penso che ognuno di noi, almeno in qualche momento, abbia fatto una riflessione del genere, si sia domandato le stesse cose, trattenendole magari nel profondo della coscienza, come a conoscere già che gli altri, comunque, e per altri intendo tutti e quindi nessuno, non sono in grado di offrire una risposta a tali interrogativi. Quella risposta puo' essere trovata soltanto dentro di noi e per ognuno è diversa per il semplice fatto che siamo "unici", aldilà delle esperienze, delle vicende e delle situazioni che si possono, temporaneamente condividere. Penso, ed è questo il tema a cui sto lavorando, che l'amore, inteso nel senso di "stato di innamoramento", sia l'unica condizione che veramente abbia la potenza di rompere nell'uomo (e nella donna) questa condizione di perenne isolamento, di unicità. A questo forse ci si riferisce affermando che l'amore fa parte della condizione straordinaria della vita di una persona, in quanto con l'amore, si sfiora, forse, il significato piu' profondo e piu' vero della vita, quantunque si tratti, anche in questo caso, di una sensazione "a termine", che si esaurisce con la fine dello stato dell'innamoramento. Vi è, a mio avviso, una forte similitudine, tra l'uso della parola nello stato dell'innamoramento e quello della parola analitica: entrambe hanno il potere di restituire al suono quel significato "autentico", quasi magico, che viene addirittura prima del significato stesso della singola parola che dal suono stesso origina. E' forse questo l'unico luogo in cui la parola, il suono, recuperano il potere di "spiegare" la condizione del reale forse perchè riporta amore e transfert riportano a quel rapporto diadico da cui ha origine la nascita, su cui irrompe, violentemente, la nascita, il cui passaggio, che è uguale per tutti, è probabilmente l'unica condizione esistenziale che ci accomuna. Un saluto, Massimo
(Rispondi)
solo_per_te_sempre
solo_per_te_sempre il 01/09/05 alle 22:01 via WEB
Ragionamento ancora più complesso e esemplare del modo che già avevo colto nel precedente.Non servono basi nè filosofiche nè di altro genere per arrivare a questi livelli di sofisticazione,anzi di solito,e così è stato per me,le basi affievoliscono quel tipodi indagine profonda e creativa purtroppo.Le basi in questi campi sono più soffocanti di qualsiasi altra cosa,irretiscono e se si ha il coraggio di distruggerle,si continua,altrimente tutto il sistema assume la forma rigida di un semplice artificio concettuale. Quello che secondo me hai espresso nel commento sopra è il postulato dell'origine della natura del pensare,riconosciuto anche da certe prospettive semiotiche,che sono le uniche che sono state riconosciute come discipline scientifiche sul senso. Sorprendente per me averle trovate in un tuo ragionamento che si dice immune alla classica formazione accademica,ma di certo convalida di quello che già penso in merito. Non credo che tutti e non voglio offendere nessuno,si pongano il problema del senso,anzi della nascita del senso,che come sinteticamente dici,è non ancora significato,e proprio nel momento che lo diventa muore,essendo per natura processuale e non stato. Poi onestamente trovo il modo in cui sei riuscito a esprimere il tutto,molto significativo,secondo la mia parziale obiettività,hai colto proprio nel segno. Non aggiungo altro perchè credo che tanti altri punti di vista ci possono essere,ma essendo il mio molto vicino a quello che hai scritto,spero di leggerne dei difformi.. ciao Massi...
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minsterr999
minsterr999 il 25/03/09 alle 07:22 via WEB
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