WICASA onlus

CANE SACRO (cavallo)


All'inizio del XVII sec. quando gli uomini rossi (wicasa) delle Grandi Pianure a est delle Montagne Rocciose si imbatterono nei primi cavalli, furono colti da un senso di meraviglia. Non avevano mai visto animali tanto belli e maestosi, che si muovevano in mandrie nelle praterie. Conoscevano il Bisonte, l'Alce ed il Cervo, che erano la base del loro nutrimento e che catturavano a gran fatica, inseguendoli a piedi, correndo, trafiggendoli con le frecce e le lance o facendoli precipitare da alti dirupi. ma, per loro, quegli animali non erano che dispense mobili di carne; nessuno aveva mai pensato di balzare in groppa ad un Alce o un Bisonte selvaggio, per farne un efficace mezzo di trasporto.Con il cavallo il rapporto fu subito diverso. Non sappiamo in quale epoca esatta l'uomo rosso si trasformò da camminatore a cavaliere. Ma, quando ciò avvenne (tra il 1600 ed il 1650), la cultura delle Grandi Pianure godette di un'accellerazione impressionante.Quanto era lento, goffo e vulnerabile l'uomo rosso a piedi, tanto divenne elegante, rapido e micidiale in groppa al suo cavallo.nel continente americano, il cavallo era estinto da 10.000 anni. Non è certo se la scomparsa delle specie sia da attribuire al clima severo delle glaciazioni o all'arrivo di bande di cacciatori preistorici che lo sterminarono. E' appurato che il nobile quadrupede riapparì nel Nuovo Mondo attraverso la Spagna. In questo paese gli Arabi avevano introdotto i loro splendidi corsieri all'epoca dell'espansione islamica. Attraverso lo Stretto di Gibilterra, i Musulmani sbarcarono con i loro purosangue, che facilmente si adattarono alle condizioni ambientali e climatiche delle pianure iberiche, simili a quelle delle terre di provenienza.All'inizio del XVI sec. il conquistador spagnolo Hermàn Cortès raggiunse il Nuovo Mondo con 16 cavalli arabo-spagnoli, i primi puledri che ponessero i loro zoccoli sul suolo americano dopo millenni. Altri conquistadores imitarono Cortès. Fra il 1538 ed il 1542 (anno della sua morte) Hernando de Soto esplorò la Florida, spingendosi all'ovest, fino al Nuovo Messico. Al suo seguito viaggiava un esercito di 600 uomini, fra fanti e cavalieri. E proprio dalle mandrie di De Soto molti animali fuggirono nelle praterie.A loro si unirono cavalli che si erano allontanati dalle fattorie e dalle haciendas degli spagnoli che intanto si erano istallati nel Nuovo Messico.Furono questi i progenitori dei "mustang", i cavalli dell'epopea indiana. Le tribù del nord, i Lakota, chiamarono il cavallo con il significato del nome di "shunke" "wakan" , un appellativo poi condiviso da molte genti indiane.L'origine di questa fantasiosa denominazione si spiega facilmente. Il cane era impiegato da secoli come animale da trasporto; grazie ad una semplice imbragatura, l'animale trainava i "travois2 (da una parola francese che significa ), una specie di slitta rudimentale formata da due pali divergenti a forma di rombo tenuti insieme da travertine su cui si appoggiava il bagaglio. Quando impararono ad addomesticare il cavallo, gli indiani non fecero che aumentare le proporzioni del travois, scoprendo però che la nuova forza motrice era prodigiosa per resistenza, velocità ed intelligenza.Fu automatico considerare il cavallo un dono del Grande Spirito (Wakan Tanka); da qui il suo nome di .Uno dei vantaggi più sorprendenti del cavallo fu la scoperta della sua autosufficienza. Il "mustang" (a differenza del cane che è carnivoro, quindi costoso da mantenere) nei lunghi decenni di acclimatamento all'esistenza brada nelle pianure erbose, quando molti esemplari si erano mescolati alle immense mandrie dei Bisonti, si era assuefatto a procurarsi il cibo da solo. nella buona stagione, l'erba delle praterie era sufficiente a nutrirlo. Quando la neve ammantava le pianure, il mustang si accontantava dei magri steli che foravano la bianca coltre o della corteccia degli alberi, strappata e masticata.Nell'economia elementare dei cacciatori-raccoglitori, quali erano gli indiani delle Grandi Pianure, il cavallo fu l'acquisizione più sensazionale.I Comanche, tra tutte le tribù, crearono la più perfetta integrazione uomo-cavallo. Nel campo dell'esperienza equestre, salirono in cattedra, facendo del quadrupede uno spettacolare strumento di progresso ed emancipazione. Il loro stesso concetto di spazio mutò. La resistenza del mustang era tale che un uomo sul suo cavallo poteva percorrere centinaia di km in pochi giorni. Il raggio d'azione delle razzie aumentò vertiginosamente. I territori di caccia al Bisonte assunsero dimensioni mai viste.Le qualità di recupero del mustang erano leggendarie. Una notte di libero pascolo nella prateria, dopo una giornata intera di scorribande di caccia o di razzie, restituiva l'animale alla sua più poderosa freschezza. Secondo gli antropologi, l'introduzione del mustang nella civiltà comanche, produsse effetti paragonabili all'avvento dell'elettricità o del motore a scoppio nel mondo occidentale. In groppa al loro mustang, i Signori delle Pianure tennero in scacco, oltre alle altre tribù indiane che cercavano accesso alla loro terra, anche Spagnoli, Texani, Messicani e, da ultimo, l'esercito americano.Solo l'avvento delle armi da fuoco a ripetizione - fucili e pistole - mutò il rapporto di forza. Ma fin quando la partita fu tra uomini armati di canne a colpo singolo e guerrieri montati su veloci ed imprevedibili mustang, maestri dell'arco e della freccia - un Comanche scagliava almeno altre 5 freccie, estraendole dalla faretra sulla spalla, prima che il colpo iniziale trafiggesse il bersaglio - i fedeli del Grande Spirito mantennero saldo il dominio sulle pianure, elaborando una fiera cultura di guerra, ma anche complesse ed articolate esperienze di pace, fondate su un armonico rapporto tra individuo umano e natura.Lobo Rojo      ("i Comanche - I guerrieri delle Grandi Pianure" di Ezio Savino)