Science & Poetry

L'esperimento di Campbell e Wilmut


Secondo chi l'ha inventata, la tecnica si addice meglio del semplice splitting agli animali più grandi di un topo. I ricercatori hanno prelevato un embrione di nove giorni, fatto circa di un centinaio di cellule, da una pecora gravida (a questo stadio le cellule non sono ancora differenziate, ma contengono i geni per l'informazione dell'intero individuo) e lo hanno messo in un terreno di coltura compartimentato, vale a dire formato da molte microconcavità: le cellule dell'embrione, moltiplicandosi, hanno quindi riempito i diversi spazi. In meno di una settimana gli scienziati hanno ottenuto migliaia di cellule identiche. Ad altre pecore femmine, hanno poi somministrato ormoni, in modo da ottenere ovuli maturi dalle loro ovaie, ai quali è stato tolto il corredo genetico, ma non l'intero apparato enzimatico e molecolare necessario per il suo sviluppo. Le cellule embrionali della coltura unite alle uova mature ma senza geni, sottoposte a una corrente elettrica, si sono fuse le une con le altre, iniziando a dividersi in nuovi embrioni, che sono quindi stati singolarmente impiantati nell'utero di nuove femmine, per il completamento della gravidanza. L'efficienza è stata bassa, tanto che su 250 embrioni, solo 2 sono sopravvissuti, ma i ricercatori hanno cantato il loro successo, nonostante le accese proteste da parte di oppositori, che sostengono l'inutilità e la discutibilità dell'esperimento.