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FABBRICHE LAGER CINESI (PARTE IV) - FINE


In queste fabbriche viene violata perfino la legislazione cinese sul lavoro, che pure non è certo avanzata nel tutelare i diritti. Il salario minimo legale nel Dongguan è fissato a 3,43 yuan l'ora (34 centesimi di euro) ma questi operai sono pagati 2,9 yuan all'ora. Fare gli straordinari è obbligatorio - la giornata media è 13 ore di lavoro - eppure spesso non sono pagati. Un trucco per spremere gli straordinari gratis consiste nell'aumentare gli obblighi di produttività: a un reparto è stato fissato l'obiettivo di migliorare il rendimento del 30% alzando la produzione di agendine a 520 l'ora; se quell' obiettivo non è raggiunto a fine giornata gli operai devono fermarsi in fabbrica finché non hanno completato la produzione, senza aver diritto a un compenso. Le aziende addebitano agli operai fino a 185 yuan al mese per le spese di alloggio e vitto, anche se si tratta di dormitori con stanze di 8 letti in 12 metri quadrati, e il cibo "è di una qualità così infima che si vede dal colore che ha". Nei reparti di produzione regna un calore oppressivo e non ci sono ventilatori. Un giorno di assenza dal lavoro viene sanzionato con 100 yuan di multa. Quando degli operai hanno osato protestare per chiedere dei miglioramenti salariali, sono stati picchiati dalle guardie giurate, e i capi dell'agitazione sono stati licenziati.  Un racket di sfruttamento dello schiavismo con oltre mille vittime. Spettacolari operazioni di polizia per liberare più di 450 minorenni al lavoro nelle fabbriche-lager. Immagini agghiaccianti dei bambini-schiavi e arresti di Vip ripresi con grande evidenza dai mass media ufficiali. Improvvisamente le autorità cinesi sembrano decise a dare battaglia contro il vasto mondo del capitalismo criminale, cresciuto per anni grazie alle protezioni politiche, che prospera sulla tratta di moderni schiavi: contadini poveri, bambini di campagna venduti ai trafficanti di carne umana. Con una significativa coincidenza, i blitz delle forze dell'ordine sono avvenuti quattro giorni dopo che la Cina era stata denunciata all'opinione pubblica internazionale per lo scandalo dei minorenni che fabbricano oggetti col «logo» delle Olimpiadi 2008. La più importante azione di polizia mai effettuata contro lo schiavismo nella Repubblica popolare cinese ha avuto il suo epicentro nelle province dello Henan e dello Shanxi. E' lì che oltre 450 minori sono stati liberati dalle fabbriche di mattoni in cui lavoravano. È stato il culmine di un' indagine di cui si era avuto sentore qualche giorno fa, che coinvolge tra gli imputati il figlio di un boss locale del partito comunista.Il figlio del segretario del partito in una cittadina dello Shanxi, possiede la fabbrica di mattoni a Hong Kong dove un manager ha massacrato di botte uno dei suoi dipendenti, fino a ucciderlo. L'inchiesta di polizia è stata innescata dalle denunce di genitori che avevano perso ogni traccia dei figli. Gli stessi genitori hanno accusato le forze dell'ordine di avere ignorato a lungo i loro appelli, perché complici dello stesso racket mafioso specializzato nella tratta e nello sfruttamento dei minori. Un giornale nazionale, Tempi di Pechino, rivela l'odissea di un bambino prima liberato dalla fabbrica di mattoni di Shanxi, per poi essere venduto nuovamente a un'altra fabbrica-lager: a consegnarlo ai suoi carcerieri è stato nientemeno che un funzionario dell' ispettorato al lavoro. Da una parte Pechino sente il bisogno di recuperare credibilità all'estero dopo lo scandalo olimpico. D'altra parte c'è uno scontro reale fra settori del regime che puntano verso una modernizzazione compiuta e riforme «socialdemocratiche» (compresa una migliore tutela dei lavoratori) e quella parte della nomenclatura che non rinuncia ai vecchi metodi mafiosi per arricchirsi.
bambini-operai in una fabbrica di mattoniFonte: http://www.liceoberchet.it/ricerche/geo4d_07/gruppoB/fabbriche_lager_cinesi.htm