Sogni e Realtà Possibili di Vita Vissuta

 

Volendo scrivere un racconto, anche breve, bisogna iniziarlo. Ma cosa raccontare? In merito a cosa? La volontà di comunicare è forte ed impellente. Si desidera rendere partecipi gli altri a fatti occorsi, a sentimenti provati, ad esperienze vissute. Oppure a vicende non necessariamente reali, ma di pura fantasia, in merito a quello che si suppone sarebbe stato se la realtà non fosse costantemente mutata da fatti e circostanze puramente casuali.

Talvolta, dopo lunga meditazione, si arriva alla determinazione di desistere dal proposito e non pensarci più! Ma l’impulso di raccontare comunque e nonostante tutto diventa sempre più forte ed impellente. Allora, in quel preciso istante, sentimenti quali riservatezza, modestia, oppure semplice vergogna, scompaiono, come neve disciolta al sole. Sicché si inizia a raccontare.

AMAMI ALFREDO……….

L’acqua scivolava morbida sui piatti, gli spruzzi si infrangevano sul grembiule impermeabile. Un piatto, un ricordo, così via. Anche dopo aver terminato, i ricordi continuavano ad accavallarsi e a scontrarsi tra loro. Elena se ne era andata e l’unica cosa che restava di lei era la sua lettera di addio; anzi, neanche quella perché l’aveva gettata nel cesso. Ma ciò non serviva ! Quelle parole continuavano a tormentarlo; tant’è che per l’ennesima volta alcuni concetti riaffioravano ancora:

” Mio caro,

in questo momento ho un gran vuoto dentro; una grande confusione nella mente e nel cuore. Vorrei riuscire a comunicarti il mio stato d’animo, e quindi cosa provo; ma se da una parte desidero farlo, dall’altra qualcosa mi blocca…..Spesso vivere è difficile, complicato e il suo percorso frapposto di ostacoli reali o immaginari da noi stessi creati, che fatalmente subiamo nostro malgrado. Spesso tendiamo scaricare sugli altri le nostre tensioni, sicché i rapporti si fanno più difficili; talvolta insostenibili….”

Si asciugò le mani, si accese l’ennesima sigaretta. Pensò che attualmente si tendeva a consumare tutto, sentimenti compresi.

Dante diceva che i trentacinque anni rappresentano nella vita di un individuo il punto massimo di un arco e si doveva presumere anche che, a tale età, un uomo avrebbe dovuto raggiungere  un certo equilibrio, datosi che lui, di anni, ne aveva quasi quaranta.

L’uomo notoriamente è un essere debole, quindi bisognoso di cure. La donna, più autosufficiente, sa provvedere a se stessa, organizza meglio la sua solitudine. Essa può anche stare sola creando meno scompiglio nell’ambiente circostante.

Al momento lui era molto debole e, per di più, di scompiglio ne creava parecchio.

Aveva fatto una scelta di vita a ” momenti” per ogni cosa, per ogni circostanza: il lavoro, il riposo, il cibo, lo svago, l’amore. Se Achille aveva trovato nel suo tallone il punto debole, lui, lo aveva idealmente un poco più in alto, spostato verso il baricentro ! 

Cercava di gestire anche quello a momenti, ma non ci riusciva. Il suo vero problema era questo!  –  Dipendeva dalla sua vena romantica,  umana, sfuggita in qualche modo al rullo compressore dell’esistenza, che tutto rende piatto e sterile.-

Spesso si era chiesto cosa avesse di diverso dall’altro o dagli altri; oppure dall’amante della Rita, la sua vicina, che spesso nel cuore della notte la sentiva mugolare: “Amami, amami Alfredo; senti come sono bagnata; accarezzala, sono la tua donna, la tua piccola puttanella”.

Spense la sigaretta; era tardi, quasi l’una, aprì la finestra della cucina e si affacciò al balcone. Era una splendida notte d’estate, l’aria era profumata; una dolce brezza veniva dal mare.

” Genova è splendida di notte, attraente come una bella donna insoddisfatta”, pensò. Poi sentendo singhiozzare debolmente, mormorò tra sé: “come la Rita”.

Chiuse la finestra per non sentire, e se ne andò a letto.

Sulla collina c’era un’osteria; scese dall’auto, entrò chiudendosi alle spalle un’antica porta annerita dal tempo. Un odore di vino e di tabacco aspro aleggiava all’interno. L’ambiente buio e fumoso gli dava un senso di sicurezza, come il ritorno a casa dopo una lunga assenza; si sedette ad un tavolo guardandosi in giro.

Due vecchiette, rinsecchite dagli anni, si muovevano faticosamente tra i tavoli per servire i clienti. Quella che pareva essere la più giovane, avvicinandosi gli chiese timidamente cosa volesse bere.

Ordinò del vino, poi si guardò intorno. Quasi tutti gli avventori erano seduti ai tavoli e giocavano a carte. Gli altri, in piedi, osservavano le giocate, che poi commentavano ; ma dalle loro bocche non usciva alcun suono. Si udiva solo una dolce e malinconica cantilena, mormorata a più voci, ognuna con diversa intonazione:

” Morte, dolce Morte che ti avvicini, cosicché conoscerti possa!

La vita trascorre, paura non ho; semmai rimpianto, ansia senz’altro: dell’attimo.

E’ la coscienza del morir che sconvolge, credo.

Il resto è storia umana, spicciola di noi”.

La notò solo quando gli fu vicino; stava in piedi e lo fissava intenta; probabilmente era seduta nella parte più buia del locale e non la vide avvicinarsi al suo tavolo. Era una donna magra; i suoi capelli neri, lunghi fino alle spalle, erano spruzzati d’argento; di età indefinibile, ma ancora giovane; i suoi occhi verdi erano grandi e profondi.

Rimase affascinato dalla sua fredda bellezza e continuava a guardarla incantato.

“Potresti invitarmi a sedere, invece di continuare a fissarmi” – disse lei –

poi si sedette, gli sorrise maliziosamente e bevve un sorso del mio vino.

” Chi sei?”, chiese lui;

“non ti conosco, tu sì, sembra!”.

“Non mi conosci” – proseguì la donna -” però, da qualche tempo mi stai cercando”;

“infatti oggi sei qui; comunque te lo voglio dire, tanto prima o poi lo sapresti”:

“sono la Morte!, ma non sono venuta per te. Sono qui per lei” – E indicò, con un cenno del capo la più vecchia delle due donne – ” Poveretta è tanto che aspetta: stanotte le tenderò la mano, e ce ne andremo insieme”.

“Sai, parecchi mi cercano, ma pochi mi desiderano veramente! Continuò :

non sanno aspettare, proprio come te.

Sicché quando al fine mi vedono si spaventano; si disperano. Poi, rassegnati, mi seguono”.

“Io non ti stavo cercando” – rispose lui – ” anche se spesso, ho desiderato incontrarti”.

Lui, allora, le raccontò della sua vita; le parlò delle sue speranze; le disse quali fossero le sue paure, le chiese di spiegargli quello che, fino a quel momento, non aveva ancora capito. Pianse poi a lungo, come quando era bambino.

Lei lo ascoltò attentamente ; seppe, cosi’, quali fossero le sue speranze, le sue paure. Lei rispose a tutte le sue domande, ma con molta semplicità. Chiarì ogni suo dubbio.

Continuarono a parlare e parlarono ancora, e, ancora.

La notte era quasi trascorsa. L’osteria era deserta ed immersa nel silenzio; si udiva solo il respiro affannoso della vecchia, che si era addormentata con il capo chino sul tavolo.

Lei si alzò, lo guardò, e gli disse con dolcezza:

” E ‘ ora! Devo andare; non temere d’amarmi!”

“Io sono come tu mi vedi, ed esisto perché questo è l’ordine naturale delle cose”.

Si avvicinò poi alla vecchia , le accarezzò la testa candida, la prese per mano e se la portò con sé

Rimase immobile a sentire il rumore della porta, che sbatteva sospinta dal vento della notte ; era rimasto solo e per un attimo aveva desiderato di unirsi a loro: rincorrerle, prendere anche lui la vecchia per mano e, insieme , incamminarsi verso la notte.

Non lo fece; si alzò, ed uscì dall’osteria ; salì sull’auto, e partì verso la fine del sogno, ma sapeva che un uno giorno l’avrebbe incontrata ancora: ora la conosceva.

Si svegliò con un forte mal di testa. I postumi del troppo bere e fumare si facevano sentire: era quasi mezzogiorno.

Dormiva sempre parecchio le mattine dei week end ; i suoi sogni erano sempre così strani . Talvolta si trasformavano in incubi  e si svegliava urlando con il cuore in gola, madido di sudore, per poi cadere in un torpore senza sogni.

Era sabato e non aveva nulla di particolare da fare, salvo la spesa e pulire un po’ l’appartamento, altrimenti rischiava di passare dal disordine al caos : non poteva permettersi una donna delle pulizie, le sue magre entrate non lo consentivano.

Aveva conosciuto Elena ai giardini pubblici, una domenica pomeriggio, durante il suo incerto peregrinare senza meta per la città.

Era seduta su una panchina di Villa Gambaro e stava leggendo un libro. I loro sguardi si erano incrociati per un attimo, ma lei abbassò gli occhi ; pareva inquieta, lui lo avvertì : fu come una sensazione che lei gli trasmise. Se ne chiese la ragione; poi, quasi infastidito, proseguì oltre . Ebbe l’impressione che lei gli avesse dischiuso l’animo affinché, lui, ne conoscesse le pene più recondite.

.Da molto tempo, ormai, aveva imparato a curarsi meno degli altri, non perché fosse diventato insensibile; il suo carattere era mutato con il tempo, trasformandosi in una specie di autodifesa, che sia creato ed imposto faticosamente.

Aveva superato vari stadi di solitudine ; una sera che non ne poteva più era uscito sul ballatoio e, lui stesso, aveva suonato il campanello d’ingresso. Immaginava che il telefono squillasse, o, quanto meno, cercava di anticiparlo di alcuni secondi e fissando l’apparecchio sperava che suonasse.

Si era reso conto dell’assurdità di quegli stati d’animo e temeva che ciò lo avrebbe potuto condurre verso una sorta di l’alienazione.

Quella domenica sera il campanello d’ingresso suonò realmente e se la trovò di fronte aprendo la porta. Lei aveva l’aspetto di un gatto randagio, o almeno così gli sembrò quando la vide.

L’impressione non derivava dal suo abbigliamento, ma dai suoi occhi spauriti, e, nel contempo, diffidenti. Spostava il peso del corpo da una gamba all’altra come a disagio ; la mano sinistra stringeva i baveri di un soprabito color crema, quasi avesse freddo; il braccio destro, invece, era teso e le porgeva un portafoglio, che riconobbe subito come il proprio. Con un filo di voce lei disse di averlo trovato, sopra ad una panchina, ai giardini:

” …, per terra; l’indirizzo era sulla patente; … pensava, che essendo vicino…; comunque, sperava che non mancasse nulla!”.

Nella smania di ricerca si finisce per non trovare nulla. Si realizza di aver inseguito un miraggio, un abbaglio momentaneo. Non si agisce nel presente con la prospettiva di attuare nel futuro. Si vive nella fantasia ciò che non è reale, ma che si vorrebbe fosse. Essere distrutti e risorgere dalle ceneri, ogni volta, come una Araba Fenice.

Se il potere è la facoltà di condizionare l’ambiente ; l’impotenza è l’incapacità, o meglio, la possibilità di non dover far nulla, quindi rappresenta una certezza : gli eventi si svolgono sotto i nostri occhi, con un rigoroso copione e, come trascinati dalla corrente, si può solo muovere gli occhi e respirare ; passeggiare in centro il sabato pomeriggio; osservare la gente che si mostra, si spinge, si scontra, si fissa e prosegue : le loro storie si confondono, non si può distinguerne una dall’altra, tanto sono simili ; fermarsi e chiedere non serve : sicché scompaiono anonime tra anonimi.

– Alcune settimane dopo quella sera, Elena si trasferì da lui –

Spesso, per lavoro, si assentava alcuni giorni; il fatto risaliva, probabilmente, a quei brevi periodi, nei quali era fuori città. Poi la cosa aveva seguito la sua naturale evoluzione senza che se ne rendesse conto. L’epilogo lo conosceva; non nei suoi particolari dettagli, ma il risultato non cambiava. Elena era uscita dalla sua vita in sordina, come vi era entrata.

Le storie, come le passioni, iniziano, si evolvono ed hanno il loro epilogo.

La vita continua ma è necessario, se non vitale, avere la facoltà di rinnovarsi, stabilire nuove regole e scorrere, come un fiume, verso la foce; raggiungere il mare ed, infine, la fonte d’origine.

L’inverno era stato pessimo, più rigido del solito : la neve era caduta copiosa ed aveva coperto ogni cosa. Poi arrivò il gelido vento dal Nord e tutto racchiuse nella sua morsa.

La Primavera giunse all’improvviso ; il ghiaccio si sciolse in rivoli d’acqua ; l’acqua scorse giù dalle vallate, si raccolse in corsi, poi in torrenti ; raggiunse i fiumi e quindi il mare.

Poi partì per il Messico, là, visse quasi sempre all’aperto, in riva al mare; passeggiava tutto il giorno lungo rive sabbiose piene di palme. Gli piaceva sdraiarsi al sole e sentire la sabbia rovente scorrergli tra le dita; osservare i pescatori intenti a ricucire

le reti; mentre raccoglievano il pesce pescato in grossi canestri tondi. Ogni tanto gettavano qualche pesce a degli enormi uccelli marini, che volteggiavano pigramente sopra le barche lanciando strida acute. In quei momenti si sentiva veramente felice ed appagato. La vita in fondo poteva essere ancora piacevole.

Il ritorno a casa è sempre bello ; quando se ne supera la soglia, e, si respira i suoi odori. Si ha una sensazione struggente di pace e di protezione ; poi poco dopo ci si rende conto che i nostri affanni non erano rimasti lì, ma erano stati sempre con noi, portati sulle spalle a mo’ di zaino. Il passato si confonde, quasi non esistesse più e se ne ha solo un ricordo sfumato, comunque scomparso quasi miracolosamente dalla nostra mente. Così il ricordo e l’esperienza risultano vaghi e confusi, come se i fatti occorsi non fossero nostri, ma di sconosciuti.

Spesso sii chiedeva quale sarebbe stato il futuro, dal momento che il passato spariva come inghiottito dal tempo e dagli eventi ; in particolare il suo, che non riusciva ad intravedere oltre il giorno dopo.

Pensava spesso alla donna del sogno; talvolta gli sembrava di averla intravista di sfuggita tra la folla. Non era sicuro che fosse proprio lei.

Dopo il viaggio in Messico si sentiva più in forma del solito; aveva persino fatto qualche piccola riparazione in casa. Se ne stava solo ed evitava accuratamente di vedere gente. Di Elena non ne sapeva più nulla e non aveva proprio idea di dove fosse. La ferita si stava rimarginando e gli faceva meno male.

Quel giorno faceva gli anni; ormai si era abituato a considerarlo un momento di riflessione e non di ricorrenza, ma decise di festeggiarlo, però non aveva voglia di uscire; non gli piaceva mangiare al ristorante, specialmente da solo. Si sarebbe invece cucinato qualcosa di speciale; avrebbe bevuto una bottiglia di buon vino e se ne sarebbe andato a dormire.

Aveva voglia di polpette; era tanto tempo che ne mangiava. Pensò agli ingredienti; poi decise che ci voleva della carne trita. Aprì il frigo in cerca di carne; trovò delle bistecche e si girò a guardare il vecchio tritacarne sul banco della cucina. Era antiquato, massiccio e quasi arrugginito; non sapeva se funzionasse ancora perché non lo aveva mai usato: non era il suo, ma della sua padrona di casa.

Spesso ci chiediamo come avvengano certi fatti, comunemente definite disgrazie, o incidenti: sono inspiegabili.

Fu così che la sua mano, maldestramente usata per spingere una grossa bistecca dentro il tritacarne, rimase incastrata stritolandosi tra gli ingranaggi della macchina.

Un vecchio era chino su di lui e lo fissava con due enormi occhi scuri. Era completamente calvo ed era privo di ciglia e sopracciglia

.Il dolore lo aveva sfinito; ormai non si sentiva neanche più il braccio. Era rimasto aggrappato al tritacarne, che era fissato al banco della cucina con delle grosse viti; per cui era rimasto in ginocchio e usare la mano sinistra per mantenersi in equilibro e non cadere sul pavimento, evitando di rimanere appeso per il braccio.

Aveva perso molto sangue; aveva urlato disperatamente, ma sembrava che nessuno lo avesse sentito.

Con un filo di voce chiese chi fosse!

” Sono il Controllore!” – rispose il vecchio –

“Ma chi controlla il Controllore?” , gli venne stupidamente in mente di chiedergli.

Il vecchio proseguì calmo:

“Il controllore non è controllato! Dorme e sogna l’Immaginabile nella dimensione delle possibilità possibili ; così egli crea il credibile, sino dall’inizio o dalla fine, poco importa: perché l’importanza importa poco, o nulla. Il concetto di tempo e spazio è nullo, o si annulla. Sicché è al di là delle regole regolabili. Quelle che non lo sono, esistono lo stesso. Ma non devono essere considerate, in quanto inconsistentemente consistenti, e, quindi non rilevanti.”.

Avrebbe voluto uscire dal sogno, e risvegliarsi come al solito. Il braccio si era gonfiato e gli faceva male; era quasi giorno. Il vecchio era sparito. Lei c’era! Ne aveva avvertito la presenza, non la vedeva, ma sapeva che era in lì, in casa, con lui.

La intravide nella penombra; era seduta su una sedia e gli volgeva le spalle; sembrava intenta ad osservare qualcosa attraverso la finestra, forse l’alba, ormai prossima.

Udì ancora la sua voce:

” Questa volta non stai sognando! Questa volta sono qua per te! E non posso dirti che mi dispiace, in quanto è un sentimento che non conosco : ti posso dire però che hai un’alternativa. Si! Proprio cosi. Hai una possibilità di scelta, tutti ne hanno una “.

“Il Controllore, che hai visto prima, – proseguì – te ne offre una; io ti propongo l ‘altra. Tu devi solo decidere quello che desideri. Lui può immaginare per te la Realtà di Elena che ritorna. Ti soccorre; chiama aiuto. Riescono a staccare il tritacarne dal tavolo, e ti portano al più vicino ospedale. Al Pronto Soccorso non sanno che pesci prendere: scioperi! Il dottor Tizio non c’è e il dottor Caio non sa smontare un tritacarne, e neanche se ne prenderebbe la responsabilità: tanto più afferma che perderesti la mano, comunque! Poi tutto si risolve. Riescono a liberartela. Sfortunatamente c’è poco da fare, non riescono a salvartela, e la perdi! Elena ti assiste amorevolmente, dice di amarti .Tu, ormai, non più. Vi salutate all’uscita dell’ospedale; ognuno per la sua strada ad affrontare il proprio destino. Sicché, reggendo con il moncherino un sacchetto di plastica con dentro gli indumenti che indossavi il giorno della disgrazia, prendi la strada di casa. Ti confondi tra la folla anonima e ti senti più sollevato. Ti senti finalmente libero! Ora hai capito la tua realtà; sai chi sei e cosa vuoi, o, perlomeno cosa ti devi aspettare da essa. C’è voluto del

tempo e una mano da perdere, quella destra, e, tu non sei mancino”

Io posso offrirti l’altra alternativa! Sai quale! Con la sola differenza che essa è più breve, rispetto al tempo in senso lato, però più intensa. Quello che hai fatto, che hai avuto ed aspirato, era quello che doveva essere : la conclusione di quello che è concluso e, che, al di là di questo non si può ne dare ne avere ; uno stato neutro, piatto e statico rispetto alla dimensione in cui tu sei inserito ; una dimensione relativa dove tutto si incastra e, infine, coincide perfettamente nell’attimo estremo. Il Controllore rappresenta, le possibilità possibili, a cui tu puoi attingere e cogliere quella a te più confacente o, alla quale, perlomeno, tu voglia aspirare”

Devi riflettere e decidere ora, perché hai poco tempo ormai! Fai però la scelta che possa di più soddisfare le tue aspirazioni, in quanto nel momento che la fai essa è definitiva.

Io aspetto ancora alcuni attimi, poi vado a proporre altre alternative”

Togli dal tuo cuore la speranza residua, e così per sempre, perché io sono in quanto tu sei: il legame che ci unisce è indissolubile ed eterno .

Vedo che balla una danza in tondo……

Le sue braccia si muovono alzandosi ed abbassandosi ritmicamente.

Un sorriso illumina il suo volto.

Lentamente rimpicciolisce sempre più, e si allontana, fino a scomparire.

Ora non c’è più!

Mutazione, Ovvero Metaforfosi di Marco

 

Marco era furioso con se stesso, lo aveva sempre saputo! Aveva sempre pensato che sentimenti e razionalità fossero due componenti ben distinti aventi ognuno funzione diversa nei fatti umani. Sicché, ora si era trovato proprio nella precisa situazione nella quale aveva sempre temuto di trovarsi, e, che, aveva sempre cercato, con tutte le sue forze, di evitare.

Forse fu per questo che subì una trasformazione tanto improvvisa quanto radicale! Ora, a questo punto, potrebbe venirci in mente una metamorfosi altrettanto violenta e tragica nei suoi risvolti spettacolari ed umani, come quella, ad esempio, del Dr. Jekyll, diventato Mr. Hyde. Ma questo sarebbe voler essere troppo semplicistici e si rischierebbe di cadere nel banale, specialmente facendo riferimento alla letteratura classica di quel genere.

La metamorfosi di Marco fu più immediata, incruenta, senza pozioni complicate e potenti. La trasformazione di Marco avvenne nell’intimo, a livello emotivo, e quindi nel comportamento.

La prima azione posta in essere fu quella di dare un calcio ad un gatto, che passava tranquillamente li per caso; cosa che risulterebbe inconcepibile e altamente deplorevole, almeno secondo i suoi principi. Si vestì poi in maniera vistosa e pacchiana: camicia aperta sul petto villoso, collanina d’oro e cose del genere.

Così, iniziò a mostrarsi in giro.