MEGLIO UN COLPO DI STATO CHE UNA PRESIDENZA TRUMP
Redazione Giube Rosse 26/12/2023
Salon, una delle testate più influenti del progressismo liberal americano, ha dato spazio due giorni fa a un articolo di Gregory D. Foster, veterano del Vietnam, professore alla National Defense University, esperto di difesa, firma ricorrente di varie riviste militari ed esponente di spicco del complesso militare-industriale americano.
Secondo Foster, il pericolo di un ritorno alla presidenza di Donald Trump deve indurre a un “ripensamento fondamentale delle relazioni civili-militari”, quel contratto non scritto, ma vincolante di ogni democrazia, secondo cui l’esercito è sottoposto alla supervisione del Congresso, dell’esecutivo e dell’opinione pubblica e che permise, ad esempio, a Truman di licenziare il generale Douglas McArthur nel 1951, allorché questi cercava di scavalcarlo durante la guerra di Corea. “Ma se e quando una delle parti non riesce a svolgere correttamente il proprio ruolo, il contratto si rompe e la democrazia viene messa a rischio, almeno in una certa misura”. Quando l’esecutivo viene meno al proprio ruolo, ad esempio perché il presidente eletto è portatore di un’idea di governo autocratico nella quale la lealtà al comandante in capo delle forze armate è più importante della Costituzione e l’esercito viene utilizzato come guardia pretoriana, il contratto si rompe e il presupposto del “controllo civile dell’esercito” viene meno. In tale eventualità, toccherebbe dunque all’esercito stesso diventare “il guardiano dell’ordine costituzionale democratico”: “Quando il comandante in capo e i suoi ufficiali nominati dimostrano evidente miopia, codardia, incompetenza e ipocrisia, l’esercito è probabilmente giustificato a non essere né silenzioso né accondiscendente”.
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Il mio Commento: quando non esiste saggezza politica con principi e valori fortemente impregnati nel tessuto sociale, i pilastri portanti iniziano a scricchiolare, in quanto non sono uniti da forti fondamenta alla base e non sono uniti solide architravi ai vertici.
Da un momento all’altro, iniziano a manifestarsi, i primi scricchiolii che anticipano il successivi crolli a catena e a effetto domino.
Non dobbiamo pensare al crollo finanziario, a crisi economiche, a crisi politiche, o a catastrofi. La vera crisi di un popolo avviene quando a tutti i livelli di potere politico e in buona parte della popolazione civile si manifestano allarmanti segnali di squilibri mentali.
Un essere umano con un corpo e una mente sana, dotato di conoscenza ed esperienza, sopravvive nel deserto, in una giungla, in un’isola deserta o anche nella più caotica delle metropoli.
Un uomo che che ci sta più con la testa, uccide o si uccide, crea danni a se stesso e agli altri, perché ha una testa e un corpo fuori controllo. Secondo me, dai segnale che ci pervengono, gli Stati Uniti d’America rischiano seriamente una psicosi di massa e un con conseguente e pericoloso fuori controllo di grandi dimensioni.
Giannina Demelas