Le prime parole

Il Signor Apanbi era davvero ben più alto di lei. Solo di una cosa la Fata era più che certa: erano della stessa razza. Gli occhi color acquamarina che la scrutavano, il sorriso appena accennato mentre la ascoltava. Non si muoveva, lui non faceva nessun gesto e nessuna mossa, ma era come se l’abbracciasse in quel momento di profonda tristezza che lei viveva. La guardava solamente e quello sguardo era come un lungo, tenero bacio.
Non era solo malinconia,  ma era anche rimpianto di qualcosa mal vissuto, di qualcosa non avuto, di qualcosa da cacciare nell’oblio. Era l’urgenza di dimenticare subito che l’aveva spinta a parlargli.
Si stropicciò le mani sull’abito come a farsi forza. Erano piccoli gesti inconsulti che lei inconsciamente adottava quando era a disagio. Lui lo sapeva, e poi, c’era poco che lui non sapesse.
Di contro c’era che anche lei sapeva molto di lui o, perlomeno, le cose importanti che lo avevano cambiato. La Fata si chiese se fosse chiaro in lui che proprio per il suo vissuto era divenuto come si mostrava ora.

Poi parlò lui. Sorrideva mentre parlava. Alla Fata piaceva quello che diceva. Parlava di concetti comuni ad entrambi, parlava di vento e di viaggi, parlava di amori persi.

Lei fece la prima mossa: lo prese per la mano e gli accarezzò il bel viso. Lo fece con dita leggere affinché lui non provasse disagio a sentire la sua essenza femminina. Non avrebbe mai voluto fargli male. E non gliene avrebbe fatto.

“Come facciamo a cacciarci sempre in questi guai?” chiese lei  – che adesso aveva un accenno di sorriso – fissandolo – “come possiamo ancora cercare ciò che non esiste dall’inizio? Dimmi tu se ha una logica tutto ciò?”.

“Non lo so, me lo chiedo spesso, ma non trovo ragioni abbastanza pregnanti da portare a discolpa dei nostri errori” – rispose lui.

Lei rise: una bella risata fresca e sincera. Rise anche lui. Si capivano: altroché se si capivano. C’era qualcosa che li aveva uniti e quella stessa cosa li aveva separati. Soffrivano dello stesso male.  Odoravano dello stesso odore. Avevano lo stesso colore della pelle.

Le mise due dita sulle labbra: “taci, lo so” le disse.

“Come lo sa?” si chiese la fata tastandosi il cappello per capire se si fosse mosso nella sorpresa di quelle parole.

“lo so e basta. Ti amo. Non ho paura di amarti” proseguì lui cingendola tra le braccia forti.

“Mi legge nel pensiero, ecco cosa fa” di disse ancora lei come a trovare una spiegazione, come a tranquillizzarsi.

Fu facile sciogliersi nell’abbraccio di lui.

La ficanima ebbe un sussultò, si svegliò dal coma. L’onda la prese con forza, l’onda calda di un tenero mare del settimo mese degli umani.

Gli guardò le labbra: “che belle labbra, morbide e sorridenti”…

Le prime paroleultima modifica: 2016-08-04T17:34:35+02:00da mabisman