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La Fata e la Pecora, al limitar del magico Universo, con i nasi spiaccicati contro il muro – fragile cristallo invisibile – a spiar quel mondo fuori.

Lei mosse una mano sul manto setoso della bestiola in una coccola tranquilla. Quella, di rimando, la guardò dritta negli occhi e scorse il sorriso. Alla Pecora piaceva la sua padrona Fata: le infondeva quel vago senso d’appartenenza proprio delle pecore.
Lei si sporse un po’ per sentire l’odore dell’insieme di quel mondo. Acre – pensò – no, non acre, forse, semplicemente spiacevole.
Anche la Pecora s’affacciò – al par di lei – oltre il muro di cristallo con le zampette anteriori che la tenevan su e quelle poste posteriori ciondoloni.
Tutt’è due guardavano l’uovo. L’aria che s’espandeva prepotente e l’acqua che erodeva paziente. Il fuoco divorava famelico e la terra eruttava, in attesa.

Le due scivolarono senza far rumore al di qua del muro, con il fiato in gola.

Vedi piccola – disse la Fata all’animaletto ai suoi piedi – Schiavi immobili, senza consapevolezza di soggiacere ai piaceri bizzarri d’un cuor ferrigno …Torniamo a casa che Apanbi aspetta e l’Egli anche…

A quell’idea, le si stese una fila di stelle sul volto inanellandole i capelli e ricadendo in scintille negli occhi chiari della Pecora.

F = -GmM / r 2ultima modifica: 2016-08-09T11:54:54+02:00da mabisman