L’undicesimo giorno dell’ottavo mese

Nel sonno se ne stavano abbracciati, stretti stretti.

Lei sognava le cose delle fate.

Lui sognava l’universo.

Il ché non era cosa da poco poiché i due sogni non combaciavano. Ma comunque – sia che essi ne fossero consapevoli sia che non lo fossero – questa discrepanza non comportava l’insonnia. Ronfavano tranquilli e beati come se non fosse cosa che li riguardasse.

Lei si svegliò tutta morbida con il desiderio che le colava tra le cosce. Si districò dall’abbraccio e scivolò fuori dal letto.

Prese il vassoio d’argento e lo riempì di ogni ben di Dio: marmellate e brioche, e poi sufflé e bigné, ed ancora avena e peperoni e poi pescetti e miele ed ancora un fior di zucchina in un vasetto lucente.

Era il loro anniversario.

Lo accarezzò tra le gambe; si strusciò con il seno contro il suo petto, cercò con le labbra le sue labbra.

– Oddio quanto sei bello amore mio! – pensò fra sé guardandolo e proseguì a voce alta – Tanti auguri, cuore mio!

Lui si tirò su e guardò il vassoio. Era regale così adagiato sulle bianche lenzuola profumate: licheni fuoriuscivano dalle orecchie, muschio dal naso e foglie secche a far da velo al bel corpo, le labbra livide e bluette e l’occhio turchese tendente al verde mare (diceva lui).

– Non è che mi senta tanto bene sai? – le disse tirandosi avanti il cabaret e annusando le leccornie davanti a lui – penso che sia la fine. Sto esalando l’ultimo respiro. Voglio essere cremato. Voglio morire tra le radici degli alberi. Come farai senza di me? – mi fai tenerezza piccola Fata mia …

Ma smettila, con questa scena e dillo, dillo che ti sei dimenticato il nostro anniversario!!! Dillo e piantala – gli disse lei piccata con la boccuccia imbronciata e con le dita a torturare i due preziosissimi anelli che lui le aveva regalato come pegno d’amore.

Lui sogghignò, la prese tra le braccia, le soffiò nelle orecchie e le fece caldo tra i capelli con il fiato. Ma no amore mio, no, che non mi son dimenticato: guarda, è per te e così facendo le mise tra le mani il pacchetto con, tutt’attorno lucciole e fiocchetti.

Lei sbalordita scartò subito e la bottiglia, fine come una fiala di vetro di Boemia, fu tra le sue dita. Raffinatissima bottiglia di cristallo opaco. “Almagia di Mare” diceva l’etichetta.

– ohh… il mio profumo, il “tuo” profumo, grazie amore mio! – lo scrutò riavutasi dalla sorpresa – allora mentivi… Mi prendevi in giro.. facevi finta? – gli chiese in un soffio.

– Si – sorrise lui e, addentando un dolcetto – le aprì piano le gambe e la scopò.Così, molto semplicemente, dolcemente. Come era da lui: con tanto amore.

L’undicesimo giorno dell’ottavo meseultima modifica: 2016-08-11T20:39:41+02:00da mabisman