acrobazie


Spesso mi si accusa o gratifica di fare l'acrobata con le parole, ed è così. Se le cose hanno tutte una fine, è anche vero che hanno avuto un inizio. Intorno ai vent'anni, trascinandomi una passione che avevo sin da ragazzo, camminare sul filo, andai a lavorare in un piccolo circo. Di quelli che girano solo per i paesi. Di quelli che, malgrado i clown, sono ancora più tristi di quelli grandi. Quella tristezza che è quella più triste, quella palpabile. Quella che facendo da companatico al tuo pane, puoi morderla ma, pur di camminare sul filo, non t'importano i morsi della fame nella ricerca di qualche morso di gioia. Avevo un obbligo però: per motivi di sicurezza dovevo indossare i pantaloni che indossano anche i ballerini. Quelli che sono una seconda pelle. Non durò molto la mia avventura circense perché quello bisbigliare fra il pubblico, mi arrivava chiaro all'orecchio: "ma è un uomo o una donna?", ed ogni volta rischiavo di perdere il filo. Così lasciai perdere il circo ma, pur di non lasciar perdere anche la mia passione per l'acrobazia, mi dedicai alla parola. Il rischio di cadere è lo stesso, ma vesto comodo.