non solo un dentro

porta


Il lumetto acceso e gli occhi nel soffitto. Stavolta ero deciso a scrivere il mio primo romanzo. Ne avevo chiaro lo schema. Semplice e lineare. Nulla di complesso. Nessun contorsionismo. Avrei rispettato le tre unità aristoteliche: luogo, tempo e azione. Una storia che nasce, si sviluppa e finisce senza sbavature e domande irrisolte. Pensando, ebbi la sensazione che il soffitto si allontanasse. Come una distanza che si dilata restando attaccata alle pareti. Come l’uccello quando cresce. Come la timidezza. Ti allontana, restando vincolata all’evento. Quel disagio di sentirsi osservati senza via d’uscita. Definito lo schema, mi concentrai sulla storia. Flaubert mi passò per la mente per il tempo di un lampo perché volevo una storia senza uomini e donne. Solo oggetti. Una storia piena di sentimenti che si sarebbe svolta in casa mia iniziando dalla porta, ma che sentimenti può avere una porta? Bastava chiederselo. Non solo sentimenti, anche stati d’animo Gli stessi delle finestre e dei balconi. Quell’esser parte di una casa, ma un lato ne sta fuori. Il lato della porta che accede in casa solo per un breve momento. Ne respira l’odore. Avrà il tempo di uno sguardo rubato a un angolo che si restringerà con la stessa velocità con la quale si è aperto. Un lato fuori e l’altro dentro. Una vita esclusa e non partecipata. Un gioco crudele al quale, ogni volta, deve rassegnarsi. La stessa malinconia che vive la parte di finestra esposta agli schiaffi della pioggia mentre l’altra metà se ne sta al caldo dei termosifoni. Non ho dubbi. Le cose hanno anch’esse sentimenti e stati d’animo. Gioie e malinconie. Desiderio di un tuo sguardo o noia di te. Nulla ha solo un dentro. Riflessioni che rallentavano man mano che le connessioni neuronali si spegnevano. Facendo felice il soffitto, chiusi il lumetto. Al buio, stavolta, mi chiesi se, malgrado la sua ceramica brillante, il mio cesso potesse essere felice della sua vita di merda e, prima di entrare nel coma profondo dei miei sonni, mi domandai se osservare i primi piani dei parchi gioco delle mie occasionali lei riuscissero a compensare, almeno in parte, la sua depressione. Zzzzz. La mattina dopo lasciai perdere il romanzo. Pisciai nel bidet e, uscendo di casa, chiusi la porta e le diedi un bacio.
non solo un dentroultima modifica: 2020-04-06T15:48:17+02:00da arienpassant

8 pensieri riguardo “non solo un dentro”

  1. Mah, era tutto così bello, ma quell’inversione di rotta forse causata dalle “connessioni neuronali” che si sono spente, a me lascia l’amaro in bocca. Però è un’impalcatura narrativa che al lettore giovane, e anche a quello maturo ma non bacchettone come me, piace. Quindi, a mio modesto parere, dovresti continuare con la stesura di questo romanzo.

  2. Dicevo che avrei continuato a scrivere questo romanzo se la mia porta avesse potuto leggerlo, poiché invece non può, mi accontento di darle un bacio. Un bacio è meno lungo di un romanzo, ma è più immediato perché capisca che le voglio bene. 🙂

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