cieli ed infiniti spazi


Ieri sera, affacciato al balcone, fumavo e guardavo il cielo. Era di un bel blu, pulito e senza nuvole. Finita la sigaretta ero incerto se stare ancora un po’ fuori, era l’una passata e, piuttosto che rompermi i coglioni a guardare quell’immenso cielo ed a meditare sugli infiniti spazi, tornai dentro. Avevo ancora da fare pipì, il bidet, lavarmi i dentini e recitare le preghiere. Così rimandai la meditazione ad un’altra sera. In effetti non recitai nemmeno le preghiere perché è da stupidi pregare se stessi; in fondo, se volere è potere, ognuno è dio di se stesso, quindi, proprio volendo, basta impegnarsi con robe tipo “da domani farò meno il monello e m’impegnerò di più”. Andato a letto e spento il lumetto, notai che il soffitto della mia cameretta di giorno era bianco, ma al buio era quasi nero. Cromaticamente, il cielo dentro si comportava come il cielo fuori, solo che quello fuori è il cielo mentre quello dentro è il soffitto. Come meditazione poteva bastare, ma prima dovevo rispondere alla domanda "se stesso" vuole l'accento sul "se"? Così pensai che se lo volesse, lo pretenderebbe anche il "me stesso". Quindi niente accento. Alle volte basta ragionarci sulle cose. Fine della meditazione.