PalmOlive

Napo

La mattina dopo mi alzai presto per preparare le foglie per aromatizzare l’olio. Nel pomeriggio presi due sacchetti del preparato ed andai. Angelo aveva già preparato il frantoio con le olive. Gli versai un sacchetto di aromi e facemmo la prima premitura. Dopo due filtraggi e l’assaggio, l’olio era perfetto e costante come quello degli altri anni, anche l’acidità inferiore a 0,7. Perfetto. Concordai con Angelo che la seconda premitura l’avremmo fatta la mattina dopo e chiesi a Catalda se poi poteva venire da me per mostrarle quei disegni.
“Facciamo così, marchese, dopo la premitura pranzate con noi e poi Catalda viene con voi, magari poi viene Angelo a riprenderla”, disse comare Rosaria.
“Va benissimo, ma senza che si scomoda il compare, ve la riaccompagno io”, dissi.
“Marchese, allora quest’olio va bene così?”, mi chiese Angelo.
“E’ perfetto così. Ora lasciamolo riposare, poi verrò per imbottigliarlo. Angelo poi come le altre volte, al mosto gli fai un’altra premitura e mi tieni da parte l’olio”, gli dissi.
Era quello che utilizzavo per produrre, sempre a Parigi, le mie saponette col marchio PalmOlive in cinque fragranze diverse di lavanda.
La mattina dopo facemmo la seconda premitura poi, dopo aver pranzato tutti assieme, Catalda venne con me al trullo. Dissi ad Angelo che l’avrei riaccompagnata io verso le 19. Lungo la strada le chiesi se ci fossero state discussioni sull’eventualità di venire a Parigi e lei mi disse che qualche discussione l’aveva fatta.
“Con mamma, immagino”, dissi.
“Sì, è solo mamma che non è convinta, ma io non voglio perdere quest’occasione.”
“Vuoi che provi anch’io a convincerla?”
“No, è la mia vita e, nel bene o nel male, me la gestisco da sola. Se, venire a Parigi, si rivelasse uno sbaglio, non voglio complicità. Sono cazzi miei e tali devono restare”, mi disse sorprendendomi.
“Sei così anche sul chiedere consigli?”
“I consigli non sono complicità sul cosa farne della mia vita. Quand’ero piccola decisi io di fare la sartina così come ho scelto io di non essere più vergine…”
“E deciderai anche tu se e quando innamorarti?”
“No, ma deciderò io se dirglielo o meno”
“Paura di sbagliare?”
“Non tengo paura di niente, tranne di dovermi poi rimproverare parole affrettate che potevano aspettare”
“Non so… un giorno prima, un giorno dopo cosa cambia”
“Si capisce che non vi siete mai innamorato”, e mi chiuse il becco. Mi sentii perfino stupido. Guardai l’orologio.
“Comunque stai tranquilla, massimo due ore e tua mamma si convincerà da sola, vedrai”
“Due ore? In che senso due ore?”
“Ti fidi di me?”
“A occhi chiusi”
“E allora, quando vengo domattina al frantoio, se si è convinta, legati i capelli così capisco”, le dissi intanto che eravamo arrivati al trullo, “ora non parliamone più e mettiamoci al lavoro”. Scendemmo dal calesse, le dissi di sederci al tavolo sotto al pergolato dove saremmo stati al fresco. Le chiesi se voleva un caffè o altro. Preferiva una limonata. Entrai dentro, ne preparai una brocca abbondante e la portai fuori con due bicchieri. Presi i disegni, un quaderno per prendere appunti e una matita. Mi sedetti vicino a lei, le versai la limonata e ne versai per me. Appoggiai l’orologio sul tavolo e cominciai spiegarle.
“Catalda, a Parigi la moda è soprattutto rivolta alle dame ed ai cavalieri. Aristocrazia ed alta borghesia; avvocati, medici, ricchi commercianti, musicisti e letterati ovvero quelli che hanno soldi da spendere. Poi c’è la gente normale che veste in modo umile. A noi ci interessa solo la fascia che ha i soldi da spendere. I polli da spennare coltivando le loro illusioni e vizi. Nella fascia alta, soprattutto a livello femminile, c’è un buco da riempire, quello rappresentato dalle signorine che vestono lo stesso abiti costosi, ma sono abiti derivati nello stile dagli abiti delle signore. Quindi sono giovani nella carne, ma mature nell’abbigliamento. Fin qua basterebbe vestirle ringiovanendo il disegno degli abiti e questo non è difficile, giusto?”
“A livello di sartoria, non è difficile. A livello di disegno, torniamo alle cose facili, serve lo stilista”
“Brava, ma per quello, non ci sono problemi, quando servirà dovremo solo scegliere. Io però non voglio ringiovanire e basta. Voglio rivoluzionare e la nostra sartoria deve diventare la n.1 a Parigi perché a me piace sognare…”
“Davvero? Se stiamo qua a progettare, io direi che a voi piace realizzare le cose più che i sogni… ma per rivoluzione che intendete?”
“Due cose. Dividiamo la donna in due parti: dalla testa alla cintola e dalla cintola in giù. Per la parte di sopra, la moda attuale prevede ampie scollature e seno evidente, per le signore. Mentre per le signorine il seno non scollato. La schiena prevede ampie scollature per le signore e scollature meno profonde per le signorine. Sulle scollature vedremo d’ inventarci qualcosa a livello di modello e di stoffe per valorizzare il seno senza scoprirlo troppo…”
“Tipo maglietta bagnata, vedo non vedo, ti lascio solo immaginare?”
“Brava, qualcosa del genere. Continuo a pensare che ho puntato sul cavallo giusto”, le dissi.
“Vorrete dire, la cavalla giusta…” e mi guardò passando dagli occhi alle labbra. Allungai la mano all’orologio. Poi versai un altro po’ di limonata a lei ed a me.
“Veniamo invece alla parte dalla cintola in giù dove la rivoluzione vorrei portarla con i pantaloni.”
“Questa sì che è una rivoluzione complicata”
“Osserva questi due disegni e dimmi la prima cosa che ti viene in mente guardando i pantaloni che indossa Napoleone”, le chiesi. Lei guardò attentamente e rispose:
“La prima cosa che noto è che non tiene il pacco”
“Ma tu hai l’idea fissa”, le dissi ridendo.
“Ma no, guardate, vi sembra reale? Se coprite con la mano la parte di sopra sembra più il corpo di una femmina e guardate il secondo disegno. Qua…”, mettendo l’indice proprio dove non c’era il pacco, “… è proprio donna”
“E’ vero. Un pantalone così, addosso ad una donna, non sarebbe sia bello che rivoluzionario?”
“Se gli mettete anche gli stivali sarebbe la fine del mondo”
“Non stai scherzando, vero?”
“No marchese, parlo seria. Addosso a una donna poi, si potrebbero sfruttare tanti colori…”, disse mentre mi accendevo una sigaretta e continuò, “… certo che il modello dovrebbe rimanere attillato come questo, anche meglio perché addosso a una donna non deve fare i difetti che fa questo pantalone…”, disse mentre guardai di nuovo l’orologio e pensai di aver sbagliato solo di pochi minuti.
“Aspetta che voglio segnarmi anche il fatto dei colori”, e continuai a prendere appunti.
“Certo marchese, che in due ore avete scritto un romanzo”
“Ehhh, scrivo tutto per non dimenticare… allora abbiamo detto i colori e gli stivali…”
“Guardando questi disegni, si capisce che a Parigi ci stanno calzolai buoni e questo è importante perché stivali e cinture sono importanti…”
Compare Angelo e Rosaria ora erano proprio a pochi metri da noi. Io li avevo notati già sul fondo del vialetto e continuai a far finta di non averli visti.
“Marchese, ci scusasse, ma Rosaria ha insistito. Mi ha detto, andiamo noi a prendere Catalda così non facciamo scomodare il marchese, e siamo venuti”, disse Angelo. Già, per non scomodarmi. Cara comare, invece ci avrei scommesso.
“Ma no, vi siete scomodati apposta? Ma venite che è sempre un piacere stare assieme. Sedetevi” gli dissi offrendogli le due sedie al tavolo di fronte a me e Catalda, “la gradite la limonata o preferite un caffè o qualcos’altro?”
“La limonata va bene, marchese”, disse Rosaria.
“Accomodatevi, prendo i bicchieri”, entrai ed uscii di nuovo, gli versai la limonata, “non vi dispiace se noi continuiamo perché sennò perdiamo il filo su quello che stavamo dicendo”, gli dissi.
“Marchese, fate come se non ci fossimo”, disse Angelo e sorseggiò la limonata.
Io, intanto continuai a scrivere appunti sul quaderno e dissi a Catalda:
“Su calzature e cinture non teniamo problemi…“
“Meglio così, perché, gli stivali li vedrei bene anche sopra il ginocchio…”
“Dici?”
“Sì”
“Allora me lo segno perché potremmo pensare anche ad un negozio di calzature che dovendo lavorare solo per noi… ok, ci penseremo dopo”
“Eh marchese, da cosa nasce cosa, vero?”
“Infatti. Stiamo facendo 30, possiamo fare anche 31. Tornando ai pantaloni, che mi dici del tessuto?”
“Questo va bene anche per la donna. E’ cotone, poi ci sono centinaia di tipologie di cotoni e pesi. Questo è un cotone ritorto e pettinato. Pesantezza media. Poi c’è il misto lana. Con i tessuti ed il taglio possiamo fare quello che vogliamo, fidatevi”
“Nessun problema allora?”
“No, nessuno…” e parlava senza togliere gli occhi dai disegni, “però… “
“Però?”, chiesi io.
“Se vogliamo fare questa rivoluzione, dobbiamo farne anche un’altra, ma non è il mio campo”
“E qual è?”
“Se vogliamo creare una linea di pantaloni femminili che saranno abbastanza attillati, dobbiamo pensare anche alla lingerie… all’intimo, perché con i pantaloni attillati, bisogna pensare ad un intimo sottile e leggero in modo che non faccia difetti e cordoni. Quindi anche la lingerie dovrà essere ripensata… ma non spaventiamoci… voi prendete pure appunti… io tengo tutto in testa… ci penso su e poi ne riparliamo”, disse mentre io continuavo a riempire pagine di appunti. Continuammo a parlare di tessuti ed accessori per quasi un’altra ora.
“Va bene”, dissi e guardai l’orologio, “ora fermiamoci qua. Continuiamo domani con gli altri disegni che ti devo mostrare. Avevo detto a tuo padre che ti avrei riportata a casa per le sette e non voglio approfittare perché il compare sta stanco e domani lo aspetta un’altra giornata di lavoro.”
“Marchese allora come va Catalda, è d’aiuto, è brava?”
“Non solo è brava, ma pensa anche veloce…” e rivolgendomi ai genitori, “è una miniera”.
“Troppo buono marchese, grazie”, disse il compare.
“Un altro poco di limonata? Magari ve la faccio fresca”, chiesi, ma dissero di no.
“Marchese, mi posso prendere questo disegno per farci qualche pensiero sopra? Non lo faccio vedere a nessuno e non lo rovino, ve lo prometto”
“Ma certo, in mano a te è come se stesse in mano a loro”, dissi indicandole i genitori, “prendilo”.
“Allora ci vediamo domattina e riprendiamo domani dopo pranzo. Grazie e mi dispiace che vi siete scomodati. In ogni caso, casa mia è come se fosse casa vostra.”
“Marchese, per noi è sempre un onore. Buona serata, ci vediamo domani”, ed andarono via.

Accese una sigaretta e si sedette di nuovo. Sul tavolo, i disegni, il quaderno d’appunti, lui e quel “si capisce che tu non ti sei mai innamorato” su cui si soffermò a pensare. Per un verso non aveva torto o, forse ce l’aveva perché i trulli, Parigi, l’olio, le saponette, l’eventuale futura sartoria… non erano quello di cui era innamorato? Gli tornò in mente l’altra frase “ho partorito un uomo”, e se avesse capito male?… cambio di consonante… l’aveva detto in italiano, quindi potrebbe aver detto “ho partorito un uovo” e avrebbe avuto egualmente senso perché l’uovo è qualcosa che vive di se stesso, impermeabile in entrambe le direzioni, dall’interno verso l’esterno e viceversa, l’uovo comunica solo con se stesso e quel guscio impedisce agli altri di farlo con lui… c’era qualcosa di vero in questi suoi pensieri? E se non ci fosse stato nulla di vero, perché fuggirli ed affidarli ad una sintassi che si era trasformata da prima in terza persona passando dall’io al lui? Come voler sfuggire a se stesso. Si alzò ed entrò nel trullo, si versò del vino, bevve, respirò forte e… uscii di nuovo fuori. Feci quattro passi fra erba e terra, qualche sasso disordinato e pisciai. Colore paglierino e odor di limonata. Tornai al pergolato, raccolsi i disegni, il quaderno d’appunti e rientrai. Era un lunedì. Alla tv non c’era nulla perché non c’era ancora la tv. Solo il frinire delle cicale.

PalmOliveultima modifica: 2021-07-25T19:04:21+02:00da arienpassant

10 pensieri riguardo “PalmOlive”

  1. Ok, ora sì che mi diverto 🙂 mi piace la ricerca alla base di questo racconto a partire dal grado (?) di acidità dell’olio per finire a tutti i particolari relativi all’abbigliamento maschile e femminile (non ti chiederò delle fonti, sarebbe sacrilego). Piuttosto dimmi, sbaglio o tra Catalda e il Marchese c’è una certa attrazione sessuale? certo, lui ha già palesato i suoi pensieri quando si è detto estasiato in seguito al fatto che Catalda si fosse protesa in avanti aprendo, quasi, a scenari paradisiaci per un uomo, ma anche Catalda, benché non dica, pare propensa a un congiungimento carnale. Ora, stando agli standard dell’epoca, i signori avevano pieno potere sui “sottoposti”, tuttavia il Marchese non mi appare il classico tipo che non deve chiedere mai, anzi a volte è spiazzato dalle uscite di Catalda… Non sono interessata allo spoiler, scoprirò tutto continuando a leggere. Ma non mi sorprenderei se fosse Catalda a prendere l’iniziativa 🙂

  2. Mi credi se ti dico che non lo so che tipo di attrazione, se ci fosse, c’è tra Catalda ed il Marchese? Lui senz’altro ne è attratto sessualmente, ma proprio adesso sta cominciando a temere. Del resto anche l’attrazione è liquida ed anche se è prima fisica (ma anche no), dopo è difficile dividerla col coltello da quella mentale. Catalda, invece, dopo quell’approccio che definisti percoreccio :)) mi stupisce sempre di più sorprendendomi al punto che stavo pensando anche di smetterla con ‘sta storia perché ho paura di portarla a Parigi, temendo che possa far impazzire Marcel più di quanto abbia fatto Odette.
    Poi, leggendo che proprio ora stai cominciando a divertirti, smetterla sarebbe farti un torto che non mi perdonerei… aggiungici quel premio sull’erotismo nella letteratura, non sarà lo Strega, ma…

  3. Bravo, interrompere adesso la narrazione sarebbe (per restare in tema) un coito interrotto in piena regola, e poi si sta dipanando tutto da sé e Parigi potrebbe fare la differenza…

  4. Il premio sull’erotismo in letteratura…hai paura di un mio riscontro poco favorevole? Comunque ti ho già letto anche in questa veste e non hai nulla da temere.

  5. No, il tuo giudizio lo temo solo per quando deragliando ti deludo 🙂
    Sì, Parigi farà sicuramente la differenza… temo :))

  6. Quando l’estrema sintesi è felice: “la prese dietro e la differenza la sentì tutta”. A te indovinare l’autore 🙂

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