John Singer Sargent, Henry James
Benché io trovi proficua la lettura dei saggi, nondimeno necessito di tornare di tanto in tanto ai romanzi. Ma sceglierne uno è un’impresa, e non perché vi sia penuria di titoli ma per via degli spazi vuoti lasciati dalla qualità, per cui finisco con l’orientarmi verso un classico, così come d’inverno preferisco un cappotto di panno al piumino alla moda che al sintetico deve forma e contenuto. Con La bestia nella giungla di Henry James ha fatto tutto il caso: eccitata da una recensione che ne magnificava l’insieme e che poneva significativamente l’accento sulla singolarità del protagonista che “resta in attesa di un evento che non si verifica mai e sperpera tragicamente ogni occasione di felicità“, temendo d’essermi imbattuta in un elzeviro fin troppo accomodante, ho consultato quel bigmouth del web convincendomi presto, a fronte di recensioni entusiastiche di non addetti ai lavori, di poter procedere all’acquisto.
Sono sorprendenti le linee tracciate dal caso (e no, non è un ossimoro considerare il caso alla stregua di un geometra), in special modo quando vengono gestite da una sorta di simmetria cronologica: intendo dire che, appurato che la traduzione proposta dall’edizione de il Saggiatore è di Alberto Rollo, è stato come se Billy il cane fosse tornato dalle latebre per consegnarmi a uno stato di ineffabile beatitudine. Perfino la malinconia, mia sposa, s’è fatta da parte, lasciandomi a un momento compiuto in sé nel primo viola della sera.
“Le grandi stanze gli premevano addosso con così tanta poesia e con così tanta storia da indurre in lui il bisogno di trarsi in disparte e goderne in pace, e questo impulso nulla aveva a che fare con lo smaniare, da cane che annusa in dispensa, di certi suoi compagni. Quel bisogno produsse di lì a poco un effetto decisamente imprevisto. Fu esso, insomma, che condusse, nel corso di quel pomeriggio d’ottobre, a un incontro più ravvicinato con May Bartram, il cui volto, reminiscenza sì, ma non ancora ricordo, quando erano seduti, notevolmente distanti, al lunghissimo tavolo della sala da pranzo, aveva cominciato con l’insinuare in lui un piacevole turbamento. Lo toccava come il seguito di qualcosa di cui aveva perso il principio. Sapeva, e per l’intanto lo gradiva così com’era, che si trattava di un prosieguo, ma di cosa fosse il prosieguo non sapeva, ragion per cui l’interesse e il piacere si facevano tanto più grandi quanto più si rendeva conto – pur senza il minimo riscontro da parte di lei – che la giovane donna non ne aveva perso il filo. Non l’aveva perduto, ma non glielo avrebbe porto, era evidente, senza almeno lo sforzo da parte sua di prenderne il capo: e insieme a questo vedeva diverse altre cose, cose abbastanza strane alla luce del fatto che nel momento in cui un’accidentale convergenza li mise l’uno di fronte all’altro lui si stava ancora baloccando con l’idea che qualsiasi contatto ci fosse stato fra di loro nel passato non doveva essere stato di grande rilevanza. […] Tuttavia quando infine lei scivolò verso di lui, inequivocabilmente bella, benché non più giovane – meno giovane di quando l’aveva incontrata tanto tempo prima -, quell’avvicinarsi avrebbe ben potuto essere un effetto delle congetture secondo le quali lui – nel giro di due ore – aveva dedicato a lei più fantasie che a tutti gli altri insieme – e che fosse perciò arrivato a toccare una sorta di verità alla quale gli altri erano troppo ottusi per accedere. Lei era, fra i presenti, quella più gravata di difficoltà; era lì dopo una sequenza di patimenti succedutisi, in un modo o in un altro, nell’intervallo di quegli anni; e di lui si ricordava bene tanto quanto lui si ricordava di lei – solo molto di più e meglio.
Henry James, La bestia nella giungla
Arien, Henry James è letteratura?
Mia cara, ti ringrazio della domanda perché, da un lato, significa che mi stimi al punto da pormela e, da un altro lato, mi dai la possibilità di non essere arrogante al punto da ritenermi io stesso competente in letteratura. Nell’altro blog, infatti, ho espresso solo quella che è la mia opinione su cosa intendo io per letteratura e, per essere chiaro, le mie opinioni le esprimo sempre e solo basandomi sulle mie esperienze dirette ovvero quelle, poche, che derivano da quello che colpisce la mia sensibilità nella lettura di un libro; le esperienze trasversali, invece, come vale per tutti, sono quelle che derivano dalla stima e dalla cultura letteraria che riconosco nelle persone che hanno letto libri che io non ho letto. Diciamo che, non solo in tema letterario, anche questo vale per tutti e non solo per me, ci sono opinioni di cui mi fido ed altre no, che poi non è altro che il motivo per il quale riteniamo che alcune persone abitano sotto il nostro stesso cielo ed altre no.
Questo potrebbe apparirti come una contraddizione rispetto a quel “gregge” o “pensiero omologato” che uso sempre in modo dispregiativo verso chi non ha opinioni proprie e pappagalla solo voci altrui, ma non è così perché, mentre l’opinione di chi non stimo, l’ascolto ma neanche la cago, è proprio l’opinione di chi stimo che metto sotto lente d’ingrandimento prima di farla mia. Quindi, considerato quanto sia tiranno il tempo, non ne spreco con opinioni a cazzo alle quali ho già dedicato fin troppo tempo prima di archiviarle come cagate, ma preferisco dedicare tempo a capire per bene quelle che corrispondono al mio cielo.
Venendo quindi alle due risposte che ti devo:
1) sì, Henry James è letteratura;
2) la prima parte della tua premessa, è bellezza letteraria;
3) la seconda parte della tua premessa, la riflessione sul caso: è letteratura.
Buongiorno 🙂
Credo sia chiaro che nella mia domanda non ci sia accento polemico in relazione ai tuoi commenti (commenti? dissertazioni piuttosto) nell’altro blog. In realtà “Henry James è letteratura?” è una domanda retorica (e di condivisione) perché ovviamente non potevi che rispondere affermativamente.
p.s. di una cosa non mi capacito: io ho dovuto leggere (e studiare talvolta) tanti libri per capire qualcosa di letteratura (sempre ammesso che ci sia riuscita almeno in parte), mentre tu a fronte di qualche libro letto non si sa per quale intervento divino, ti orienti con facilità in questo campo; ma ciò che mi fa davvero impazzire è che malgrado tu abbia snobbato bellamente la lettura, scrivi benissimo. Di solito non funziona così, neppure per i più grandi 🙂
Buonasera
“… mentre tu a fronte di qualche libro letto non si sa per quale intervento divino, ti orienti con facilità in questo campo”
No, nessun intervento divino anzi, a dispetto dei santi, se mi oriento con facilità in questo campo, è solo perché studio molto e leggo anche di più. Diciamo che ho anche avuto due volte culo:
1) perché fra presenze e assenze, ho beccato un’ottima insegnante con una enorme competenza e, soprattutto, una pazienza infinita;
2) perché ho studiato sui suoi libri di testo ovvero in quei suoi millemila blog che erano i salotti buoni di Libero dove, fra i suoi post e i commenti, c’era e c’è tanto da imparare.
Facendo un po’ di conti, tolte le assenze, sono 13 anni. Solo per questa mia costante applicazione meriterei almeno una laurea Honoris Causa (quelle che danno anche a cani e porci), ma chi se ne fotte. Io posso dire di essere stato il più assiduo partecipante ai Master su Proust. Roba da orticaria e vertigini. Altro che laurea, solo esserne uscito vivo è per me motivo d’immensa soddisfazione. Un’esperienza come quella, altro che giro del mondo in 80 giorni, è stata una roba che solo pochi possono raccontare.
Buongiorno e sempre “grazie” 🙂
“Facendo un po’ di conti, tolte le assenze, sono 13 anni.”
13 anni? e dove sono finiti? se non ti conoscessi, dubiterei della tua memoria tanto m’appare siderale quest’arco temporale. ok, ora tralasciando la parte riguardante i complimenti ai miei blog e ai loro annessi e connessi (mi imbarazzano sempre i complimenti), direi che la “laurea Honoris Causa” te la meriti tutta, soprattutto per i Master su Proust. Marcel in persona è d’accordo con me, e si dice fiero d’essere riuscito ad arrivare a una persona che tutto avrebbe potuto immaginare della sua vita, tranne che leggere un buon numero di pagine della Recherche (in realtà leggere, analizzare, criticare). Aggiungo solo una cosa: tu per me su Libero sei un po’ casa. E forse questo senso di appartenenza darà un senso, perdona il gioco di parole, ai 13 anni “vissuti pericolosamente” :))
“tu per me su Libero sei un po’ casa”
Non immagini quanto mi abbia fatto piacere questo. Mi devi 13 anni di affitto arretrati.
Buanasera?
🙂
Hai perso una buona occasione per dire una cosa dolcissima come “mi casa es tu casa”… comunque tranquillo, avrai gli arretrati con gli interessi.
Perché quel buonasera interrogativo?
“mi casa es tu casa”, vero!, dolcissima e bellissima. Non essendo arrivato a tanto, per farmi perdonare e dimostrarti che anch’io sono capace di cose dolcissime e bellissime, ti abbuono due mensilità.
…
Il punto interrogativo dopo il “buonasera”, l’avevo messo perché, dopo la mazzata dei 13 anni d’affitto, mi chiedevo se quel mio buonasera ti era stato gradito :))
Non ho fatto un plissé 🙂