
Sia lode al ketoprofene all’ibuprofene al naprossene sodico alla trometamina soprattutto sia lode al ketorolac al potere della Rimozione e agli algoritmi doloranti che ti hanno portata da me – sia lode a Bianca Belpasso, mormorò Dario.
Cos’era quel filo di voce? Il nome dei feticci lo facciamo frusciare per non cedere all’idolatria. Abbassare il volume del desiderio, prima che ci trasformi in pazzi. Magari è soltanto vergogna: ci rifiutiamo di offrire all’idolo la nostra spaventosa banalità. Dario sapeva della banalità, e sospettava di capire qualcosa perfino della vergogna. Pensò alla schiena nuda di Bianca Belpasso, la curva boreale delle vertebre, la diaspora di nei coalescenti arginati dalla conca degli slip. Quella sera avrebbe potuto incontrarla soltanto dopo una cena in famiglia per discutere la Faccenda del Deposito, perciò non gli restava che rodersi il fegato, convogliare disastrosi esperimenti di intelligenza emotiva dentro un messaggio WhatsApp e rimettersi al lavoro.
Nell’ufficio al secondo piano della Fondazione Nevralia l’aria selvaggiamente deumidificata aiutò il suo sconforto a sublimare fino alle quote dell’impazienza, perfezionandosi in una stabile agitazione. Consultò il repertorio degli atti mancati, una check-list con qualche picco interessante in corrispondenza dei rendez-vous con Bianca. Il giorno precedente, mentre riconsegnavano le chiavi della camera di Frattina, lui aveva detto «mi devi un orgasmo» – col tono di un commercialista alla scadenza dell’Irpef – lei aveva detto «mi devi una plastica vaginale» e si erano sentiti sequestrati dalla felicità. Fabrizio Patriarca, William Shatner baciava da dio
Abito qui perché non sali
Ho una collezione di medicinali…